Il governo attualmente in carica dice di essere l’opposizione al sistema: sarebbe il sistema che contrasta sé stesso. Ad un’affermazione del genere potremmo rispondere con un atto di fede che va oltre la dimostrabilità dell’affermazione stessa.
Lo schema dei governi d’opposizione e delle opposizioni al governo o che vogliono governare è stato abbondantemente testato in passato: fu il PCI a realizzarlo. Un partito che, gradualmente e con politiche “responsabili” nella direzione della redistribuzione del reddito quando ancora si poteva farlo, riuscì ad attrarre il voto di 1/3 degli italiani, a dare appoggi più o meno esterni a governi di “unità nazionale”, alla tenuta del sistema democratico.
Negli opuscoli che il PCI distribuiva a votanti, militanti e simpatizzanti si parlava ancora di “via elettorale al socialismo” ed altre astrazioni. Tutto ciò, nonostante già a Jalta si fosse deciso, in modo definitivo, che l’Italia non avrebbe mai conosciuto altro che il sistema capitalistico occidentale.
Quindi, non è un fenomeno nuovo quello del fideismo mal riposto dei subalterni verso le istituzioni politiche di riferimento. Esattamente come oggi in cui Salvini e Di Maio coagulano attorno a loro le speranze di un’Italia rancorosa e impoverita; speranze che – però – non avranno soluzione, poiché le compatibilità del sistema si orientano verso priorità diverse.
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