di Sergio Mauri
Nella seconda metà del ‘700 in quasi tutta Europa iniziò una stagione di riforme. Fu un processo dall’alto che conosciamo sotto il nome di “dispotismo illuminato”. I paesi maggiormente coinvolti furono la Russia, la Prussia, l’Austria, la Spagna, il Portogallo e l’Italia. Caterina II^ di Russia, Federico II° di Prussia e Maria Teresa d’Austria furono definiti re-filosofi per la loro adesione all’Illuminismo. O meglio questi sovrani, con la complicità dei filosofi, crearono il mito del “despota illuminato”. Tuttavia, gli obiettivi dei sovrani era quello di rafforzare lo Stato nei confronti della nobiltà e della Chiesa. Possiamo quindi definire il dispotismo illuminato come una fase del processo di formazione dello Stato moderno.
Riforme e resistenze.
Gli obiettivi principali delle riforme furono:
- la riorganizzazione dell’apparato burocratico (istituzione del catasto)
- l’aumento delle entrate fiscali
- il giurisdizionalismo (estensione della giurisdizione dello Stato sulle Chiese nazionali)
Importante la campagna contro i gesuiti accusati di tramare ai danni dello Stato. L’opposizione maggiore venne dalla nobiltà e dal clero mentre i ceti popolari non l’appoggiarono poiché difendevano la religione tradizionale e l’ordine di cose conseguente. In Spagna ad esempio, con Carlo III° di Borbone, le riforme non ebbero che un debole effetto. Ma anche in Francia sia Luigi XV° che Luigi XVI° furono bloccati dalla forte opposizione del clero e della nobiltà. Emblematico il caso del ministro delle finanze Turgot che fu licenziato da Luigi XVI° a seguito della ferma opposizione dei ceti privilegiati.
Le riforme in Russia.
Caterina II^, di origine tedesca, salì al trono dopo aver fatto uccidere il marito Pietro III° e proseguì l’accentramento del potere e l’occidentalizzazione del paese, nel solco di Pietro il Grande. Il progetto, molto avanzato, di Caterina comprendeva la tolleranza, la libertà di stampa, la condanna della servitù e della tortura e la diffusione della cultura. Fu bloccato dalla nobiltà. Nelle sue riforme tuttavia riuscì a ridimensionare il ruolo della Chiesa a cui confiscò la metà delle proprietà. Dovette in seguito affrontare la rivolta dei contadini organizzati da Pugacev a cui dovette opporsi (nonostante le sue idee) con l’invio dell’esercito e alla fine ristabilendo con la Carta della Nobiltà del 1785 tutti i privilegi nobiliari e confermando il servaggio.
Le riforme nell’Impero asburgico.
Furono iniziate da Maria Teresa e completate da Giuseppe II°, suo figlio. La prima misura fu l’accentramento del potere, quindi il ridimensionamento delle diete locali e venne istituita un’imposta sul reddito fondiario alla nobiltà e al clero. Fu istituito il catasto. Maria Teresa rese pubblica e obbligatoria la scuola elementare, istituì il Theresianum per la formazione dei funzionari pubblici e pose sotto controllo l’università di Vienna controllata dai gesuiti. Nel 1773 requisì i beni dei gesuiti per finanziare la riforma scolastica. La censura da religiosa divenne pubblica e posta sotto il controllo dello Stato. Giuseppe II° fu ancora più radicale e attuò una politica giurisdizionalista con l’obiettivo di rendere gli ecclesiastici servitori dell’autorità imperiale. Istituì seminari statali per la formazione del clero. Riconobbe i diritti civili agli ebrei ed emanò una Patente di tolleranza per tutte le minoranze religiose. Abolì la servitù della gleba (1785) e sottopose tutti i proprietari fondiari ad un’unica imposta fondiaria. Promulgò un Codice civile e penale valido per tutto l’impero. Fu abolita la tortura e ridimensionato il ricorso alla pena di morte. Furono provvedimenti molto coraggiosi che videro l’opposizione di molti, dai nobili ai contadini, dalle varie nazionalità che componevano l’impero alla Chiesa cattolica. Questa politica fu sconfitta, Giuseppe morì e il trono passò al fratello Leopoldo II° che ripristinò i privilegi fiscali e giuridici, le corveés e le decime.
Le riforme in Prussia.
Federico II° continuò la politica di ammodernamento ed accentramento del potere statale. Egli fu un estimatore della cultura illuminista. Anch’egli rese obbligatoria l’istruzione elementare fino ai 13 anni per ogni ceto sociale. Fece aprire le scuole nei piccoli villaggi per venire incontro ai contadini e agli artigiani. Fece dell’Accademia delle Scienze di Berlino uno dei più prestigiosi centri intellettuali d’Europa. Promosse la tolleranza religiosa e riformò il sistema giudiziario introducendo un Codice Civile (1794) che non prevedeva la tortura e limitava la pena di morte. Tuttavia, fu difficile nel suo caso coniugare ragion di Stato e Illuminismo visto il suo impegno a rafforzare l’esercito e a praticare una politica aggressiva, come abbiamo visto con l’invasione della Slesia.
Le riforme in Italia.
Nella penisola le zone dove le riforme, con più o meno decisione, presero forma furono la Lombardia e la Toscana sotto il dominio degli Asburgo e, in misura minore, nella Napoli borbonica. Tuttavia, scampoli di riformismo ci furono anche nel Regno di Sardegna per opera dei Savoia. Essi riorganizzarono lo Stato seguendo gli esempi francese e prussiano. Limitarono (Vittorio Amedeo II° e Carlo Emanuele III°) i privilegi della nobiltà e del clero. Furono poi aboliti i diritti feudali.
La Lombardia, sotto Maria Teresa, rinacque economicamente. Col catasto si ebbe una più giusta ripartizione dei carichi fiscali. Vennero liberalizzati i traffici interni e il lavoro, sottratti alle regole delle corporazioni. Fu abolita la censura e l’Inquisizione e ci furono degli interventi nell’istruzione scolastica e universitaria. In Toscana (governata da Pietro Leopoldo, figlio di Maria Teresa) furono abolite le corvée, suddivise le proprietà e furono bonificati i terreni. Fu liberalizzato il commercio dei grani e furono soppresse le corporazioni. Ci fu la riforma fiscale che imponeva tasse anche alla nobiltà e al clero. Prese piede la politica giurisdizionalista come nel resto dell’impero. Fu introdotto il Codice Leopoldino (1786) ispirato alle tesi di Beccaria. La pena di morte tuttavia fu ripristinata dal successore Ferdinando III°. Nel Regno di Napoli le riforme presero piede col regno di Carlo III° di Borbone. Nonostante le riforme sulla falsariga di quelle già viste nelle altre parti della penisola, non riuscì ad avere ragione del potere dei baroni e della Chiesa mentre l’economia non riusciva a crescere.