Linhart fondò il teatro sloveno, Vodnik fu il primo poeta laico.
Dal 1830 esce l’almanacco Krajnska čbelica (La piccola ape carniolana). Da qui parte la poesia romantica slovena. Dal 1814 il precedente giuseppinismo fece posto a un sempre più pervasivo Stato poliziesco. L’Austria riprese il controllo dei territori sloveni e con Metternich instaurò una dittatura ancora più severa. Quindi, censura sulla letteratura slovena. È il periodo della “prigione dei popoli”. Al tempo gli sloveni non avevano una classe aristocratica o borghese che li rappresentasse. Come sottolineò in un sonetto Prešeren, coloro che comandavano parlavano tedesco, mentre lo sloveno era parlato da chi li serviva. Lo sloveno era ancora una lingua usata dai contadini, da qualche insegnante o sacerdote, dal proletariato. Solo 1 bambino su 7 aveva accesso all’istruzione. Nel 1800 in Europa sapeva leggere il 25% della popolazione, nel 1830 il 40%. Fra gli sloveni questo dato era molto inferiore. Ciò si riverberò anche nella letteratura. Ci si chiedeva come elevare il livello culturale del popolo e con che tipo di scrittura ammaliarlo. Due furono le risposte: 1) letteratura pragmatica semplice, contadina, conservatrice, indirizzata a un popolo sostanzialmente analfabeta. Ciò però portava all’autarchia nazionale. “Tutto per la religione, la patria, l’imperatore” era il loro motto. Erano intellettuali fedeli all’Austria e alla religione. Tra le voci più autorevoli, quella di Kopitar (1780-1844), autore nel 1809, della Grammatica della lingua slovena in Carniola, Carinzia e Stiria. Nonché Slomšek (1800-1862) e Bleiweis[1] autore dal 1843 della Gazzetta dei contadini e degli artigiani. Le concezioni letterarie dei tre furono definite dal vescovo triestino Matevž Ravnikar che scrisse nel 1815-1817 le Storie delle Sacre Scritture per giovani. Possiamo qui inserire anche il sacerdote Janez Cigler con la sua opera del 1836 Fortuna nella sfortuna. Il racconto è conservatore e ligio all’autorità religiosa. Questo racconto dà il via alla narrativa slovena. Sulla linea della narrativa troviamo anche il poeta Poseldski (1798-1884) austriacante. Il filologo Kopitar riallacciandosi alle idee di Herder espose le proprie visioni del popolo sloveno. Scrisse la Grammatica scientifica della lingua slovena, in tedesco. Nell’introduzione parla di kranjski e sloveni. Kopitar riteneva lo sloveno un dialetto dello slavo. I confini linguistici dello sloveno furono fatti coincidere a ovest con l’Isonzo, a nord con la Drava, a est con la Croazia e a sud con l’Adriatico. Per Kopitar le varie lingue slave potevano esprimere una propria letteratura a patto che fosse una letteratura folclorica, semplice, mentre il livello colto doveva spettare agli slavi in generale. La lingua slava sarebbe nata da questa fusione di tutti i dialetti presenti. Si trattava di un panslavismo utopico. Subentrò quindi un austro-slavismo che realizzava l’unione linguistica degli slavi meridionali dell’Austria. Per Kopitar, inoltre, i confini dell’impero dovevano restare immutati. Egli diede vita alla teoria sulle origini dello slavo ecclesiastico, prima lingua slava concepita dai