di Sergio Mauri
Testo di Ilya Somin (1973-), Democrazia e ignoranza politica[1]. L’arte della politica è una pratica esperta, come quella clinica o giudiziaria? I politici non devono essere necessariamente filosofi o scienziati. Il mito platonico dei re-filosofi non è democratico, era concepito per avere il sapere al potere.
La tendenza tecnocratica è tipica dell’Occidente. Il politico dovrebbe essere competente, fra gli esseri umani. Tuttavia, a volte i tecnocrati sono stati dittatori (Salazar in Portogallo, a esempio).
[Suggerimento di lettura: il libro di Irene Tinagli, La grande ignoranza. Dall’uomo qualunque al ministro qualunque, l’ascesa dell’incompetenza e il declino dell’Italia[2]].
Vediamo il testo di Somin. Per Somin non si tratta di avviarci a governi dittatoriali per “sbagliare meno”, si tratta invece di capire come far funzionare meglio uno stato e rendere più efficace ed efficiente la democrazia.
Tra quando sono consumatore, quotidianamente, comprando al supermercato e quando sono elettore e voto di tanto in tanto e non sono magari informato politicamente. Le decisioni andrebbero dislocate in realtà sempre più piccole per poter contare (peso specifico).
Somin pensa a due soluzioni possibili:
1) ridurre lo Stato, delegandone le funzioni (alla cooperazione o al mercato). Garantire varietà legislativa in ogni campo alle regioni, perciò possibilità di sperimentare socialmente lo sviluppo in venti modi diversi. Quindi, fonte di conoscenza.
2) “votare con i piedi”.
The Myth of Rational Voter, Bryan Caplan (1971-). Introduction. The paradox of Democracy.
Testo che anche Somin cita nel suo lavoro.
Qual è la connessione tra libertà e democrazia? Libertà e democrazia formano un endiadi, cioè una coppia che va sempre assieme. L’endiadi democrazia e libertà (anche nella sua accezione di democrazia liberale) li dobbiamo indagare nel mondo reale. Bisogna vedere se si applica veramente nella realtà. Libertà e democrazia sono un bel problema e lo è anche capire se possono funzionare assieme. Questo problema si estende anche all’uguaglianza. L’uguaglianza è veramente necessaria? Forse dovremmo interessarci a sapere come se la passano coloro che stanno peggio.
Caplan (e Somin) si interessano dell’ignoranza degli elettori. Se gli elettori sono ignoranti e irrazionali cosa dovremmo fare? Intanto, aumentare l’informazione politica, economica, che andava insieme alla diffusione della TV. Tuttavia, gli elettori, in questi ultimi decenni, non hanno aumentato le loro conoscenze sulla politica. Quindi: perché e come mai? Ciò si risolve, dobbiamo tenerne conto, in elezioni di politici incompetenti e demagoghi. Oggi siamo giunti al suffragio universale e diventa impossibile restringerli ai soli competenti o abbienti. Brennan ipotizza un diritto al voto di tipo epistocratico[3].
Digressione sulle Prediche inutili di Luigi Einaudi e le sue polemiche con Benedetto Croce. La questione dell’”ignoranza onesta” (Grillo), inizia ben prima, con Rousseau e il suo stato di natura, con Lenin e la sua cuoca.
Ronald Coase (1910-2013) ha scritto con un allievo cinese del perché in Cina ci sia stato un certo sviluppo economico nonostante i limiti politici e abbia vinto il capitalismo. (vedi anche Ronald Coase, Comment on Thomas W. Hazlett: Assigning Property Rights to Radio Spectrum Users: Why Did Fcc License Auctions Take 67 Years?).
Caplan fornisce una spiegazione del perché gli uomini sono irrazionali in politica e non solo, ed è impossibile emendarli dalla loro condizione.
William Lecky (1838-1903) (Democracy and Liberty) sostiene oggi ci siano dei miti politici tanto quanto una volta c’erano quelli religiosi. I politici amano i numeri, amano l’opinione della maggioranza. Ludwig von Mises (1881-1973) e il suo allievo Randall erano contrari a questa visione; facevano parte del gruppo dei “libertari”.
L’introduzione si intitola Il paradosso della democrazia. Ci si muove dalle elezioni del 1956 in cui Adlai Stevenson sfidò (perdendo) Eisenhower. Anche in democrazia si usa l’ipnotismo: vedi le spillette I like Ike, fino allo Yes we can di Obama e al Maga di Trump. Queste tecniche furono capite da JFK che le utilizzò per battere Nixon. I contradditori in TV si videro in Italia nel 1994 col contradditorio Berlusconi-Occhetto. Lo scontro tra JFK e Nixon fu memorabile, in una caso (Chicago) sembra avesse vinto Nixon, ma quest’ultimo non richiese la conta dei voti.
Caplan si focalizza sulle forme di razionalità e irrazionalità in politica. Molte teorie odierne dicono che la dittatura c’è perché gli interessi dei governanti divergono da quelli dei governati. La fortuna della democrazia ha a che fare con l’identità tra governanti e governati: la democrazia è governo del popolo.
