di Sergio Mauri
Attualmente le relazioni uomo-natura sono viste dall’angolazione dello sviluppo, cioè dell’interazione dell’uomo con l’ambiente. Già da un punto di vista demografico dobbiamo notare quanto sia cambiata l’interazione tra uomo e ambiente, almeno da duecento anni. L’impatto dell’uomo a partire dall’agricoltura e dall’allevamento è significativo rispetto ad allora. Ambiente e sviluppo sono termini piuttosto ambigui, sia sul piano concettuale e teorico, sia su quello delle politiche. La conflittualità, fino a circa cinquanta anni fa, non era così evidente come oggi; conflittualità che chiama in campo i governi. Torniamo al XVII/XVIII secolo, quando le scienze biologiche formano nuovi paradigmi di classificazione. Si afferma l’equazione sviluppo=crescita=progresso=evoluzione. La crescita diventa una via obbligata del percorso. Tutto è rivolto alla crescita, allo sviluppo. Anche le strutture che supportano la crescita cambiano, si strutturano di conseguenza. Siamo al paradigma della modernizzazione. Agganciato a questo concetto, abbiamo la considerazione che l’industria può risolvere i problemi sociali, di sopravvivenza.
L’etnocentrismo, prima occidentale, si sta spostando a oriente, con lo sviluppo cinese. La situazione è vista come un’unica dimensione, tra sviluppo, società, industria, cultura. L’idea portante è quella dello sviluppo illimitato, conseguenza dell’illimitatezza delle risorse, cosa non corrispondente al vero. L’economia è vista come regolatrice di tutto, a livello sociale, politico, ambientale. Si postula che l’economia si autoregoli. Il legame crescita-sviluppo è visto come vero e ineludibile.
Siamo, dunque, giunti al paradigma del produttivismo. I mezzi hanno sostituito il fine, i mezzi sono diventati fini. Si presume un unico modello: società dei consumi avanzata. Il denaro diventa centrale. Tutto è tenuto insieme dal fine dell’accrescimento. Il danno ambientale diventa ed è un fattore positivo all’interno del PIL.
Passiamo poi al paradigma della dipendenza. Abbiamo un approccio neomarxista e riflessioni latino-americane. Quindi rapporto sviluppo-sottosviluppo. C’è questa stretta dipendenza riguardo ai fenomeni di sviluppo e sottosviluppo. Sviluppo alternativo, anni Ottanta: piccolo è bello, uno slogan che ebbe successo in quel periodo. Lo sviluppo implica sempre un qualcosa di più favorevole, migliore. Dagli anni Novanta in poi c’è stata la globalizzazione, quindi l’interdipendenza economica, internazionalizzazione dei mercati, internazionalizzazione delle imprese, informatica e internet, mobilità umana ed emigrazione, omologazione culturale. L’idea precedente ha generato il post-sviluppo, quindi decrescita, partendo dai development studies e studi post-coloniali.