Dal libro di Gianni D’Elia: “L’eresia di Pasolini”, alcuni spunti stimolanti sull’omicidio e sul peso reale dell’indagine sociale e politica di Pasolini. L’ultimo periodo rappresenta uno dei nodi irrisolti del pensiero pasoliniano. La sua enunciazione, nella forma della constatazione del suo riscontro oggettivo, dà il senso del peso dell’enunciato e della sua pericolosità per coloro che detengono il potere reale, economico, in questo paese.
[…] La notte tra il 1° e il 2 novembre 1975 Pasolini è assassinato su uno spiazzo del Lido di Ostia.[…] Recentemente Pelosi ha ammesso che quel giorno non era solo con Pasolini, che altri avevano partecipato al pestaggio: “Erano in 3, sbucarono dal buio. Mi dissero tu fatti i cazzi tuoi e iniziò il massacro. Io gridavo, lui gridava…Avranno avuto 45, 46 anni, gli gridavano “sporco comunista”, “arruso” (frocio, ndr.), “fetuso”.
[…] Dunque, secondo la ritrattazione di Pino Pelosi in televisione (7/5/2005) l’omicidio di Pasolini è stato un atto premeditato e politico, non un delitto omosessuale, compiuto da più sicari. Ricomincia la ricerca dei vari colpevoli e dei mandanti, dei ricattatori che hanno imposto il silenzio e la menzogna per 30 anni.
Secondo il giudice Vincenzo Calia, che ha indagato sul caso Mattei, depositando una sentenza d’archiviazione nel 2003, le carte di “Petrolio” appaiono come fonti credibili di una storia vera del potere economico-politico e dei suoi legami con le varie fasi dello stragismo italiano fascista e di Stato.
In particolare, acquisiti agli atti, tutti i vari frammenti sull’”Impero dei Troya” (da pag. 94 a pag. 11 8) compreso il titolo mancante “Lampi sull’ENI”, che dall’omicidio ipotizzato di Mattei guida al regime di Eugenio Cefis, ai “fondi neri”, alle stragi dal 1969 al 1980, e ora sappiamo fino a Tangentopoli, all’Enimont, alla madre di tutte le tangenti. Troya è Cefis, nel romanzo, dal passato antifascista macchiato, e dunque ricattabile.
Calia ha scoperto un libro che è la fonte di Pasolini, un libro nato dai veleni interni all’ente petrolifero nazionale, pubblicato nel 1972 da una strana agenzia giornalistica (AMI), a cura di un fittizio Giorgio Staimez: “Questo è Cefis” (L’altra faccia dell’onorato presidente), morto nel maggio 2004. Pisolini ne riporta interi brani, ne rifà la parafrasi. […] Il lavoro di Calia è agli atti: il mandante possibile è in “Petrolio”. Il fascicolo di questo giudice coraggioso e sagace si trova presso il Tribunale di Pavia.[…]
Non di profezia si è trattato, ma di “un minuzioso e lunghissimo esame della legge generale dell’equivalenza delle merci e delle vite: un esame del potere dell’indifferenza ideologica e del “Nuovo Fascismo” tecnologico-consumistico-televisivo che, dopo aver conquistato il dominio sociale, ha oggi a disposizione in Italia e nel mondo anche la sfera pubblica dello Stato, di cui si è impossessato grazie a un consenso coartato e falsamente tollerante e liberale: un esame, con il coraggio di constatare la reificazione delle ideologie: la storia della Rivoluzione (promossa a personaggio, col suo contrario, in “Bestia da stile”) ormai rientrata nella univoca storia del Capitale – e cioè di un potere totale sopranazionale e globale, distruttore di ogni tradizione e di ogni sacralità della presenza umana”.
Sul web ci sono, inoltre, diversi aggiornamenti ed informazioni utili sulle indagini, sul giudice Calia, sui fratelli Borsellino, neofascisti romani chiamati in causa da Pelosi ed altro ancora.
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