Che l’accartocciarsi su se stessa della questione meridionale non sia una novità, è cosa risaputa. Risaputa, ma con la quale si evita di fare i conti seriamente. Si preferisce lasciare che il Meridione rimanga terra di nessuno dove l’applicazione delle regole o della logica formale che andrebbe applicata in uno Stato moderno è impossibile. Da questa situazione ne guadagna il nord, non solo in termini di (vergognosa) propaganda politica (“noi siamo migliori, bravi ed onesti, i meridionali sono arretrati e corrotti….”) ma anche in termini economici: i capitali rastrellati al sud (via criminalità ed impoverimento) finiscono, miracolosamente, investiti al nord!
I dati sono questi. Intanto colpisce il fatto che il dato geo-economico parziale del Sud sia sotto di circa 500 €, in quanto a PIL, alla Grecia! Poi; negli ultimi 5 anni al Sud il PIL si è ridotto del 10%, a fronte di una flessione del 5,7% al centro-nord. Il centro-nord ha un reddito per abitante di 31.124 € annuo; il Sud 17.957 €, inferiore, come accennato, anche alla Grecia. I posti di lavoro persi negli ultimi 5 anni riguardano per il 60% il meridione. Il 26% dei nuclei familiari residenti al Sud è povero a fronte di una media nazionale del 15,7%. Ancora, al Sud sono a rischio povertà 39 famiglie su 100 contro una media nazionale del 24,6%.
Altre statistiche poi sono ancora più terrificanti: nelle regioni meridionali i giovani tra i 15 ed i 29 anni che non studiano, non lavorano e non si formano sono il 31,9% contro una media nazionale del 22,7%. In Campania la situazione è ancora più drammatica, parliamo infatti del 35,2% di giovani in questa situazione. Peggio fa solo la Sicilia col 35,7%. Il tasso di abbandono scolastico al Sud è del 21,2% contro il 16% del Centro-nord mentre le competenze apprese sono…. peggiori.
Le responsabilità di questa situazione disperata vanno ricercate nella classe dirigente nazionale, certamente, ed in quella meridionale in particolare, incapace di costruire qualcosa per i propri figli e nipoti che non sia di consumismo e mera accettazione dei modelli sociali dominanti. Tutto ciò assommandosi alla cronica questione meridionale che rimarrà tale per i prossimi decenni.
Intanto il governo pensa a 195 miliardi di € di nuovi tagli (vedi spending review) entro il 2014.
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