di Sergio Mauri
Matematica e letteratura sono spesso considerate discipline separate, lontane. Infatti, fino alla fine del Medioevo quelle che noi chiamiamo materie umanistiche erano ritenute maestre di conoscenza e superiori a tutte le forme della scienza. Si riteneva che si dovesse studiare ciò che faceva l’uomo (creato ad immagine e somiglianza di Dio) mentre studiare il creato era considerato tempo perso. È dall’avvento della modernità e del capitalismo che cambia la visione del mondo. Ora l’uomo domina il mondo e si attua una separazione tra religione, arti e tutto il resto, tra emozioni e corporalità da una parte e scienze naturali e matematica dall’altra. È opinione diffusa che questa lontananza si sia accentuata nel ‘900, a causa della specializzazione e dei linguaggi sempre più esclusivi adottati, in generale, dalle discipline scientifiche. Tuttavia, con la rivoluzione delle geometrie non euclidee[1], col formalismo[2] e la crisi dei fondamenti[3], anche la matematica, come la letteratura, si occupa di pure creazioni del pensiero e i suoi metodi e concetti si basano sulla coerenza logica e formale e non sono legati obbligatoriamente alla realtà empirica.
Tra le due discipline gli spunti e gli arricchimenti sono importanti, visto che un matematico può ricavare delle idee nuove dalle storie narrate e collegate alla realtà e viceversa, uno scrittore o un matematico che opera in campo saggistico, possono ispirarsi non solo a storie di matematici, ma ai problemi matematici stessi per scandagliare la realtà d’interesse, spiegando i concetti astratti con linguaggi formali, per mezzo di termini del linguaggio comune e con immagini condivise pure da non specialisti.. Vi è poi la questione permanente del linguaggio scritto, del logo-centrismo, che domina nella nostra cultura. Ora ricolleghiamoci al passato.
Dante, appartenente alla corporazione dei Medici Speziali, è stato anche un grande divulgatore di scienza ed insieme a Galileo, ha diffuso le conquiste della conoscenza scientifica alla gente utilizzando il volgare. Quindi Dante, attraverso la poesia, e Galileo, attraverso i dialoghi (una forma di letteratura che aiuta a seguire le vicende come se si fosse a teatro) parlano di matematica e logica. Dobbiamo ricordare che in epoche remote si era tenuti alla multidisciplinarietà, ad una sorta di visione enciclopedica, al contrario della iper-specializzazione di oggi. Le conoscenze matematiche in Dante gli permisero di ottenere risultati stupefacenti nel proporre analogie e metafore che costituiscono ciò che qualifica e caratterizza le sue opere.
Nel Canto XXXIII° del Paradiso, in cui si parla del mistero dell’incarnazione, cioè di come una cosa ne possa rappresentare due contemporaneamente, nello specifico la natura umana e divina, Dante usa la geometria e dice che è difficile capire come risolvere il problema della quadratura del cerchio, cioè determinare le dimensioni di un rettangolo la cui area sia uguale a quella di un cerchio di raggio dato, quindi pigreco per raggio al quadrato, cioè un rettangolo di base r e altezza r. Dobbiamo pensare che nell’antica Grecia i problemi di geometria si dovevano risolvere attraverso delle costruzioni geometriche che prevedevano il solo uso di riga e compasso. Perciò la similitudine dantesca è notevole: egli ci dice che non è il problema ad essere impossibile da risolvere, ma siamo noi a non essere in grado di risolverlo con gli strumenti limitati che abbiamo. Allo stesso modo l’incarnazione di Cristo non è impossibile, ciò che è impossibile è capirla per una mente limitata come quella umana. Sempre Dante nel Convivio (1307) scrive che la gente deve desiderare di conoscere ed esprime nei confronti della geometria un’altissima opinione: “la geometria è bianchissima, in quanto è senza macula d’errore e certissima per sé”.
Galileo ha un sapere multidisciplinare: studente di medicina, si interessa di matematica. È musicista, critico letterario, pittore critico d’arte. La sua multidisciplinarietà emerge ne “Dal dialogo sopra i due massimi sistemi”, dove riesce a collegare varie tematiche scientifiche con uno stile dialettico molto lucido. In questo Dialogo, egli pone proprio il grande tema metafisico della conoscenza.
Giacomo Leopardi vede nella scienza un riferimento costante ed importante, già in tenera età, grazie alla biblioteca paterna. Nello Zibaldone critica la matematica per la sua incapacità a cogliere la complessità del mondo, ma esalta la matematica dell’antica Grecia, fatta soprattutto di dimostrazioni geometriche svolte con argomentazioni logiche. Una cosa, quest’ultima, molto più vicina al significato moderno di matematica che ancor oggi segue il modello ipotetico-deduttivo aristotelico[4] e la dimostrazione di un teorema segue i canoni della struttura logico-formale della geometria euclidea.
