Più volte mi sono chiesto come sia possibile che in un mondo interconnesso come il nostro molti dicano di non avere informazioni sufficienti per capire ciò che veramente accade, mentre altri puntano il dito contro la ridondanza informativa ed il flusso, incontrollato, delle notizie che non ci danno fiato e al tempo stesso ci impediscono di costruire un senso comune e dei punti di riferimento su cui basare le nostre idee, scelte e considerazioni. E allora torno, con la mente, indietro nel tempo e mi chiedo come fece, per esempio, Federico Barbarossa, quasi mille anni fa, ad accorgersi che la potenza economica, politica, ideologica dei Comuni cresceva, minando l’autorità e gl’interessi dell’Impero? Con le comunicazioni lente, l’inesistenza di una tecnologia come noi la intendiamo, nonostante questo, Federico aveva delle informazioni che gli permettevano di elaborare una strategia politica. Sappiamo che Federico intervenne militarmente in Italia non riuscendo però ad ottenere la vittoria in cui sperava, venendo anzi sconfitto.
Forse il tutto si spiega con il legame che esiste tra quantità e qualità delle cose. Quella quantità di cose da sapere era in una certa relazione con le cose sapute e gli strumenti per saperle; perciò gli uomini avevano un certo grado di consapevolezza e potevano intervenire sui fatti della vita. Oggi, in realtà siamo lontani da questa “antica percezione della realtà”. La realtà, oggi, è talmente complessa, talmente piena di variabili che è molto complesso riuscire anche solo ad imbastire una visione che abbia delle basi razionali. La scienza non ci aiuta in tutto questo. Nella misura in cui essa è asservita al mercato, non può dare delle risposte esaustive ai problemi della civiltà contemporanea. Quando non è asservita, fa fatica a trovare una strada nella giungla in cui siamo precipitati.
Soluzioni? Non so se ce ne sono, ma forse l’inizio sarebbe proprio quello di rallentare le nostre vite, prenderci del tempo per riflettere e tentare di rimettersi in contatto col mondo che ci circonda.