Identità di genere-Riflessioni.

Identità di genere
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di Sergio Mauri

Ogni discorso andrebbe fatto partendo dalle definizioni di sesso, genere, orientamento sessuale. Il sesso determina l’uomo e la donna in modo anatomico; il genere in modo culturale; l’orientamento sessuale può riguardare (o meno, nel caso dell’asessualità) entrambi i sessi anatomici, i generi. Di seguito una carrellata sulle questioni poste dalle identità di genere, con i possibili argomenti correlati.

(Odifreddi a ruota libera sull’identità di genere, URL: https://www.youtube.com/watch?v=Qk0S4EtfDZ8, consultato il 26/12/2023) L’identità di genere non ha a che fare con la scienza, ma con la sociologia femminista americana. La sociologia stessa ha poco a che fare con la scienza. Il femminismo americano è molto diverso da quello europeo. La differenza, riassumibile nel paragone tra Betty Friedan e Simone de Beauvoir, andando dunque agli inizi di entrambi i femminismi, è riscontrabile nella mancanza nel femminismo americano del paradigma della parità, sostituita da una lotta di generi (al posto di quella di classe). De Beauvoir non pensava che l’obiettivo delle donne fosse quello di imitare pedissequamente gli uomini, ma di trovare un modo alternativo di vita.

La scienza non ha dei dubbi nel senso della determinazione dei sessi, sotto il profilo della biologia; infatti, a oggi non esiste altro modo di produrre dei figli se non mettendo assieme i gameti dell’uomo e della donna. Chiamarsi in un modo diverso (genitore uno o due) è un fatto linguistico, non sposta di un millimetro la questione. Se guardiamo, a esempio, la questione del sovrappeso, sappiamo che uno si può pensare come vuole, ma non si può mettere in discussione la forza di gravita, la forza peso, e le malattie cardiovascolari che ne conseguono. Stesso discorso potrebbe essere fatto per l’età (identità di età), ma anche se io sentissi di avere 20 anni avendone 60, questo sarebbe solo buono per me, ma non potrei pretendere che qualcuno facesse proprio tale sentimento e non potrei pretendere non ci fossero dei sistemi per misurare il tempo.

La questione della razza è ulteriormente diversa, poiché non si sono ancora trovati dei geni che identificano razzialmente degli umani rispetto agli altri. Ma per il sesso la cosa è semplice: i cromosomi y identificano l’uomo, quelli x la donna. Il cambio di sesso o di genere si ha sui genitali esterni. Esistono poi delle disfunzioni di genere con cromosomi xyy o xxy. Sono malattie.

L’identità di genere non è oggettiva, ma soggettiva. E l’oggettività non è negabile se non proprio da quei sociologi americani femministi. Si tratta dunque di una questione filosofica. Quando però certe questioni diventano leggi, sorgono i problemi. La legge Zan è stata attaccata anche dal femminismo classico, poiché se i generi sono una scelta, allora non ci sarebbe differenza tra uomini e donne e quindi le battaglie per la parità verrebbero meno.

(Odifreddi ad Agorà: l’identità di genere, nel paese e in politica, URL: https://www.youtube.com/watch?v=S2kb-p7FE5g, consultato il 26/12/2023) La legge Zan mette insieme cose disparate, cose sacrosante come i diritti delle persone e l’identità di genere che non quaglia con i diritti di cui sopra. Uno può pensare di essere del genere che preferisce, ma non cambia le cose per questo. La contrapposizione è tra chi pensa che esista il principio di realtà e chi è post-moderno, carattere tipico del pensiero debole, basato sul motto nicciano “non ci sono fatti, solo interpretazioni”, e quindi non esisterebbero sessi, ma solo le percezioni che le persone hanno.

