di Sergio Mauri
Lo scontro trono <-> altare, il confronto/scontro tra monarchia (l’imperatore) e la media e piccola aristocrazia feudale. Un rapporto non facile. Col capitolare di Quierzy (877) Carlo il Calvo riconosce l’ereditarietà dei medi feudi. I piccoli feudatari avranno riconosciuta l’ereditarietà nel 1037 con la Constitutio de Feudis dell’imperatore Corrado II° il Salico.
Questo è un tema grossissimo nel Medioevo che toccherà anche il rapporto con la Chiesa, perché i grandi feudi, le grandi proprietà della Chiesa, con i vescovi-conti (compagni del re) che presentano delle differenze fondamentali rispetto all’aristocrazia feudale.
Mentre l’aristocrazia feudale ha dei discendenti legittimi, i vescovi-conti non li hanno: possono averli, ma sono illegittimi, poiché il clero è vincolato dal celibato.
Se, allora, immaginiamo di essere dei sovrani e di dare in beneficio un feudo ad un vescovo-conte, capiamo facilmente che non avremo problemi di ereditarietà con quel feudo, perché una volta che il vescovo-conte muore, il sovrano riprende il beneficio a sé e lo può riassegnare a chi più gli comoda. Quest’ultimo, pur di avere quel beneficio, sarà pronto a fare – più o meno – qualsiasi cosa.
Al tempo stesso il Papa dice: costui è un vescovo ed io ho facoltà di nominare i vescovi ed il sovrano non può imporre un proprio uomo in una carica ecclesiastica di altissimo livello che compete al potere spirituale. È un motivo di conflitto politico. Il Papa dice: devo conferire l’incarico ad un uomo che ha i carismi per esercitare la funzione ecclesiastica cui è chiamato. Questo potere, allora, possiamo dire sia usurpato dall’imperatore, fatto salvo che compete al Papa conferire quei titoli, compreso quello di imperatore. Fu il Papa, infatti, a conferire il titolo di imperatore a Carlo Magno.
Il Papa, quindi, deve ratificare, riconoscere l’autorevolezza del sovrano che regna “in nome di Dio”, non perché venga eletto liberamente e democraticamente, né tantomeno perché scelto solo o prevalentemente dai signori feudali.
Nel periodo dell’anarchia feudale (IX° – X° secolo) la carica imperiale è per lo più nominalistica, visto che i signori feudali sono ben lungi dall’obbedirgli. Tanto che, in certi casi, alcuni signori feudali sono più potenti dello stesso re/imperatore.
Un’altra figura che collassa, nello stesso periodo, è proprio quella del Papa. La papessa Marozia ne è sintomo ed effetto dello stato di confusione e decadimento in cui versa la Chiesa.
C’è, quindi, un collassamento, in epoca medioevale, dei poteri universalistici.
Apriamo ora una parentesi sui poteri universalistici. Essi sono il Papato e l’Impero. Il titolo papale deriva dalla magistratura romana, che parla del Pontefice Massimo, cioè di colui che è il ponte tra i fedeli e le varie divinità (in epoca pagana); quello di imperatore anch’esso di derivazione romana. Sono poteri che riguardano tutti i cristiani, a prescindere da lingue e confini: perciò sono universalistici.
Questi poteri, tuttavia, nel corso dei secoli finiscono per insistere prevalentemente in porzioni di territorio definite, per cui lo Stato della Chiesa o Stato Pontificio avrà un’amministrazione e un ordinamento giuridico a sé stante, a differenza di altri regni che vanno a strutturarsi. È allora chiaro che la figura dell’imperatore che ha valore universalistico nel corso dei secoli si definisce in un ambito territoriale circoscritto. L’origine di questi poteri è, tuttavia, romana. Essi si appellano a tutta la cristianità.
L’imperatore Costantino convoca il Concilio dei vescovi a Nicea per definire che la religione cristiana è legittimamente riconosciuta dall’Impero Romano. L’imperatore romano è, quindi, anche capo della Chiesa.
Da ricordare anche la (falsa) Donazione di Costantino, un documento che porta la data del 30 marzo 315 d.C. E che attesta la donazione dell’imperatore Costantino a Papa Silvestro I° e ai suoi successori, di Roma, dell’Italia e dell’intero Occidente. Si trattò di una contraffazione avvenuta alla metà circa del VIII° secolo, svelata poi in tarda epoca medioevale da Lorenzo Valla.
