Il consumismo, cinquant’anni fa, è stato la porta verso il futuro….La gente accumula capitale emotivo oltre che soldi in banca e ha bisogno di investire quelle emozioni in una figura di leader. Non ha bisogno di fanatici in divisa che delirino affacciati a un balcone. La gente vuole un presentatore televisivo con degli ospiti che parlino con garbo di faccende che la riguardano direttamente. Ma anche no: si assoldano degli hooligans del teleschermo, alcuni con fittizi blasoni costruiti di recente, con giacche posticce da intellettuali pronti ad azzannarsi fra loro e a scannare l’avversario.
E’ un nuovo tipo di democrazia, si vota alla cassa invece che alle urne. Il consumismo è lo strumento migliore mai inventato per controllare le persone. Nuove fantasie, nuovi sogni, nuove antipatie, nuove anime da salvare. Per qualche strana ragione chiamiamo tutto questo shopping. Ma, in realtà, è la forma più pura di politica.
Il populismo mediatico è la manifestazione di questo tipo di ordine sociale. Ma qual è il messaggio propugnato?
Non c’è un vero e proprio messaggio tradizionalmente inteso. I messaggi fanno parte della vecchia politica e non c’è un Führer che sbraita ai suoi soldati. Questa è la politica vecchia. La politica nuova parla dei sogni e delle necessità delle persone, delle loro speranze e delle loro paure. Il suo ruolo è quello di dare più potere a queste persone. Non serve dire al pubblico cosa pensare. Basta farli uscire allo scoperto, incoraggiarli ad aprirsi e a dire cosa provano. Non ci sono messaggi in senso tradizionale, ma divise si, eccome. Quest’anno tutte con gli stivaloni.
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