Monicelli ha tracciato un ritratto piuttosto interessante dell’Italia contemporanea che è anche un’Italia che ripete sé stessa nel tempo. Un’Italia che, per non cambiare, è capace di reinventarsi pulizie morali che non ha mai amato e che ha eseguito con vera fatica e spirito negligente. Parafrasando Monicelli, il problema è la classe dirigente e non semplicemente i “politici”, che alla fine son quattro gatti. Ridurre tutto alla politica è, appunto, una riduzione, oltre che una furbata.
Nella narrazione dominante, secondo i media mainstream, tutto viene riportato al livello di establishment, di classe dirigente, tutto viene sterilizzato e ripulito per essere innocuo. Tutti quelli che esercitano un ruolo, più o meno di potere, fanno parte del teatrino, dell’establishment, e comunque sempre di teatrino si tratta. Al di là delle polemiche di superficie, sono veramente tutti d’accordo a mantenere il posto di lavoro e, dopo le polemiche stesse, fanno tutti le stesse cose condividendo la stessa visione del mondo.
Forse abbiamo veramente raggiunto una specie di uguaglianza, una sua forma: sotto questo profilo sono tutti uguali!
Tutti terrorizzati dal perdere le proprie posizioni, tutti più o meno cauti, tutti attenti a non esagerare troppo, a non sbagliare per non perdere il posto.
Ma per autocontrollarsi bisogna autocensurarsi, perciò non andare mai oltre. Ed è precisamente quello che fanno con arte, scaltrezza, grande professionalità.
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