Dalla quarta di copertina del libro:
Shannon McFarland, splendida top model, dalla vita ha avuto tutto quello che si può desiderare: l’amore, la carriera, un’amicizia sincera. La sua esistenza viene però sconvolta quando, mentre sta guidando la sua auto, una misteriosa fucilata la raggiunge al volto, lasciandola orrendamente sfigurata e incapace di parlare. E da affascinante centro di attrazione Shannon si ritrova a essere un mostro invisibile, evitato da tutti, tradita dal fidanzato Manus e dall’amica del cuore, Evie. Ma tutto cambia quando in ospedale Shannon fa conoscenza con la Principessa Brandy Alexander, cui manca ancora solo un intervento chirurgico per diventare una vera donna. Brandy non solo la trascinerà in un viaggio delirante con il proposito di aiutarla a vendicarsi di Evie e di Manus, ma soprattutto le spiegherà come reinventare se stessa. E le insegnerà che niente e nessuno è mai quello che sembra a prima vista…
Chuck Palahniuk mi piace, lo confesso. E’ uno scrittore il cui stile mi avvince e mi lascia soddisfatto. Non è solo una questione di stile, ovviamente. Anche i temi trattati sono fondamentali nella loro unicità ed interpretazione. E non sono uno che tesse le lodi degli scrittori più famosi con facilità.
Il suo è uno stile asciutto, minimale, supportato da scelte lessicali e sintattiche ben precise che, tuttavia, non possono modificare il contenuto più profondo dei suoi testi. Ogni testo scritto ha un messaggio, ed anche quelli di Palahniuk ne hanno. A chi dice che la forma è sostanza, risponderei che non ne sono convinto del tutto. La forma crea l’involucro per la sostanza, la plasma, le dona una direzione, un invito a quel tipo di interpretazione, ma non può certamente sostituirsi al contenuto.
La cornice delimita l’opera, non è l’opera stessa. Pur nella sua importanza mai potrà sostituirla.
Avevo già letto Fight Club alcuni anni fa e ne fui piacevolmente sorpreso. Giunsi al libro attraverso il film, come spesso succede. I testi degli scrittori americani, almeno della gran parte di essi, fanno un effetto particolare. Si capisce che sono stati scritti oltreoceano perché contengono quel particolare ed esplosivo mix di cinismo, iperrealismo abbacinante, ritratti deformi (mai indovinati come nel caso di questo libro…) che solo in un contesto sociale così disumano come sembra essere quello statunitense possono, in qualche modo, prendere forma.
Invisible Monsters è un piccolo trattato sulle nostre paure, sul controllo sociale, sulle nostre incapacità a guardare (a vedere forse siamo più capaci, poiché il vedere è un atto passivo….) in faccia la realtà e a cancellare dalla nostra visuale ciò che ci infastidisce. Capaci di rendere invisibili i mostri, che poi sono le mostruosità che ci portiamo dentro quotidianamente. Ed è un trattato sull’anima nera che abita in tutti noi, sotto diverse e mentite spoglie. Il desiderio di vendetta, il cambiamento di sesso come forma di lotta radicale ed estrema verso un mondo che non ci accetterà mai.
Se qualcuno avesse in mente di definire Palahniuk come uno scrittore post-moderno, non lo seguirei affatto. Tutta la letteratura americana è antesignana di quello che noi abbiamo definito come post-moderno, riconoscendo nella modernità, in modo altresì artefatto, tutte quelle tematiche in qualche maniera aderenti a visioni socialmente impegnate, storicamente edotte, moralmente fondate. Io dico che il post-moderno è una palla, uno schema di marketing adatto a sistemare i volumi sugli scaffali in modo da venderli meglio. Tutta la letteratura americana, come avrete già letto, è circondata ed impregnata dall’assenza di riferimenti storici, sociali, morali, eccetera, essendo stata concepita come in opposizione a tutto ciò, modellata sulla necessità del business, sul fare soldi. Tutto il resto poteva essere un intoppo al progetto principale. Ma, ricordatelo: non per questo quella letteratura è da sottovalutare, anzi. Soprattutto quando è capace di indagare le contraddizioni e i limiti della società di cui racconta.
Inoltre, la letteratura americana, in conseguenza del progetto principale e come suo asse portante, ha sempre parlato molto delle questioni personali, dell’universo intimo, esistenziale, particolare. Ha sempre prodotto una letteratura individualistica. Estremizzando così il nodo centrale di tutta la cultura occidentale che si fonda sul predominio dell’individuo rispetto alla collettività.
Tuttavia, la bellezza stilistica e la grandezza letteraria di Palahniuk risiedono in quella capacità di parlare di questioni forti, profonde e basilari con il linguaggio della razionalità più pura e disinteressata, di parlare della società fingendo di parlare degli individui. I suoi libri, infatti, sono dei grandi affreschi collettivi in cui riconoscere le sociopatie che vanno per la maggiore e dove la critica alla società dei consumi è centrale.
Be the first to comment on "Invisible Monsters, di Chuck Palahniuk."