di Sergio Mauri
Se guardate con attenzione l’immagine riprodotta da Our World in Data, vi accorgerete di alcune cose:
- la performance della Cina è impressionante
- quella degli Stati Uniti non scherza, ma è decisamente inferiore
- quella dell’India sta appena emergendo e si farà viva tra qualche anno
- l’Europa è presente, ma scarsamente in questo organigramma delle potenze inquinatrici
Se non erro, l’Europa partecipa per circa l’8% alle emissioni globali. Che senso ha allora parlare qui da noi di inquinamento e di misure atte a contrastarlo? Certamente un senso ce l’ha: anche noi, nel nostro piccolo, dobbiamo modificare il nostro stile di vita. Certo è che i destini del mondo non dipendono propriamente da noi, ma da Cina, Stati Uniti, domani anche dall’India. La Germania, locomotiva europea, segue a distanza.
Allora non è del tutto campato in aria sostenere che si dovrebbe parlare con la Cina (anche con gli USA) per regolamentare seriamente la questione ambientale e invece di protestare qui intorno ai problemi “della natura”, andare a farlo in Cina. Il problema è che i due colossi principali responsabili delle emissioni globali sono, in un certo senso, l’uno l’altra faccia dell’altro. Sono stati gli USA a pretendere di far entrare la Cina nel WTO nel 2001 e sono stati sempre gli USA a delocalizzare per primi in quel paese. Gli accordi politico-economici sottostanti erano chiari: de-comunistizzazione della Cina (riuscita ideologicamente, ma non a livello di potere del Partito), staccarla dalla Russia, allora URSS, (riuscito nonostante i parziali avvicinamenti per interesse dei due “Stati-canaglia”), far diventare il gigante asiatico un hub per lo sfruttamento e i profitti dell’Occidente (obiettivo raggiunto, ma a scadenza, oggi la Cina non ha più intenzione di rivestire quel ruolo, quindi si cambia strategia).
Oggi ciò che era valido ancora fino a pochi anni fa, non è più possibile, la lotta per la supremazia mondiale è ancora bene che attiva e non demorderà. Ci sembra abbastanza chiaro che non sarà possibile frenare la competizione economica che significa anche fette di potere geopolitico per gli assetti a lungo termine del potere stesso. Che dire dunque dei nostri ambientalisti e delle loro strategie? Che è un bene che esistano, ma i loro obiettivi dovrebbero essere più realistici, per esempio nei seguenti livelli e settori: nel livello locale; a livello globale quando ci sono le Conference Of Parties e nell’educazione ambientale.