Sono un debunker che escogita complotti con finalità anti-complottiste. O forse no, tanto qual è la differenza? Come si fa a spiegare che cosa sia un complotto? Allo stesso modo in cui si spiega l’esecuzione di un bypass. Risultato? Probabilmente scarso ed impreciso se il ricevente la spiegazione non è un addetto ai lavori.
Già dissi in altra occasione che il complotto è la verità, un altro modo di dirla. Ma partiamo dal passo antecedente la discussione sul complotto e i complottisti.
Come sapete ci sono delle persone, in ambito internet, che usano diversi alias (1) per sostenere, su un certo argomento, posizioni completamente diverse, secondo una logica che potremmo definire commerciale che serve a coprire tutti gli spazi informativi. Fate conto che questi spazi (aggregatori di notizie, portali, siti, blogs, forums) siano contemporaneamente dei canali pubblicitari e di ricerche di mercato che, in ultima analisi, servono da veicolo da una parte e verifica dall’altra, del prodotto-merce informazione. Esso è un particolare segmento del settore culturale che non vende solo libri e DVD, ma anche conferenze, eventi, “way of life”, pubblicità, dubbi e certezze. Tutto ciò ha una ricaduta milionaria nella vendita di spazi pubblicitari sulle TV, sulle radio, sul web. Tutto questo è un complotto? No, è la legge del mercato.
In un pezzo su Carmilla, il buon Luca Baiada che personalmente leggo volentieri, anche se appartiene alla categoria dei magistrati a cui la sinistra di oggi sembra essere innamorata ed addirittura della tipologia militare, tempo addietro ci delucidava su complotti e complottismo. Egli è consapevole del fatto che non è il caso di fare nomi e cognomi ed esempi attuali, ma generici ed eterogenei, per rendere il tutto più stuzzicante. La ricaduta di un pezzo scritto bene e della durata di diverse decine di righe, cucito su di una trama cerchiobottista è, per forza, psicologica: un (vero o presunto) complotto serve a nutrire la voglia di cambiamento, è un carburante di progresso.
Bene. Ma se ci spostiamo dal piano di ciò a cui serve a quello di ciò che lo contraddistingue, le cose cambiano. Noi chiamiamo complotto tutto ciò che non riusciamo ad illuminare completamente attraverso la nostra ragione ed i nostri sensi. Un qualcosa che, in aggiunta, è narrato in modo del tutto parziale, includendo in questa affermazione sia il concetto di frammentarietà che quello di angolazione dello sguardo. In questo senso gli esempi portati dal Baiada sono corretti solo nella forma (supporre equivalenze fra unità di misura del tutto differenti è un’operazione furba, ma sbagliata) tuttavia del tutto carenti anche soffermandosi solo sul piano formale.
Manca, allora, quasi del tutto la coscienza di che cos’è stato lo stragismo in Italia. Questo è, infatti, un argomento tabù che anche a sinistra sconta un ritardo culturale indotto da destra. Le stragi rarissimamente e comunque a bassa voce sono associate ad un complotto. Tuttavia ne sono state il prototipo più perfetto. Si parla di stragi di Stato, di stragi fasciste, o di stragi compiute col concorso dello Stato e dei fascisti, dando per scontato uno svelamento che in realtà c’è stato da una sola parte: quella di sinistra.(2) Ecco un altro elemento per capire che cosa non è un complotto: non è ciò che noi crediamo. E’, necessariamente, un qualcosa che ci sfugge nei suoi più profondi significati di verità, poiché come si afferma in psicoanalisi “al soggetto sfugge la chiave di accesso alla propria storia”, “la mia storia mi sfugge, è un testo incompleto, sbiancato, censurato, disperso e frammentato”. Il complotto assume, allora, una dimensione di rimosso, luogo del desiderio e dell’inconscio. In psicoanalisi, la casa della verità.
Ma come si fa, allora, a non accennare mai allo stragismo come parte di un complotto o complotto esso stesso, anche alle luce di confessioni parziali o totali, lapsus individuali (da Vinciguerra a Moretti, passando per Andreotti e Cossiga?) o di ritrovamento di prove? Evidentemente farebbe crollare il castello di carte costruito da sedicenti progressisti che preferiscono avere un’esposizione mediatica sull’11 settembre. Il grande rimosso della sinistra, di natura politica, ma anche psicoanalitica, non permetterà mai di risolvere con chiarezza e nemmeno di dare una definizione di base al complottismo ed all’anticomplottismo, aiutando compagni e non a schierarsi con chiarezza, bloccandoli eternamente, facce della stessa medaglia, nell’angolo dell’opinionismo.
La domanda del giorno è: il delitto Moro fu un complotto?
(1) Ciò invalida l’affermazione secondo la quale le teorie complottiste sarebbero appannaggio di settori conservatori o reazionari che se ne servirebbero per rincitrullire le masse. Inoltre, non c’è una posizione politica a destra come a sinistra che non faccia proprie le teorie “complottiste”.
(2) Si tratta della razionalizzazione di un qualcosa che non conosciamo al 100%, ma solo con una certa buona approssimazione grazie alle controinchieste ed ai processi tenutisi negli anni. Sul tema stragi, dovremmo tutti prestare più attenzione a quanto scritto da intellettuali quali Furio Jesi (“Cultura di destra”), che ne da una spiegazione tutt’altro che praticata a sinistra.
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