Il modello di sviluppo che noi abbiamo accettato, prima solo nella prassi inconsapevole di ogni giorno, poi anche come obiettivo esistenziale e razionalizzato, lo è stato nella misura in cui ci prometteva l’uscita dalla miseria. Questo modello è stato imposto attraverso l’adesione forzosa (anche grazie all’uso della TV la cui responsabilità, in questo senso, è enorme) ad esso. La TV non certo come mero “mezzo tecnico”, ma come strumento del potere e potere essa stessa. La TV non è solo un luogo attraverso cui passano i messaggi, ma anche un centro elaboratore degli stessi. E’ il luogo dove si concretizza una mentalità che altrimenti non si saprebbe dove collocare; una mentalità che aderisce alle norme (illusionistiche) della “produzione creatrice di benessere”. Oggi, questo benessere del tutto fondato sull’abbondanza di oggetti, sulla mera materialità, è in via di evaporazione.
Tuttavia, saremmo veramente in grado di (continuare a) realizzare le promesse di questo modello di sviluppo? Certo che no. O lo realizziamo materialmente solo in parte – diventandone noi stessi la caricatura – o non riusciamo a realizzarlo che in misura così minima da diventarne vittime. Frustrazione, nevrosi, sono stati d’animo collettivi, malattie sociali. L’ecosistema è prossimo al collasso. Il nostro modello di civilizzazione, sclerotizzato, non è in grado o rifiuta di emendarsi. Né coloro che hanno i mezzi economici e intellettuali, né quelli che ne sono sprovvisti sembrano riuscire ad elaborare un sistema di vita collettiva, di socialità (perché di ciò si tratta) differente da quello che ci ha portati all’impasse che stiamo vivendo.
È probabile che il processo che ha portato la nostra società ad essere così individualista, egoista, edonistica, così chiusa in una dimensione privatistica, non sia semplicemente la realizzazione casuale di una ipotesi storica equivalente ad altre, ma piuttosto il naturale esito di un lungo percorso che, dal dopoguerra, grazie ai mezzi resi disponibili dalle economie di scala e dal forte processo di finanziarizzazione, abbia realizzato quel tipo antropologicamente dedito alla propria soddisfazione personale ed esclusiva che, tuttavia, proprio oggi ci sembra così nevrotico e privo di baricentro spirituale come non mai.
I tempi stanno cambiando velocemente. È perciò ovvio che le nostre abitudini dovranno giocoforza cambiare, indirizzarsi su ciò che è necessario a scapito di ciò che è superfluo e, visto che i prossimi lustri sono tutti all’insegna del ridimensionamento, batterci nella società per la produzione di merci necessarie e per l’attuazione di piani economici necessari. Per questo dovremo scendere in piazza. Sanità, Scuola, Lavoro, Casa contro telefonini, automobili, vestiti firmati.
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