di Sergio Mauri
Dal Leviatano e dal De Cive sembrerebbe che Hobbes sia sì il fondatore dell’assolutismo, ma di quello statale. Egli è quel teorico che più di ogni altro tratteggia le caratteristiche dello Stato. Lo Stato inteso come una particolare forma dei rapporti sociali. Quella forma che pretende di essere la monopolizzatrice della produzione legislativa, di avere un rapporto non mediato con i cittadini, di avere un apparato amministrativo professionale. Nicola Matteucci e Paolo Grossi, potrebbero affermare che è la forma/la macchina politica che incarna la piena compiutezza del potere, il cui compito è garantire la pace sociale. Lo Stato si pone sopra ogni altra cosa ed è svincolato, sciolto da ogni vincolo. Lo Stato dipende dal solo potere che riesce a dispiegare. Vedi Max Weber che diceva che “lo Stato è il monopolizzatore della forza legittima”.
Nella prospettiva hobbesiana lo Stato si pone sopra ogni altra cosa. Lo Stato in questa prospettiva non ha doveri, ha solo un obbligo, quello di mantenere la pace. Il comando del sovrano è l’unico discrimine accettabile tra il giusto e l’ingiusto. Non vi è un ordine superiore di giustizia che sta tutto nel comando del sovrano. Hobbes teorizza una macchina di dominio e lo stesso Hobbes ne è convinto, ma dopotutto senza questa macchina abbiamo la guerra civile. Quando Hobbes parla del sovrano aggiunge sempre “un uomo” o “un’assemblea di uomini”, l’importante è che non abbiano le mani legate. Quindi, non è importante sia la Corona piuttosto che il Parlamento a comandare, l’importante è che non abbiano dei limiti. Hobbes teorizza da scienziato, ma anche gli scienziati hanno preferenze, e Hobbes ce l’ha per la monarchia assoluta, in particolare per gli Stuart contro il Parlamento. E, tuttavia, i Giacobiti partigiani degli Stuart non sono da lui convinti, anzi scartano Hobbes e abbracciano Robert Filmer autore del Il Patriarca, in cui effettua una comparazione tra potere politico e familiare, poiché quest’ultimo è retto da una figura monocratica, il patriarca. Peraltro, in Italia la riforma del diritto di famiglia è del 1975 che introduce una gestione diarchica. Locke invece nei suoi Trattati del governo I e II, tutto il primo trattato lo dedica alla critica di Filmer. Abbiamo nella Lovelance Collection, scritti inediti, una prova dell’indubbia propensione di Locke per Hobbes. Hobbes teorizza a favore della sovranità dello Stato, non del monarca. Una cartina di tornasole è in una lettera di Locke la “Epistola de Tolerantia” del 1685 all’olandese Linbroh. Ma anche Hobbes è un tollerante, un fautore della libertà, che sta “nel silenzio della legge”. Tutto ciò che non è comandato è libero.
Hobbes si richiama al Vangelo per dire che dobbiamo essere tolleranti. Libertà di culto, di coscienza, nessuna ingerenza del sovrano, del magistrato civile, nella vita privata del suddito.