Nello Zibaldone Leopardi ribadisce la completezza dell’interdisciplinarità. Secondo lui un libro di scienza può essere giudicato anche come un’opera di alta letteratura e sostiene, ancora nello Zibaldone, che la sorgente dei poemi omerici e di Dante sia la stessa, applicata in campi diversi, di quella di Newton. Insomma, tutta la produzione scientifica per essere capita deve anche avere una dimensione narrativa.
Il ‘900 è stato il secolo delle avanguardie. In Italia abbiamo il Futurismo, movimento letterario, culturale e musicale del primo XX° secolo. Esso, oltre ad essere stato la prima avanguardia europea, influenzò altri movimenti affini in Francia e Russia innanzitutto, ma anche negli Stati Uniti. In Italia Filippo Tommaso Marinetti ne è il fondatore ed esponente principale. Il Futurismo è una risposta culturale ai grandi cambiamenti occorsi in quel periodo storico: dallo sviluppo tecnico ed industriale alla guerra, dagli sconvolgimenti sociali alle comunicazioni. Esso si collega direttamente a fenomeni quali l’urbanesimo, la società di massa, lo sviluppo tecnico, esprimendo un bisogno di rottura, un vitalismo che è anche partecipazione alla situazione di cambiamento.
Arriviamo quindi a Pirandello. Bisogna premettere che tra fine ‘800 ed inizi del ‘900 si hanno importanti ripensamenti e rivoluzioni nei concetti fondamentali che innervano le discipline scientifiche, in particolare in matematica e fisica. Relatività[5] e meccanica quantistica[6] da una parte (per la fisica) e rivoluzione delle geometrie non euclidee ci dicono che gli oggetti (enti primitivi) e le proprietà (gli assiomi) che sono alla base di una teoria matematica si possono inventare, sono creazioni del pensiero, al di là del fatto che siano veri. L’importante è che non siano contradditori. Perciò in matematica assistiamo alla possibilità di scegliere fra diversi sistemi di assiomi. Ed eccoci a Pirandello, per il quale il vero assoluto diventa una più modesta verità relativa che non è più qualcosa di unico, necessario e universale, ma è relativa alle premesse. I personaggi pirandelliani possono essere immaginati come in una sovrapposizione di stati che si rivelano diversamente ad ogni osservatore. Un relativismo che aderisce alla nuova fisica e alla nuova matematica.
Nell’incapacità di riconoscere una verità il matematico potrebbe scorgere il Teorema di Indecidibilità di Gödel del 1931 in cui si evidenzia l’impossibilità di fare una distinzione fra un’affermazione e la sua negazione. Abbiamo pure altre analogie, per esempio quelle che si riferiscono alla meccanica quantistica. Secondo quest’ultima, un elettrone è particella o onda in quanto si rivela l’una o l’altra a seconda del processo di misura utilizzato. Le particelle della meccanica quantistica si trovano di per sé in uno stato indeterminato o in una sovrapposizione di stati finché non c’è un osservatore che col suo processo di misura (che perturba il sistema) ne rivela uno tra i possibili. Quindi, onda o particella? Una delle due. Però la fisica quantistica ci dice che l’elettrone è di certo una particella, ma si può anche comportare come un’onda in certe circostanze. Pirandello è una preziosa fonte di metafore e analogie con cui capire e spiegare l’evoluzione della matematica e della fisica. Anche in Italo Svevo abbiamo l’intrecciarsi di tematiche scientifiche all’interno dell’opera letteraria. L’inattendibilità dei personaggi sveviani, la loro mancanza di una coerente, non mistificatoria e lucida visuale, riflette bene lo sconvolgimento scientifico dei primi anni del Novecento. In Senilità, Emilio Brentani è portatore di una falsa coscienza e si costruisce di continuo maschere e alibi per auto-ingannarsi sui propri atti. Inattendibilità che viene denunciata dal narratore esterno, ancora capace di distinguere tra vero e falso.
Nella Coscienza di Zeno, la figura del paradossale protagonista assomiglia ad un inetto mobile, fluido e inafferrabile che assomiglia sempre più alle particelle quantiche. In questa figura, verità e menzogna, salute e malattia si compenetrano. Nella Coscienza di Zeno, l’onniscienza del narratore esterno viene meno ed è sostituita da un narratore interno. Si tratta di un romanzo autobiografico. L’inattendibilità di Zeno narratore viene denunciata subito dalla prefazione del Dottor S., secondo il quale il memoriale è il tentativo di giustificarsi e reprimere i sensi di colpa nei confronti del padre. Il soggetto cosciente, quindi, non è più in grado di distinguere la realtà che lo circonda senza alterarla in modo irrimediabile. L’abbandono finale da parte di Zeno di un’esistenza rigida e immutabile e la mancanza di un punto di riferimento fisso per un osservatore esterno sono gli elementi che richiamano la profonda crisi della scienza di quegli anni. Il protagonista, nel nuovo mondo in cui si trova a dover vivere, abbandona l’idea della stabilità e si adatta al nuovo mondo fondato sul cambiamento e la dinamicità.