(Odifreddi su LGBTQ+: parallelo con la comunione e l’idealismo, URL: https://www.youtube.com/watch?v=O6Lbg4lgG30, consultato il 26/12/2023) La sessualità percepita: mi interessa solo ciò che percepisco. Si potrebbe fare qui un parallelo tra Berkeley e la fluidità del genere. Cioè, a dire: a me interessa quello che sento di essere. Da un punto di vista logico, pensiamo se uno proclamasse l’identità di peso, al posto di quella di genere. Non mi interessa quello che dice la bilancia, mi interessa quello che dico io di pesare. Oppure l’identità di età, per cui non si ha l’età che si ha, ma quella che si sente di avere. La natura però non è d’accordo. Ed è la stessa cosa della transustanziazione. Nell’ostia gli accidenti (o gli attributi) sarebbero rimasti immutati e sarebbe cambiata solo la sostanza. Quindi esiste l’essenza di qualcosa che è indipendente da tutti gli accidenti? Ho un paio di occhiali e dico che sono un elefante. Ma come è possibile? Gli accidenti sono quelli dell’occhiale, la sostanza è quella dell’elefante. L’idea che ci possa essere una sostanza staccata dagli accidenti (dagli attributi) è ciò che nel Seicento ha messo in crisi la Chiesa.

Nell’identità di genere non conterebbero gli attributi, ma la sostanza. Ma allora credi nella transustanziazione, nella filosofia di Berkeley. Ma se uno crede solo a una di queste posizioni e non all’altra, allora sorge un’incoerenza filosofica.

(Odifreddi a FilosofArti: esistono le razze? esistono i generi?, URL: https://www.youtube.com/watch?v=-cRyCe9Tt4c, consultato il 26/12/2023). Bisogna capire e sapere quando si usa una certa parola come e perché la si usa. Sottolineando che una stessa parola viene usata con significati diversi in contesti diversi, per cui la comunità scientifica sarebbe d’accordo nel non parlare di razze. Non è così; bisogna vedere i casi in cui ciò succede o meno, facendo attenzione a non confondere la scienza con i contesti culturali in cui ciò accade che, però, non hanno niente a che fare con la scienza. Il problema delle razze, delle specie e dei generi non è altro che la versione moderna di un problema antico, sorto nel Medioevo, nella Scolastica, e cioè il problema degli universali. Di fronte a noi abbiamo degli individui, ma esistono dei gruppi di questi individui? Il concetto di umanità, cioè di specie umana è problematico per la biologia moderna. Come si definiscono le specie per la biologia moderna? Non c’è una definizione di specie che sia condivisa e che copra l’intero spettro della vita animale e vegetale. Di solito si da una definizione risalente al secolo scorso di un certo Ernst Mayr che va bene per le specie sessuate, cioè che si riproducono attraverso il sesso. E in particolare per quelle che si riproducono attraverso due sessi. Alcune specie animali sono autonome, hanno solo un sesso. In alcune specie i sessi sono migliaia. Certe specie di funghi hanno circa diecimila sessi. Noi apparteniamo a una famiglia che prevede la riproduzione sessuata per mezzo di due sessi. La nostra specie è capace di riproduzione e di riprodurre una prole capace a sua volta di riprodursi.

La biologia moderna ci dice che ci sono state in precedenza altre specie di uomini , i Neanderthal e i nostri geni in parte sono quelli del Neanderthal. Quindi, abbiamo avuto dei rapporti tra due specie (Sapiens e Neanderthal) che ha prodotto delle discendenze fertili e il DNA Neanderthal è in noi. Quindi i biologi dovrebbero dire che siamo della stessa specie, mentre considerano noi e i Neanderthal come di due specie diverse. Immaginiamo ora come dovrebbe essere l’approccio epistemologico nei confronti delle sottospecie come la razza, se non all’insegna della difficoltà di definizione. Il problema degli universali del Medioevo, aggiornato, sarebbe quello per cui noi siamo oggi oltre otto miliardi che appartengono apparentemente alla stessa specie; quindi, ognuno di noi è un individuo, tutti insieme facciamo la specie. Tra individuo e specie è possibile fare delle altre suddivisioni o no? Intanto, possiamo trovare due generi, maschio e femmina. Peraltro, razza e genere sotto il profilo logico sono analoghe. Il problema, dunque, è: come si fanno le definizioni. Il problema è rispetto a come ci si pone. Dire che non è possibile definire razze e generi all’interno degli esseri umani (ed è una posizione culturale), in particolare sociologica post-moderna, non è scientifica. Tale concezione viene dalla sociologia post-moderna americana, infatti. Sarebbe tutto una costruzione sociale e non esisterebbero né i generi né le razze.