Con quel documento la Chiesa voleva giustificare gli accordi che il Papato stava stringendo con i Franchi in modo da ottenerne l’aiuto contro i Longobardi decisi a intraprendere una politica di espanzione in Italia. Con la falsa Donazione il potere temporale del Papato aveva una base legale inoppugnabile alle proprie aspirazioni egemoniche. È interessante da notare che il falso fu scoperto grazie all’accurata analisi linguistica del latino con cui era composta la Donazione stessa. Il latino presente nel documento non poteva essere quello usato da Costantino. Si tratta invece di un latino molto più povero e rozzo, sicuramente non risalente all’epoca cui è datato.
Ma intanto i secoli erano passati e la Chiesa aveva “ereditato un ruolo così importante, nel bene e nel male. La Chiesa ha conservato e tutelato grossi pezzi della cultura, manipolandone anche le fonti, soprattutto della cultura latina. Ciò non toglie che anche la Chiesa abbia censurato quello che non le faceva comodo e abbia reinterpretato, con gli stessi canoni, la storia e la cultura di cui si è fatta conservatrice.
Ha, tuttavia, recuperato Aristotele piuttosto che Platone; l’opera di Tommaso d’Aquino è fatta rielaborando il pensiero aristotelico; la Chiesa, inoltre, ha reinterpretato la cultura pagana. La Chiesa rivendicava l’esclusività esegetica (dell’interpretazione corretta dei testi) in quanto unica in grado, in un mare di analfabetismo, di leggere e scrivere e di interpretare i testi. L’interpretazione, allora, apparteneva alla Chiesa che poi la offriva ai fedeli.
Ad esempio Platone parla del dominio delle idee, degli archetipi rispetto alla realtà. L’idea astratta è il modello a cui noi ci ispiriamo. Ora, San Tommaso d’Aquino ci dice che questa idea che sovrasta, condiziona e guida lo scibile umano, era Dio, un’idea travestita da nòmos, cioè da una nominazione diversa.
L’uomo, tuttavia, non essendo del tutto privo di capacità intellettuali aveva, comunque, compreso che dietro mascheramenti e mediazioni si celava l’esistenza di Dio. Quindi l’interpretazione che fa la Chiesa dei testi classici rappresenta uno sforzo titanico di rilettura dei testi pagani e politeisti che vanno ricondotti al monoteismo e a una rivelazione del divino attraverso forme diverse. L’analisi è cos’ capace, attenta e sottile da riuscire in gran parte. E questo riuscire con la gnosi, cioè con la conoscenza, a ricondurre ciò che non era cristiano alla cristianità è un’operazioneculturale immensa e significa mettersi alla prova con i propri strumenti culturali, con i propri mezzi intellettuali per ricondurre tutto alla visione cristiana. Un’operazione in cui è evidente la capacità di sussumere (riprendere) ciò che è diverso, ridargli una configurazione che conferma una volta di più la fondatezza della propria posizione culturale.
Tommaso d’Aquino, che per Dante sarà un faro, grande filosofo, nella sua Summa Teologica rimette in sesto tutte le nozioni derivate dal mondo antico riassumendole in una visione organica e cristiana. Da questa operazione culturale straordinaria, da questa fatica molto raffinata e colta, Dante trarrà ispirazione totale per scrivere la Commedia.
Quando Dante pensa all’Inferno, al Purgatorio e al Paradiso, ai multipli dei numeri, 3 cantiche per 99 canti totali (33 l’una) più un proemio, pensa alla significatività dei numeri. Tutto è costruito in maniera stupendamente allegorica sulla base della filosofia di San Tommaso d’Aquino.
Il Medioevo – quindi – è tutt’altro che oscuro ed insignificante, è un periodo storico dove succedono cose importanti e la sua riduzione a periodo negativo della storia umana lo si deve soprattutto agli uomini del Rinascimento e anche, in parte, del periodo successivo.
Certo, tra le cose critiche del Medioevo c’è la contrazione delle città, la perdita di ciò che la romanità aveva costruito, l’assottigliarsi della cultura, ma – di converso – quali opere d’arte ed architettoniche sono state costruite, quale grandiosità culturale è stata preservata? Si tratta di un mondo che riesce a concepire delle opere stupende in un contesto di arretratezza economica totale, riuscendo a r-esistere in quel contesto, rielaborando la cultura del passato, riadattandola in maniera miracolosa, riuscendo a mobilitare energie dove non c’è più energia. In un contesto in cui la vita media era bassa, si moriva di carestie e pestilenze, l’uomo è riuscito ad erigere cattedrali ed a rielaborare la cultura del passato, facendo del medioevo un’epoca per nulla oscura.
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