Internet è un’enorme database. La ricerca di Google produce un documento di cui Google fa una copia (meta-documento) che conserva in un luogo fisico e virtuale al tempo stesso tutti i dati del vostro accesso.
Le ricerche, essenzialmente delle query (richieste), possono venire schematizzate per gruppi tematici e intercettare l’interesse dei commercianti. Il problema quindi è sostanzialmente tecnico: avere un algoritmo in grado di sistematizzare e selezionare i dati, trasformandoli anche, ma non necessariamente, in informazioni.
Le aziende Internet utilizzano il nostro lavoro gratuito, ricavandovi il plus-valore assoluto. Si tratta di una nuova forma di schiavismo, visto che solo gli schiavi lavoravano gratis, ma con la differenza – sostanziale – che il loro padrone almeno un pasto ed un posto letto glielo doveva dare a quei benedetti schiavi.
Si è creata – pertanto – un’oligarchia mondiale ristretta di aziende in grado di fare profitti colossali ed investire poi gli stessi nella tecnologia. Queste imprese fagocitano tutte le nuove imprese, più fragili e di dimensioni minori, che producono tecnologia.
Come vengono fatti i profitti? Essenzialmente registrando e catalogando tutti i nostri comportamenti sul web, vendendo poi tali informazioni alle aziende che, per motivi commerciali o di sicurezza, hanno interesse a conoscerle.
La velocità di innovazione del settore è talmente alta che, per tutti noi, è difficile comprendere questi processi aziendali e starci dietro.
In ambito tecnologico la distanza è quella fra due persone, ma mediata dal dispositivo tecnologico. Per esempio fra due lavoratori connessi attraverso un tablet ad una piattaforma, fisicamente ci può essere 1 metro di distanza, ma i due possono tranquillamente non accorgersi l’uno dell’altra. Diremo allora, in casi simili, che la distanza sociale è chilometrica. Peraltro, questa tecnologia che attua quella che tecnicamente si chiama “distanziazione”, è permessa e prevista nel Jobs Act. La solidarietà sul posto di lavoro – pertanto – non si smonta più con un attacco frontale, ma attraverso un subdolo processo tecnologico.
Il Web quindi non è solo il luogo dove far soldi, ma è anche il luogo del controllo sociale. Tuttavia, oggi questo controllo sociale non è più quello del Novecento. Oggi non si viene schedati a posteriori, magari dopo aver compiuto un furto ed essere finiti in carcere. L’impianto è rovesciato. È più semplice la schedatura preventiva: si schedano tutti, si lasciano i dati da parte, dati che un giorno potrebbero diventare utili. Ciò crea, come tendenza generale, un effetto panottico nel quale tutti, per paura di essere scoperti, evitiamo il comportamento fuori da certi canoni, i canoni decisi dal potere.
Tuttavia Microsoft, Apple, Google, Amazon, allo stesso modo del capitale mondiale di cui sono agenti attivi, non necessitano di apparati dello Stato o di ideologi per far si che la gente li accetti ed anzi li consideri necessari. Oggi non funziona più così. Oggi è invece necessario che ognuno di noi veda nella tecnologia un qualcosa di utile (per telefonare o accedere alla Rete). Tutto ciò tuttavia funziona solo attraverso le mappe concettuali che l’hanno generato.
Si tratta della cattura di ognuno di noi, attraverso questi oggetti utili, per il dominio di un’oligarchia.
Da un punto di vista sociale stiamo costruendo la nostra sottomissione o se preferite la nostra schiavitù e ci mancano le reti di comunanza per combattere tutto ciò, anche se abbiamo infinite reti virtuali. Da un punto di vista etico i no alla crescita del capitale attraverso tutti questi meccanismi sono scarsissimi. Il ritardo è cognitivo, sociale, politico e morale.
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