di Sergio Mauri
Manzoni pensa che l’Italia possa essere unificata da Carlo Alberto. Carlo Felice distrugge questa speranza. Manzoni scrive il suo romanzo in seguito alla disillusione e alla riflessione sui fatti italiani.(Risorgimento) Egli è convinto che la storia la facciano tutti, non solo i grandi, ma mentre questi ultimi vengono ricordati, gli altri passano inosservati.
Egli getta le basi del romanzo moderno italiano e dell’unità linguistica italiana. Rompe con l’unità aristotelica. Il suo romanzo a lieto fine è in un Italiano certamente moderno e leggibile ancora oggi. Giuseppe Parini, Pietro Verri e Cesare Beccaria sono i suoi punti di riferimento. Egli, autore romantico, è in linea con gli ideali scaturiti dalla Rivoluzione (libertà, uguaglianza, fraternità, patria ) ma con l’aggiunta della riflessione sulla sconfitta, sul limite, sulla fine di un processo. La Rivoluzione si razionalizza e non vuole andare oltre.
Manzoni pensa che per meglio imitare i classici bisogna farlo senza essere imitatori. Il romanzo ha una lunga gestazione. Inizialmente il romanzo è scritto in una lingua francesizzante, poi lombarda. Infine, lava “I panni in Arno” e trova la cifra definitiva per il suo romanzo.
Nel romanzo sono riportate le sfaccettature caratteriali e morali di tutti i personaggi. Manzoni è un aristocratico cattolico (giansenista, cioè di quel movimento religioso, politico, filosofico elaborato da Giansenio nel XVII secolo, fondato sulla constatazione che l’essere umano nascesse corrotto e, per non peccare, necessiti della grazia divina) che tuttavia non fa parlare direttamente i popolani mentre per le riflessioni profonde fa parlare solo i ceti elevati. La contrapposizione popolo-potere cosi come la purezza di Lucia sono mediati dal cattolicesimo.
Potremmo definire i Promessi Sposi come una telenovela dei tempi antichi; in effetti sul canovaccio del romanzo sono stati prodotti dei lungometraggi.
I sentimenti, anche all’epoca del Manzoni, sono quelli dei giorni nostri, ed egli li trasla anche a 200 anni prima. Il testo e quindi la forma della scrittura è molto descrittiva, in questo senso implicante uno sforzo del lettore di oggi che ha comunque delle difficoltà con le raffigurazioni ed immaginazioni a cui non è più abituato.
Dal romanzo di Manzoni si evince che i sentimenti umani sono rimasti quelli, ciò che è cambiato è la rete di relazioni sociali che caratterizzano l’uomo.
Il motore del romanzo è Lucia, promessa a Renzo e desiderata da Don Rodrigo. Tutto l’interesse del racconto è qui. Questo nonostante Lucia sia una modesta ragazza del popolo. Ma allora perché tanto interesse? Perché ella rappresenta l’ideale, il mondo come dovrebbe essere. E Don Rodrigo vuole riscattarsi attraverso Lucia.
La questione della lingua.
Il dibattito sulla lingua italiana inizia ai principi del 1300 con la De vulgari eloquentia di Dante Alighieri. Ebbe una fase acuta agli inizi del 1500 e riemerse a fasi alterne fino all’epoca del Manzoni che affrontò la questione della lingua dando una svolta alla questione. Egli lo fece per ragioni religiose, artistiche, civili e patriottiche. Egli si pone il problema di un linguaggio che sia fruibile da tutti, anche dai non letterati, inizialmente per unire spiritualmente gli italiani. Manzoni, inoltre, nella sua operazione guarda anche fuori dall’Italia accorgendosi che certi paesi hanno già una lingua nazionale riconosciuta, notando perciò una certa arretratezza del nostro paese. Ancora, egli si accorge che la lingua scritta è aulica e retorica, lontana dalla vita reale e che tuttavia il rischio è quello, parallelo, di ridursi al dialetto per rendersi comprensibile. Egli quindi, dopo una serie di esperienze, si orienta per il fiorentino parlato (non quello scritto della tradizione) nel quotidiano dalle persone colte. Si tratta di una grande rivoluzione, tuttavia non priva di contraddizioni, poiché il doversi adeguare ad un modello che riconduceva tutta l’Italia a Firenze presentava alcuni limiti ed imperfezioni.