Anche per Italo Calvino la scienza è un repertorio di nuovi temi e storie da raccontare. Per Calvino la matematica riveste un ruolo importante soprattutto nel calcolo combinatorio, un metodo per generare molte variazioni partendo da un numero limitato di elementi di base. Uno strumento tecnico che è al tempo stesso concettuale e filosofico. Calvino lo usa come uno strumento narrativo e di creatività. A questo proposito è utile ricordare la sua partecipazione al gruppo dell’OULIPO (Ouvroir de Litterature Potentielle), che si proponeva riflessioni creative, uno stretto rapporto con la matematica e le sue strutture formali ipotetico-deduttive che, a quel tempo, venivano studiate da un gruppo di matematici che operavano sotto lo pseudonimo di Bourbaki. In analogia e parallelo a questo sforzo il gruppo della letteratura potenziale ricercava moduli di base, strutture e regole di costruzione narrativa da utilizzare in letteratura. Insomma, un sistema razionale che beneficiava degli strumenti logico-matematici ed informatici, fino all’uso di processi iterativi o per approssimazioni successive. Altri autori contemporanei hanno tratto ispirazione dalla matematica per le loro opere. Vanno qui citati Umberto Eco[7], Josè Saramago[8], Marco Malvaldi[9] e Paolo Giordano[10].
[1] Si parla in particolare della geometria ellittica e di quella iperbolica che vanno oltre il V° postulato di Euclide (“se una retta che taglia due rette determina dallo stesso lato angoli interni minori di due angoli retti, prolungando le due rette, esse si incontreranno dalla parte dove i due angoli sono minori di due retti”) che non poteva essere dimostrato.
[2] Indirizzo di ricerca sviluppatosi, nell’ambito della logica matematica, in seguito agli studi compiuti sui fondamenti della matematica che, nella sua accezione moderna, è formale poiché nella sistemazione di una teoria è eliminato il ricorso all’intuizione.
[3] Periodo di crisi degli inizi del XX° secolo in cui la matematica viene minata alle radici ritenute indistruttibili fino al secolo XIX°. Il manifestarsi di questa crisi non è casuale, ma è la conseguenza dei risultati ottenuti nel corso del XIX° secolo.
[4] Consiste nel partire da poche affermazioni (assiomi) e dimostrare, per mezzo di determinate regole logiche di ragionamento, tante altre affermazioni, dette teoremi.
[5] Insieme di teorie basate sul principio che la forma delle leggi della fisica debba essere invariante al cambiamento del sistema di riferimento.
[6] È la teoria della meccanica attualmente più completa, in grado di descrivere il comportamento della materia, della radiazione e le reciproche interazioni con particolare riguardo ai fenomeni caratteristici della scala di lunghezza o di energia atomica e subatomica, dove le precedenti teorie risultano inadeguate.
[7] In Opera aperta c’è la teoria dell’informazione che si basa sul metodo matematico; nel Pendolo di Foucault troviamo una pagina intera sul pigreco; nel Nome della rosa, l’uso dell’astrolabio e calcoli astronomici; in L’isola del giorno prima, lo scritto si uniforma secondo una struttura simmetrica matematica in cui troviamo anche calcoli sui paralleli e meridiani; ne La ricerca della lingua perfetta si cita l’arte delle combinazioni.
[8] I suoi romanzi esprimono in letteratura lo spirito delle geometrie non euclidee. Egli prova a verificare, con deduzioni logiche, cosa accadrebbe se modificassimo qualche assioma su cui si basa la nostra società. Inserendo un aspetto nuovo, anche impossibile, ogni conseguenza sarà dedotta con rigore logico divenendo accettabile. In L’uomo duplicato nega l’assioma di individualità o specificità di ogni essere umano.
[9] Parla del concetto matematico di caos nel suo Caos – Raccontare la matematica.
[10] Parla di matematica del contagio in questo articolo pubblicato da Il Corriere della Sera: https://www.corriere.it/cultura/20_marzo_23/paolo-giordano-nuovo-libro-nel-contagio-abe8a810-6ce6-11ea-ba71-0c6303b9bf2d.shtml