La sociologia americana è da decenni che sostiene che la storia come viene insegnata a scuola è un costrutto sociale. Sappiamo che la storia la raccontano i vincitori, quindi non può essere oro colato, ma quella sociologia dice che la storia è un costrutto sociale, in particolare di genere. La prova che la storia sarebbe al maschile, verrebbe dalla presenza, in inglese, nel termine history, del pronome his in his-story (col pronome maschile); sarebbe dunque proprio al maschile. Dovremmo quindi cominciare con un’altra visione della storia che sarebbe her-story. È una posizione sociologica e negare l’esistenza delle razze e dei generi si fonda sul fatto che la definizione di razza o genere si baserebbe su criteri sociologici. Questo non ha nulla a che fare con la scienza.

Un’altra disciplina che pensa non esistano razze e generi è la Psicologia. Ciò che importa sarebbe ciò che uno sente di essere. Vediamo il caso di Bruce Jenner che diventò famoso nel 1976 vincendo le Olimpiadi in una disciplina chiamata Decathlon, stabilendo pure un record. È stato sposato tre volte, ha avuto sei figli, non ha fatto nulla come cure ormonali o operazioni chirurgiche per cambiare sesso, ma lui dice di sentirsi una donna. È una posizione personale psicologica che non si può confutare. Ma un conto è sentirsi, un altro è esserlo. Jenner si sente donna, si veste da donna è diventato il portavoce della transessualità. Nel caso della razza abbiamo il caso di una signora, Rachel Dolezal, una signora bianca di genitori bianchi che ha cominciato a sentirsi nera. Tra l’altro era rappresentante di un gruppo nero che, una volta scoperto l’inghippo aveva pure manifestato un forte disappunto. Se uno vuole farlo, cioè, sentirsi ciò che vuole, lo può fare, ma non significa che lo sia. In psicologia c’è la sindrome dell’arto mancante in cui le persone sentono di avere un prurito nell’arto mancante, ma l’arto non c’è. Ci sono poi persone che sentono di appartenere a specie diverse da quella umana. Tutte queste cose vanno bene, ma fanno parte dell’ambito psicologico.

Muovendo alla scienza, per una discussione critica su sesso e genere, il primo passaggio sarebbe quello di passare alla morfologia, per quanto superficiale. Quindi, osservare gli organi genitali, che, se non sono chiaramente evidenti si tratta comunque di eccezioni. Quindi, androginismo o ermafroditismo. Anche la teologia deve affrontare problemi analoghi, quando si dice nel Credo che Cristo è vero Dio e vero uomo, si sta dicendo qualcosa che almeno di primo acchito contraddice ciò che vediamo. Simile questione quando si dice che uno è vera donna e vero uomo, ed è il caso dell’ermafroditismo. Nel miafisismo si vede invece la negazione del Credo e l’affermazione che il Cristo non era né l’una né l’altra cosa, ma un qualcosa di misto. Quindi, nemmeno in teologia la situazione è del tutto chiara. Si può poi passare all’osservazione di qualcosa di più profondo, l’esistenza dell’utero o meno. Nello sport inoltre vediamo che a livello di razza ci sono delle differenze tra neri (primi nel mezzofondo e nell’atletica) e bianchi (primi nel nuoto), quest’ultima cosa legata al peso specifico. Anche nella paleontologia, per esempio, possiamo distinguere i crani dell’uomo da quello della donna, o i Neanderthal dai Sapiens, l’Erectus da qualcos’altro e così via. Si va in profondità per comprendere specie e generi, ma potremmo anche andare a livelli chimici, perciò, passare alle cure ormonali che si devono sostenere per affrontare un passaggio di sesso. Quindi, si possono fare dei test chimici per distinguere i generi. Questo rappresenta un problema soprattutto quando un uomo si presenta alle Olimpiadi come una donna e magari vince a man bassa. Ulteriore criterio è il DNA. Sono pochissimi i genetisti che dicono che non è possibile distinguere le razze col DNA, genetisti che magari sono impegnati politicamente. Dicendo che non ci sono i sessi si sconfiggerebbe il sessismo, dicendo che non ci sono le razze si sconfiggerebbe il razzismo, dunque. Tuttavia, noi possiamo distinguere geneticamente come siamo composti addirittura in percentuale, una percentuale di geni italiani, slavi, tedeschi o caucasici, neri, eccetera, quindi possiamo effettivamente distinguere.

