Di qui passarono cavalli e cavalieri
improvvisi e veloci come saette.
Gli animi scuotevano l’aria
come le gambe degli animali
e ondeggiavano le sciabole
come le loro criniere.
Tra la radura verde e il cielo grigio
la fila rossa correva verso l’infinito.
Questo piccolo fiore che ora cogli e ti dà gioia,
come il sorriso di una donna – dono magnifico ed eterno –
che illumina tutto e dà sollievo al tuo dolore,
regala la sua purezza al mondo
come quelli che rifiutano
di percorrere una facile strada di compromessi e di viltà.
Trenta uomini eroici
trenta uomini mitici
che il gioco si fa guerra
trenta uomini pronti a morire per un’idea.
Guerra spietata e dura
da pasticca di cianuro in una remota tasca
tanto da strapparti via la residua vita.
Per liberare
un’umanità oppressa
per chieder conto
di millenni a capo e schiena chini.
Berretti a punta
giacche di cuoio nero
stelle rosse in cima
bocche di gingilli che sputavan colla forza di un vulcano.
Trenta centurioni
del treno blindato
di Lev Davidovic
con ai lati i cavalieri rossi a sferrar l’attacco.
A Svjarzsk
venne il giorno
del giudizio
giù dai vagoni a scacciare i maiali espropriatori.
Centauri motorizzati
angeli vendicatori
uomini dalle giacche di cuoio nero
con in testa il berretto appuntito.
Punta di diamante
del nostro riscatto
puntuali all’appuntamento con la storia
quando si decide qui e ora.
Tutto si perde o tutto si vince
correte e colpite
colla forza di chi vede la luce per la prima volta.
Il soldato disse:
“Me ne torno a casa”.
L’ufficiale disse:
“Speranza non ce n’è”.
La terra tutta
tremava di paura.
Le facce segnate
da atti di umanità.
Ma le astuzie di quegli esseri
pieni di meschinità
non riuscirono ad infrangere
il muro della libertà
che sarebbe stato il piangere
di ogni divinità
lacrime di luce splendida
in un mare d’infelicità.
Gli uomini sarebbero morti
le donne avrebbero pianto
i figli sarebbero cresciuti
in un mondo senza uomini.
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