Brecht, riflettendo sull’identità tra partito e popolo disse che “quando il popolo non è più contento del partito, il partito cambia il popolo”. Abbiamo visto che il protezionismo è dannoso in economia (e politica). Chi guadagna con i dazi? Il produttore di quelle merci, poi i lavoratori di quel settore. Tutti gli altri ci perdono. Perché gli elettori non votano contro? Gli elettori non capiscono chi viene protetto, per che cosa. Si sentono solidali e protettivi. Si tratta di un atteggiamento altruistico. Non è il voto con la pancia che causa danni, ma quello altruistico. Imporre dazi non è mai conveniente, anche se ne sono soggetto da parte di entità estere. È invece più conveniente lasciare entrare le merci anche di chi ti ha imposto il protezionismo.
Come risolviamo dunque il paradosso della democrazia, si chiede Caplan? Prima risposta: è colpa dei governanti traditori. Di solito i problemi sono ben più complessi e profondi di come sembrano. Seconda risposta: gli elettori sono profondamente ignoranti su chi li rappresenta e su cosa egli faccia. Di conseguenza, si tiene conto dei finanziatori.
Caplan, p. 2, Introduzione. definire gli elettori come peggio che ignoranti, irrazionali. La democrazia ci consegna persistentemente cattive politiche. Uno dei punti fermi è quello di sentirsi bene, anche se i fatti smentiscono che questo bene sia di tutti o faccia veramente bene. L’ignoranza dell’elettore si ha, secondo alcuni, perché il suo voto è ininfluente. Il singolo voto non è decisivo, solitamente. Quindi, è la probabilità che decide e allora è nel piccolo che esso è decisivo, a livello ristretto, locale, su numeri ridotti, dove posso avere un peso specifico maggiore.
Caplan: perché controllare le tue emozioni se le tue decisioni non contano? Ciò che conta veramente è ciò che riguarda noi stessi e le nostre famiglie, cioè gruppi ristretti.
[1] Dalla IV di copertina: La democrazia è il governo da parte del popolo, ma può funzionare se il popolo ignora cosa fanno i governanti? Uno dei maggiori problemi delle democrazie contemporanee riguarda proprio la scarsa preparazione dei cittadini, che non sono attrezzati per esaminare con cognizione di causa il contenuto delle decisioni politiche. Ciò è spesso la semplice conseguenza di un comportamento razionale: molti comprendono che il loro voto non può cambiare l’esito di un’elezione e pertanto non sono incentivati a informarsi sulla politica. Inoltre, l’attività dello Stato è sempre più pervasiva e complessa: è pressoché scontato che gli elettori saranno incapaci di valutare le iniziative dei loro rappresentanti quando riguardano questioni sulle quali non hanno strumenti per maturare opinioni consapevoli. Ilya Somin ragiona su cause ed effetti dell’ignoranza politica. Le persone prendono decisioni migliori e più consapevoli se percepiscono in maniera evidente che la loro scelta avrà ricadute dirette sulla propria vita: come avviene per le decisioni che assumono, da consumatori, sul mercato.
[2] Dalla IV di copertina: Il distacco, ormai consumato, tra gli italiani e la politica sta mostrando tutti i suoi pericolosi effetti. Saltati i riferimenti minimi di valore, i politici si trovano a fare sempre più leva sulle paure e la frustrazione del loro elettorato, rinunciando all’approfondimento e all’elaborazione di soluzioni complesse. Stiamo vivendo un declino inarrestabile? O possiamo ancora sperare di far valere competenza, preparazione, passione civile? Irene Tinagli, grazie alla sua esperienza di parlamentare e alle informazioni raccolte in un ricco database su tutti i membri della Camera dei deputati e dei governi dal 1948 a oggi, traccia il ritratto di un Paese ormai assuefatto all’ignoranza elevata a segnale di vicinanza al “popolo”, analizzando i fattori che hanno contribuito alla “deriva” (compresa l’ondata di anti-intellettualismo che dilaga in tutto il mondo) e proponendo soluzioni per invertire la rotta, finché siamo in tempo. Senza cercare nuovi messia, salvatori della patria o ricette miracolose.
[3] Epistocrazia (dal greco antico ἐπιστήμη, epistème, “conoscenza” e dal suffisso κράτος, krátos, “potere, governo”) è un neologismo che indica una forma di governo in cui il diritto di voto è subordinato alla conoscenza degli argomenti. Il termine, coniato da David Estlund e teorizzato da Jason Brennan nel libro Against Democracy, ha il compito di definire un’alternativa alla democrazia considerata ormai compromessa dalla indiscriminata estensione dei diritti di voto, attivo e passivo, promossa dal suffragio universale e di porsi in netta contrapposizione con i concetti più elitari di aristocrazia e tecnocrazia. Difatti l’epistocrazia, con queste ultime forme di governo, non condivide né la natura oligarchica del potete nelle mani di pochi né tanto meno quella elitaria dettata nel caso dell’aristocrazia da un diritto di nascita e nel caso della tecnocrazia dall’esperienza comprovata nella scienza e nella tecnica. La forma di governo epistocratica piuttosto invoca il potere di quanti invece si pongono il problema della conoscenza e del riuscire ad acquisire gli strumenti e i mezzi intellettuali per comprendere e scegliere e decidere il destino proprio e di tutti gli altri non ponendo nessun limite di censo o di titolo.