Il motivo principale per cui si nega l’esistenza delle razze lo sappiamo tutti: negli anni Trenta ci fu la concentrazione dell’attenzione sugli ebrei. Ma ora la stessa Corte suprema israeliana nel 2020 ha ammesso il test del DNA per prendere la cittadinanza israeliana[1]. Il cromosoma y di Aronne isola all’interno del gruppo ebreo il cromosoma ‘sacerdotale’. I test poi si fanno sui mitocondri che vengono trasmessi non per via paterna bensì per via materna, questo perché l’ebraismo si trasmette per via materna per almeno tre generazioni.

(Odifreddi a Filosofarti: natura contro cultura nel genere, nelle razze, nella cittadinanza, URL: https://www.youtube.com/watch?v=332xNKhTqp8&t=22s, consultato il 26/12/2023). Siamo in una situazione per cui da una parte c’è la scienza e dall’altra la cultura, ma nessuna delle due può fare a meno dell’altra. Darwin: L’origine delle specie (1859) e L’origine dell’uomo. Nella prima non parla assolutamente dell’uomo, ma di animali. Esiste non solo una selezione naturale, ma anche una artificiale operata dall’uomo che Darwin pensò fosse utilizzata, facendo le debite differenze, dalla natura per la propria selezione. C’è anche la selezione sessuale cui è dedicato due terzi del secondo libro, in cui dice che, quando ci sono degli errori di copia del patrimonio genetico dei genitori, il figlio è simile, ma non uguale. Si riconoscono le somiglianze di famiglia. La selezione fa sopravvivere il più adatto che non vuol dire il migliore. Negli uomini e negli animali sociali (formiche, api, termiti…) c’è anche un’altra selezione, quella culturale che spesso va contro quella naturale.

Determinazione del sesso: genetico (xx, xy o altro), chimico (misurazione ormoni), capacità muscolare, organi sessuali alla nascita. Il primo è genetico, appunto, gli altri sono fisiologici. Questo ci dice della soverchiante importanza della cultura rispetto alla natura per noi. Per le razze il discorso è speculare: una volta venivano definite, attraverso il criterio esteriore del colore della pelle, del naso, degli occhi, del colore dei capelli. Oggi la scienza si astiene dall’affermare la esistenza delle razze poiché ognuno di noi ne è una mistura. Per le classificazioni, a esempio, nello sport abbiamo le differenze di cui sopra. Se dunque uno decidesse, per i gruppi umani, solo per la classificazione genetica allora uno dovrebbe rifiutare tutte le problematiche gender, però rifiutare anche l’idea che ci possano essere delle razze, chi invece accetta le classificazioni del gender fluid dovrebbe accettare pure le razze che non sono altro che la percezione.

Come si fa a determinare la cittadinanza? Decidono gli Stati, ma in maniera diversa per come si trasmette la propria cittadinanza, attraverso il diritto del sangue o il diritto del suolo. In qualche caso si decide in maniera genetica (si guardano i genitori).


[1] a) Israeli Citizenship DNA Test, URL: https://lawoffice.org.il/en/israeli-citizenship-dna-test/, consultato il 1/1/2024; b) ‘Who is a Jew?’ can now be answered by genetic testing – Israel Politics – The Jerusalem Post, https://www.jpost.com/Israel-News/Politics-And-Diplomacy/New-law-says-genetic-test-valid-for-determining-Jewish-status-in-some-cases-506584, consultato il 1/1/2024; c) Genetic citizenship: DNA testing and the Israeli Law of Return | Journal of Law and the Biosciences | Oxford Academic, https://academic.oup.com/jlb/article/2/2/469/826237, consultato il 1/1/2024.

Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.
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About the Author

Sergio Mauri
Blogger, autore. Perito in Sistemi Informativi Aziendali, musicista e compositore, Laurea in Discipline storiche e filosofiche. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d'Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014, con PGreco nel 2015 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.