tessalonicesi Cirillo e Metodio. Secondo Kopitar lo slavo ecclesiastico sarebbe nato in Pannonia e Moravia con le missioni dei due tessalonicesi. Lingua slava scritta in alfabeto glagolitico. Oggi sappiamo invece che lo slavo ecclesiastico fu inventato da Cirillo e Metodio già a Bisanzio, sulla base di un dialetto macedone, slavo, di Tessalonika. Slomšek, vescovo, nell’omelia Il dovere di rispettare la propria lingua, nel 1836, puntò l’indice contro gli stressi connazionali colpevoli di denigrare la lingua slovena. Per Slomšek la nazionalità è sacra, biologicamente connaturata all’uomo e inscindibile dalla fede. Dio non fa differenza tra le lingue, vedi San Paolo nelle Lettere ai Romani dove si dice che “tutte le lingue magnificheranno Iddio”. Slomšek fu tra i fondatori della Mohorjeva Družba. 2) Universalismo, cosmopolitismo, modernità. Non si conformava al misero esistente, ma vagheggiava una Slovenia autonoma, una letteratura alta e ambiziosa, libera nei temi e nelle forme. Vagheggiava anche una lingua colta. Per Bachtin è una posizione tra quella tolemaica e quella galileiana della lingua nazionale. Era la parte laica e liberale della barricata: Kastelic, Andrej Smole (1800-1840), redattori della Krajnska čbelica. Ne facevano parte pure: Matija Čop (1797-1835) e France Prešeren. Čop fu la mente teorica e lo spirito guida mentre Prešeren fu la penna. Prešeren è ancor oggi considerato il maggior poeta sloveno. Prima di Prešeren ci furono tre secoli di scrittura prevalentemente sacrale. Quello sviluppo molto lento non fece sviluppare tutti i generi delle altre letterature europee. Fino al 1889 non c’è un romanzo in lingua slovena. Prešeren era avvocato (1800-1849). In che cosa ha reso nuova la letteratura e la poesia? Come ha rivoluzionato la lirica slovena, che rapporto ha con gli autori precedenti e come esce dalla strada della poesia classicista e preromantica per essere originale e dar vita al romanticismo sloveno? France Kidričattua una semplice suddivisione dell’opera di Prešeren; Janko Kos è d’accordo con Kidričnell’individuare una fase giovanile (1824-1830) e una matura (1830-1840) e una tarda (1840-1846-49). Boris Paternu dà invece un’articolazione più ampia, in quattro fasi[2]: 1) fase iniziale 2) romanticismo orfico 3) romanticismo prometeico 4) post-romanticismo.
- Fase iniziale (1819-1829), legata al Barocco e al preromanticismo, nonché ai temi del folclore popolare. Una poesia interessante qui è Gli scrutatori di stelle e Alle ragazze che è la prima poesia pubblicata da Prešeren. In questa prima fase rientrano La verginella arrugginita, Il consiglio della figlia[3], Lo studente. Anche Il demone del fiume rientra nella produzione poetica iniziale. Anche la traduzione di Lenora di Burger dal tedesco allo sloveno. Tutte queste opere scamparono al rogo che Prešeren aveva deciso di fare delle sue poesie giovanili, dopo averle sottoposte nel 1825 al vaglio critico di Kopitar. Kopitar lo consigliò di “limare”, aggiustare le poesie. In Lenora Prešeren ebbe un approccio diverso dall’usuale e concepì il rifacimento di questa ballata non in uno stile semplice bensì in uno stile colto.
