Tempo fa ho scritto sulla questione dei modelli di sviluppo, ipotizzando la necessità di averne uno e confrontando questa necessità imprescindibile con l’attualità economica italiana, dove regna l’approssimazione quando non la criminale correità con la sua distruzione. In quel posto, quindi, decisi di rimanere nell’ambito della nostra cultura, senza alzare lo sguardo.
In Italia, evidentemente, c’è un modello economico, in senso lato, che riceve ordini dalla BCE, dal FMI, dal grande sistema finanziario internazionale. Un modello, molto rigido e statico, che è quello neoliberista. Tuttavia, sappiamo che, nonostante la quotidiana propaganda da far invidia a Goebbels da cui veniamo bombardati, i fatti sono più duri delle teorie e abbiamo capito che l’economia è dinamica, per nulla statica.
Allora si impongono alcuni ragionamenti: per noi occidentali, per la nostra cultura, la transizione è un processo che va da un modello ad un altro. Se però noi ragioniamo sul fatto che il modello perfetto non esiste e che un ipotetico modello deve essere costantemente adattato alla realtà, allora il processo di transizione diviene la regola e di conseguenza i modelli scompaiono. Vanno, quindi, riadattati i parametri con cui affrontiamo le questioni economiche, mentre ben sappiamo che quelle questioni sono appannaggio decisionale e speculativo di una ristretta classe di privilegiati. Va perciò rivisto e di pari passo ridiscusso il nostro approccio alla questione della democrazia, poiché se l’obiettivo (non il modello) è quello di dar da mangiare a 60 milioni di italiani, non è possibile che siano la BCE e il FMI a decidere di ciò. E, importantissimo, all’interno dell’Europa e dell’euro. Per un’Europa sociale, direi pure socialista. Tornare indietro significa suicidarci.
Comunque, in realtà non esiste alcun punto di arrivo come non esiste alcun tipo di modello. Esistono la comprensione della situazione e la volontà di fare del bene alla popolazione o semplicemente di migliorarne le condizioni di vita. Tutto il resto è fuffa. E’ necessaria una rivoluzione culturale inaudita.
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