Credo che questo libro sia il più esaustivo sulla Trieste moderna, sulle ragioni per cui qui si sono scontrati fascismo ed antifascismo, sul movimento comunista e dei lavoratori. Una trama in cui “tutti i fili s’intrecciano”: i comunisti italiani e lo Stato che avrebbero di lì a poco contribuito a ricostruire; i comunisti sloveni e quelli jugoslavi con le loro contraddizioni e cupidigie; l’URSS e Stalin con i loro progetti; gli alleati con le loro necessità di contenimento del blocco socialista e di battere il mostro nazifascista. E così via.
Si; secondo me si tratta del libro più importante, storicamente parlando, sulla Trieste del ‘900 e soprattutto sul periodo della 2^ Guerra Mondiale e degli anni immediatamente successivi e sui rapporti politico-sociali tra italiani e sloveni.
Un testo che ci spiega come, nella Venezia Giulia, chiunque voglia impostare una politica che “cambi le cose” debba partire dalla formulazione di una proposta politica seria tra italiani e sloveni. Questo è un assioma che non verrà meno se non con il dissolversi di entrambe le entità nazionali.
Non è un caso, infatti, che prima, durante e dopo il secondo conflitto mondiale molti passi siano stati compiuti in questa direzione, con risultati alterni, da tutte le forze politiche che intendevano giocare un ruolo efficace e duraturo nell’area: da destra a sinistra, centro incluso.
Si tratta di un libro che parla anche dell’Europa di oggi, dove nessuno dei cittadini del continente può prescindere dagli altri e da coloro che vengono in Europa per viverci, pur non essendo europei.
Due parole ancora su questo libro fondamentale e sul suo autore. Dopo la fine dell’esperienza dei 42 giorni di Tito a Trieste e lo scontro tra stalinismo e titoismo, con la presa di posizione del PCI in favore di Stalin, cultminato poi nella rottura del 1948, Ursich perde gradualmente una posizione di rilievo nei fatti triestini ed in quelli sloveni, in parte per scelta personale.
A Trieste, peraltro, con l’avvento del PCI vidaliano, fortemente allineato sulle posizioni staliniste, tutto ciò che è sloveno e jugoslavo viene osteggiato, combattuto, osteggiato. Risulta particolarmente interessante, allora, riprendere in mano un testo così corposo e pieno di dati e riferimenti non solo di parte slovena e jugoslava, ma anche italiana, che ci racconta così bene quel periodo fatto – anche – di maneggi da parte di Stati terzi rispetto all’Italia e alla Jugoslavia.
Una storia sepolta, in gran parte invisibile, che tuttavia questo libro riesce a rendere non solo interessante, ma anche avvincente. Una storia, infine, che restituisce tutta la lunga, ed ormai insopportabile, guerra sotterranea fra le componenti nazionali ed ideologiche dell’estremo nordest italiano.
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