- La fase del Romanticismo orfico (1829-1834) inizia dopo la conclusione degli studi di giurisprudenza a Vienna e il ritorno in patria a Lubiana. Opere: Slovo od mladosti, Glosa, Sonetje nesreče, Sonetni venec (1833), Ljubeznjeni sonetje, Gazele, Strunam, Turjaška Rozamunda, Apel, Črkorska pravda. Collabora con Čop che, appena tornato da Lviv gli illustra le teorie dei fratelli Schlegel. Si avvicinò al Romanticismo coevo europeo. Era un romanticismo antropocentrico. Prešeren fece proprie le idee schlegeliane. La Glosa è interessante perché è una forma poetica della tradizione letteraria spagnola. In questo periodo nascono dei sonetti importanti come anche le sreče. È del 1833 il Serto di sonetti, una corona di 15 (o 14+1) sonetti strettamente collegati tra loro con l’ultimo verso di ciascuno ripreso a incipit del seguente. Vedi il “Magistrale” di chiusura e l’acrostico del Magistrale. L’acrostico è una frase formata dall’inizio di ciascun verso. La corona di 15 sonetti è dedicata a Julia Primic di cui si era invaghito. Con questo sonetto raccolse la sfida di Giambattista Bisso, teorico italiano che sconsigliava la composizione del serto ritenuto difficilissimo. Il serto di Prešeren è il più vecchio della letteratura sonettistica mondiale. Il serto fu inventato nel XVI secolo dall’Accademia degli Intronati in Toscana (Siena) ed era una gara letteraria, non una forma artistica. Nel sonetto alla Primic, Prešeren fuse assieme il tema amoroso con quello nazionale. La fusione è annunciata già nell’incipit del sonetto. L’opera è simmetrica e tripartita (5 sonetti (tema amoroso), 4 sonetti (tema nazionale), 5 sonetti (tema amoroso)). Prešeren dice che allo stesso modo in cui Julia respinge il poeta, gli sloveni rigettano la propria patria. Nei 4 sonetti di tema nazionale Prešeren nota la brutta situazione in cui versa il popolo sloveno, rissoso, diviso, che spregia la propria lingua madre. L’ideale politico cui si rifà Prešeren è quello del regno di Samo. Secondo Paternu “il Serto di sonetti è oltre che amoroso un poema politico, con dei punti programmatici sviluppati appena dal 1848”. Si riferiva alla maggiore autonomia rivendicata dalla Slovenia in ambito austriaco. Il Serto di sonetti è l’opera più pregnante della seconda fase poetica di Prešeren secondo Paternu. Abbiamo poi i Sonetti d’amore, Gazzelle. Qui si recuperano forme della poesia araba e persiana (el Ghazal[4]). Sempre nella seconda fase abbiamo la poesia Strina, epigrammi, opere di satira. Importante il Memento Mori che nasce in un momento di scoramento. Lo scrive mentre svolge il praticantato presso gli uffici lubianesi del fisco e poi presso l’avvocato Baumgarten in attesa dell’esame di Stato per la professione avvocatizia. Non ottiene il sussidio allo studio, vuole sposare una ricca austriaca (che poi non sposa, creando a lei non pochi problemi), è incline all’alcol. Precipita in uno stato di profonda prostrazione da cui emergeranno gli irrealizzati progetti per una tragedia shakesperiana e gli splendidi Sonetti della sventura. Il Memento Mori, nel 1847, diverrà parte della raccolta Poesie, parte importante. Confluiscono nel Memento la morte dei fratelli come stimoli esistenziali. Nel Memento, inizialmente si distanzia dalla visione cristiana per poi aderirvi nei versi finali. È una profonda autoanalisi psicologica e di difesa delle proprie ragioni. A rafforzare tale lettura vi è anche il principio retorico dell’ossimoro [incipit-excipit]. La fondamentale forma filosofico-stilistica-espressiva di Prešeren è l’opposizione. Più che una visione sovrasensibile-trascendentale il sonetto rappresenta un incondizionato ossimorico sì per negazione, di Prešeren, all’immanente fisico. Opposizione del poeta alla “ladra di esistenza”, alla morte. Il Memento presenta già innovazioni nelle lettere e poesia slovena.
[1] 1808-1881.
[2] Dalla sua opera Prešeren poeta sloveno 1800-1842.
[3] Che è la prima traduzione italiana di Prešeren e la prima pubblicazione in italiano.
[4] Deve essere breve, in genere di compone dai 5 ai 15 versi. Come nella qasida tutti i versi sono doppi e hanno tutti la stessa rima: eccezione è il primo verso dove rima anche il primo emistichio. Nel penultimo verso il poeta deve rivelare il proprio nome (takhalloṣ). Nella letteratura persiana, stando alla particolare struttura della lingua, la rima è sostituita dal radif, una forma verbale o anche un emistichio che si ripete sempre uguale ma con sensi diversi. Come in tutta la poesia islamica, non possono esserci enjambement tra i distici, di modo che ogni distico deve contenere una frase (o più frasi) di senso compiuto.