E’ un libro interessante sulla cosiddetta “sfida” tra Islam e Occidente. Personalmente, come saprete, non sono d’accordo a chiamarla sfida poichè è impossibile un confronto tra tra categorie culturali, politiche, economiche non omogenee. E’ assolutamente semplificativo e, per non finire negli slogans, aggiusterei il titolo scelto dagli autori (e dagli editori) per il libro. Potremmo, probabilmente, parlare di conflitti, frizioni e scontri ai quali partecipano vari soggetti ma tentare di definire tutti coloro che sono di religione islamica e che si oppongono all’Occidente come martiri (termine misticheggiante) o assassini mi sembra foriero di impossibilità a comprendere. Ma lasciamo parlare gli autori.
1-Si tratta di una guerra tra occidentali atei. Ecco, questa è un’affermazione con cui mi trovo in linea. Sia Bush che Bin Laden (morto alla TV) sono figli della stessa società: usano gli stessi mezzi, sono il prodotto del medesimo sistema di produzione. Gli stessi mezzi sono: media, finanza, tecnologia, uso del simbolico. Soprattutto su quest’ultimo punto, se gli islamisti non conoscessero bene culturalmente il loro nemico, giammai potrebbero rapportarvisi in senso linguistico.
2-I martiri dell’Islam sono dei perfetti nichilisti: in questo senso sono vicinissimi ai loro nemici occidentali.
3-Dobbiamo far rispettare il nostro vivere sociale fondato sulla laicità, dicono gli autori; dobbiamo mostrarci inflessibili nel farne rispettare le regole. Personalmente credo sia già difficile far rispettare la laicità del nostro paese per ciò che concerne l’atteggiamento politico del Vaticano.
4-E’ necessario “imporre” un dialogo con quella comunità: non è giusto rigettarla per principio o per difficoltà o pregiudizio: tutto questo si ritorcerebbe contro di noi.
5-Bisogna insistere sulla caratteristica generalmente reazionaria di ogni religione. Anche se l’Islam non ha Chiesa e quindi dogmi in senso teologico, possiamo con certezza definire dogma (in senso filosofico) il pregiudizio su cui si fonda: che esiste un solo Dio e Muhammad è il suo profeta. Questo andrebbe già messo in discussione da un punto di vista religioso e teologico: quello dei cristiani per esempio.
6-E’ importante attaccare la religione sul suo punto debole, sostiene Lerner: la fede nell’immortalità delle cose, dell’ordine immutabile delle cose. Anche i musulmani devono – provandolo sulla loro pelle – comprendere i vantaggi del pluralismo laico in cui la spiritualità può essere un fatto privato ma non può divenire politica; soprattutto azione politica.
In conclusione, in questo libro soprattutto Lerner si dimostra anti-islamico, non facendo alcuna distinzione all’interno del mondo musulmano fra chi è interessato al dialogo e chi no. E’ una posizione strumentale che butta d’un colpo tutti i musulmani nel recinto degli estremisti. Perchè non si ha il coraggio di aprire un dialogo con quei soggetti non secondari della vita dell’Islam che hanno subito per primi l’oppressione dei califfi e degli ulama o degli imam corrotti: i sufi o i qadi (giudici) “eretici”? Sembra che né i cristiani né gli ebrei vogliano farlo.
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