di Sergio Mauri
[Ultimo aggiornamento 7 novembre 2022]
Non è semplice parlare di un tema così vasto e controverso, ma potremmo partire da alcuni punti fermi risultanti da una serie di osservazioni empiriche. Dovremmo partire dalla constatazione che la Destra, negli ultimi quarant’anni almeno, è dinamica e non statica. Capace, perciò, di adattarsi molto bene alle trasformazioni dell’ambiente socio-economico in cui siamo immersi tutti noi. E di farsi, conseguentemente, portatrice di ben determinati interessi.
La seconda constatazione che dovremmo fare, concerne l’articolazione della Destra. Cioè la Destra, da quarant’anni a questa parte e forse più, e fino ad oggi, si è suddivisa in molteplici gruppi di interesse. Perché? Innanzitutto perché anche una Destra frammentata è facilmente controllabile. Anche se, come sappiamo, è l’interesse di classe sottostante che la può (ma non sempre!) riunire.
Al di là dei gruppi, gruppetti e circoli culturali in cui essa si articola, esistono almeno un paio di grandi famiglie in cui essa si divide: la Destra economica e quella ideologica le quali, su molteplici aspetti sono agli opposti delle scelte e della rappresentatività sociale degli interessi. In Italia, esiste anche una Destra sociale che ha molti punti in comune con quella ideologica, ma pochi con quella economica.
Al netto di tutte le banalizzanti ipotesi di complotto – la Destra ideologica, in verità, sarebbe assoldata da quella economica in funzione meramente terroristica ed antioperaia – queste Destre, come anche la Lega e i doppiopettisti di Fratelli d’Italia, non sono sicuramente sovrapponibili fra loro (e mai lo saranno), complicando – di fatto – l’analisi e le scelte politiche conseguenti che non potranno certamente limitarsi allo schema facile e banale riconducibile allo slogan “sono tutti fascisti“.
Dinamismo ed articolazione della proposta di Destra si possono – tuttavia – ricondurre ad un denominatore comune: quello della difesa degli interessi proprietari piccolo, medio e grandi borghesi. Difesa degli interessi proprietari in ostile opposizione agli interessi dei lavoratori salariati. A questo schema di partenza, dovremmo aggiungere – al denominatore comune pragmatico – la mano libera nel decidere il livello dello sfruttamento a cui sottoporre i propri simili, costretti dal bisogno a vendere la propria forza lavoro.
In sostanza, e ancora, potremmo ricondurre le varie organizzazioni che compongono il campo politico della Destra, a quelle modalità di azione esistenziale, sociale e quant’altro, in cui l’opzione del potere è la scelta di partenza di ogni rapporto con l’altro. Potere come rapporto prevaricatore, in ultima analisi sadico. Un rapporto che passa per l’annullamento dell’altro, della sua umanità, bisogni, identità. Questo per quanto concerne il fondamento della prassi di Destra, la sua origine, verificabile nell’ampio spettro fenomenologico che ci è dato osservare quotidianamente.
Credo, tuttavia, non si possa comprendere a fondo l’argomento se non si prende coscienza della sorgente a cui si abbevera ogni ideologia reazionaria e di Destra. La “fonte sacra” si chiama pessimismo che poi, certo, diviene – talvolta – anche alibi. Pessimismo intorno alla natura dell’uomo, visto come un’entità perennemente caduca e senza reali possibilità di redenzione.
Questo atteggiamento mentale e dei sentimenti, totalizzante ed omologante, genera la nostalgia per i tempi andati, per il grande e glorioso passato (sia esso vero, presunto o – peggio – inventato), per le divinità (non) ancora decadute. Richiesta e amore per l’ordine. Affezione per il potere, per l’esperienza del padre, ovvero il peso del passato rispetto a ciò che è oggi e – in un certo senso – richiede un impegno qui ed ora. Il già fatto, vissuto come prevalente sul nuovo. Il predominio della morte sulla vita.
Be the first to comment on "La cultura di destra oggi."