Un foglio appiccicato su quel muro con
la taglia posta sulla tua testa dalla
borghesia di Francia.
Ti ricorderanno per il nome della
tua banda per la macchina che usasti
in Rue Ordener.
Per l’unico modo in cui potesti dire
“io esisto” altrimenti la tua vita
l’avresti chiusa lì.
Avvocati difensori
quelle berte nelle tasche
d’un meccanico d’ingegno
che sapeva troppe cose.
Scopristi oltre l’angolo del tuo quartiere
che non c’era solo il fango di cui la tua
vita sazia ne era.
E un giorno venne il segno che la vita
non cambiava se stampato avevi il marchio
della povertà.
Quando senti il vento forte sempre contro
sempre avverso, quando non accetti quelle
regole del gioco.
Via da Montbeliard, via dalla Francia via da
questa fogna verso l’Inghilterra, verso
l’Argentina forse.
Un tempo per soffrire
un tempo per pensare
un tempo per agire
un tempo per sparare.
Jules Bonnot, da Montbeliard a Choisy-le-Roi
Jules Bonnot, la strada di un uomo che sapeva di finire là
Jules Bonnot, epilogo di una vita senza mai piegarsi
Jules Bonnot, una Domenica d’Aprile per restare puri.
Mentre belle dame e gentiluomini
passeggiavano per le strade dei quartieri alti di Nancy
o forse di Le Havre o Parigi…
Centinaia di gendarmi e di dragoni
pezzi di ferro inanimati pieni di
fregi insanguinati
non riuscirono a strapparvi
della dignità un frammento.
E vai Dubois tira fuori quella scatola
di metallo ingrassata e fai cantare i tuoi
avvocati difensori.
Riprendiamo la nostra felicità
negata e l’inceppar la macchina e
l’ingranaggio del sistema
il nostro sogno per buttare giù
le botte e le donne mai avute
e i figli rubati
i sogni irrealizzati
passioni mai sfogate.
[Coi compagni della lotta
col coraggio disperato
di chi il saldo di una vita
ha già chiesto e ricevuto]
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