di Sergio Mauri
Lo Stato moderno è il punto terminale di un processo che tuttavia continua a evolversi e ha i suoi prodromi nel corso del Seicento con Hobbes e Locke e poi nel corso del Settecento con Kant. Ho citato di proposito questi tre autori poiché rappresentano al meglio quel processo di assolutizzazione che ha fatto dello Stato ciò che è e continua a essere. L’assolutizzazione dipende chiaramente dal soddisfacimento delle tipiche prerogative dello Stato stesso, come territorio, popolazione e apparato burocratico e soprattutto quest’ultimo in progressivo sviluppo, mentre cosa diversa è la forma di governo che si adatta, di volta in volta, alle esigenze di stabilità o meglio di riproduzione del proprio potere, nella sua forma peculiare. Di volta in volta, quindi, la forma di governo sarà più o meno democratico-liberale e, mentre oggi l’opzione monarchica come proposta di governo è del tutto fantasiosa, esiste l’opzione presidenzialista, che può ben rappresentare una torsione in senso decisionista, di diminuzione dell’azione parlamentare. L’oscillazione nell’ambito delle forme di governo, dunque, è tra un maggior peso del Parlamento e una inclinazione presidenzialista, sempre all’interno di una forma di governo genericamente liberal-democratica.
Tornando all’assolutizzazione dello Stato, la possiamo definire come la presenza indubitabile e indiscutibile di un tale apparato che riproduce sé stesso e si riforma nella misura in cui il cambiamento rafforza e allunga il più possibile la vita di tale organismo. Come ben sappiamo tutto deriva dallo Stato, non c’è nulla che possa cadere fuori dalle sue leggi e dai suoi controlli. Non esistono istituzioni con cui legiferare, se non subordinatamente come nel caso delle Regioni. Non esistono istituzioni che possano esercitare una forma di potere se non per delega esplicita dello Stato.