L’Italia, un paese fondato sulle palle (non degli alberi di Natale).

Clowns
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Sergio Mattarella, Emma Bonino, Romano Prodi? Sono solo alcuni dei nomi che vengono snocciolati quotidianamente dagli organi della disinformazione perpetua di italica matrice. In effetti, il nome di Romano Prodi è tutt’altro che fantascientifico, viste le relazioni internazionali che egli è in grado di mettere in campo. Ma per sostenere la sua, come le altre, canditature, è necessario un consenso largo in entrambe le camere.

Sottostante a questa necessità c’è lo scambio di ostaggi rappresentato dalla concessione della grazia a mister Berlusconi.

Intanto, continua la ridda di dichiarazioni del tutto fuorvianti e infondate da parte dell’uomo di spettacolo Renzi. Una serie di fumogeni ed effetti pirotecnici atti ad oscurare un’Italia declinante ed in profonda modificazione del modo di produzione, nel quale la ripartizione della ricchezza prodotta dovrà essere totalmente ( e non più solo parzialmente) rispettosa dei profitti e delle rendite. La maggioranza della popolazione dovrà essere soggetta all’accumulazione di capitale e ai suoi alti e bassi, anche in rapporto alla competizione internazionale, coerentemente con quanto è in atto a livello globale.

Il problema, quindi, non è e non sarà mai più, quello di battersi contro il jobs act o per il mantenimento dell’articolo 18 (che già non esiste più!), ma quello di battersi per il superamento di questo sistema. Tutte le dichiarazioni dei vari Tsipras, CGIL, USB, al pari delle cazzate di Renzi, sono stronzate senza senso e senza futuro.

In un mondo globalizzato in cui il salario mondiale, nelle sue frazioni nazionali o continentali, viene deciso a livello globale da pochi attori, spesso più potenti degli Stati più potenti, cioè da pochi gruppi finanziari, che senso ha scendere in piazza a Milano piuttosto che a Roma? E portare in piazza delle rivendicazioni del tutto settoriali e corporative, perdendo di vista la globalità del problema? Che senso ha? L’unico senso che può avere è quello di fuorviare i lavoratori e mantenere tutto inalterato.

E last but not least mentre Renzi dichiara di voler mandare a casa (non in galera!?) ladri e assenteisti, si criminalizza la residua opposizione sociale. E Renzi ammette, sfrontatamente, di aver tolto lui stesso gli statali dall’applicazione del jobs act, sfidando il buon senso degli italiani (definiti a suo tempo coglioni da Berlusconi). Se il jobs act è così positivamente rivoluzionario, perché privare gli statali di questo privilegio?

Dopo 30 anni di martellante propaganda neoliberista e lavaggio del cervello sulla democrazia, sul significato stesso di politica vecchia e nuova, sulla malvagità del socialismo, sulla necessità di consumare, e la necessità dell’individualismo più sfrenato, le palle ormai sono legalizzate e qualsiasi cosa diciate o qualsiasi ragionamento impostiate, rischiate di non venire minimamente cacati.

Buon 2015

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About the Author

Sergio Mauri
Blogger, autore. Perito in Sistemi Informativi Aziendali, musicista e compositore, Laurea in Discipline storiche e filosofiche. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d'Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014, con PGreco nel 2015 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.

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