Nonostante quello che abbiamo sempre pensato, la gran parte delle esportazioni italiane viene dalla meccanica: macchine industriali e pezzi di ricambio delle stesse.
Il Made in Italy (moda) è una cosa bella ed interessante, ma rappresenta poco più del 10% del PIL.
Visto che in questo spazio si dicono spesso cose impopolari dobbiamo affermare che le aziende italiane che funzionano sono quelle globalizzate, cioè quelle che si sono dotate degli strumenti per vendere i loro prodotti in giro per il mondo. Inoltre, sono quelle un pò più grandi, perché “piccolo” non è “bello”!
Stiamo competendo con dei colossi che spesso hanno pure l’aiuto organizzativo del proprio Stato, ciò che invece scarseggia per le nostre aziende. Quindi, la nostra classe dirigente , ma anche noi, dovrebbe puntare su quelle aziende. Ciò significa anche puntare sulla formazione lavorativa e politica di numeri importanti di lavoratori. Inoltre, l’Italia manca di industrie innovative, di industrie del futuro. Crediamo che il nostro ritardo sia ormai irrecuperabile, ma degli investimenti in questi settori (nel software o nell’avionics, ma anche nelle biotecnologie) garantirebbero salari decenti e un possibile sviluppo delle economie di scala che gli stessi possono garantire.
Compito del governo dovrebbe essere quello di far partire questo tipo di produzioni con una partecipazione al 50% alle società, accompagnandole fino alla maturazione per poi uscirne. In caso di fallimento lo Stato dovrebbe mantenere il controllo delle stesse e trovare un nuovo partner. Le priorità sono: mantenere le posizioni e concentrarci sulle industrie del futuro. La classe dirigente (non parlo dei politici al governo) deve spendersi investendo sui giovani. Meno cene di rappresentanza più Club dell’innovazione!
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