di Sergio Mauri
Nota: con questo scritto ho vinto il III° Premio del Concorso-Borsa di studio Igor Slavich 2020.
“Ok boomer!”. Se non hai mai sentito questa affermazione, allora probabilmente il “boomer” sei tu! Stiamo parlando del meme nato sul web nel novembre 2019 e che si è propagato dalla piattaforma d’origine “Tik Tok” a Twitter, tracimando poi su “Youtube” ed altri Social media. Originariamente, a dire il vero, si trattava di un video postato su “Tik Tok” in cui si vedeva un signore di mezza età (o “diversamente giovane”) criticare con toni paternalistici i giovani della Generazione Z, cioè quelli nati dal 1995 in poi, che egli definiva come “affetti dalla sindrome di Peter Pan”. Il signore maturo apparteneva alla generazione dei “Baby boomers”, cioè quella nata dal 1945 al 1064, quindi a secondo del conflitto mondiale appena concluso, che avevano potuto usufruire di tutti i benefici della ricostruzione post-bellica, “Welfare State” incluso, e che, negli ultimi anni sono stati attaccati in quanto privilegiati privi di scrupoli che lasciano in eredità alle giovani generazioni un pianeta inquinato, con differenze sociali sempre più ampie ed un sacco di questioni etiche irrisolte, dal razzismo al sessismo, passando per l’intolleranza verso le questioni LGBT. Ecco dunque spiegato il meme, che nasce nell’ambito dell’anglosfera e si propaga nei paesi dell’Europa del Nord, maggiormente “English-friendly”, lasciando un po’ indietro i paesi neolatini come l’Italia. Ci troviamo di fronte, quindi, ad una classica polemica fra generazioni, combattuta a colpi di “hashtags” e video virali, piuttosto che, come nel 1968, con cortei, molotov e, talvolta, qualche scontro di piazza.
Tuttavia, al di là di questa prima e visibile differenza tra il presente e il passato, vediamo di capire meglio il fenomeno “Ok boomer”, le sue ragioni, i suoi perché, i suoi scopi (se esistono). Inizierei col definirmi piuttosto scettico riguardo l’importanza sia quantitativa che qualitativa d questa “guerra di meme”, di cui peraltro il web è pieno, perché non credo che questo tipo di battaglie si possano combattere sul web. Il web. Il web, infatti, nasce come sistema di comunicazione tra imprese, quindi con scopi prettamente economici, in particolare per connettere il sistema finanziario, ovvero sostanzialmente Wall Street con le aziende statunitensi. Ecco un primo indizio di ciò che andrò a sviluppare poi: la rete Internet è un’infrastruttura essenzialmente americana che pervade il mondo occidentale. Vi sono poi nel mondo anche altre reti, quella russa e quella cinese, che non solo sono reti sovrane esattamente come i rispettivi Stati di appartenenza, ma possono anche intersecarsi rispettivamente laddove uno Stato non vede il proprio interesse geopolitico leso dal competitore. Per infrastruttura, inoltre, intendo un qualche cosa di molto fisico, come le migliaia di tonnellate di cavi in fibra ottica passati lungo le autostrade o sui fondali marini intra-oceanici o, ancora, le antenne ripetitrici di segnali telefonici che spesso costellano i profili delle nostre città.
Le piattaforme web che riempiono lo “spazio virtuale” dell’infrastruttura Internet (Facebook, Twitter, Instagram, Tik Tok, ecctera) sono, inoltre create, sempre in ambito statunitense, in unione non solo con i classici vecchi computer da tavolo, ma soprattutto con lo sviluppo di strumenti portatili, multifunzione, dal design accattivante e piacevole al tatto, adatti alla personalizzazione individuale: gli smartphone. La differenza di “Ok boomer”, come di ogni altro meme o fake (news) è esploso proprio grazie a questi strumenti rivoluzionari, a partire dal 2010-2011, data dalla quale è iniziata l’ascesa finanziaria dei social, oggi un’industria a tutti gli effetti. Tuttavia, ciò che intendo qui sottolineare è che l’industria social, al pari delle ricerche sull’industria stessa, si orienta sulla generazione di stimoli e attese di risposta agli stimoli stessi. Non solo: ogni cosa che facciamo sui social, le nostre ricerche su Google, o le nostre attività sullo smartphone vengono trasformati in un dato numerico (in molti dati numerici) che finisce in enormi database delle rispettive piattaforme, fuori dal controllo dei paesi che non siano gli Stati Uniti d’America, e senza alcuna garanzia concreta che non possano essere usati per scopi non banali. Nel caso di Tik Tok, abbiamo la certezza che una copia dei dati (profili) degli intenti finisca in Cina (Tik Tok è una piattaforma cinese), ma è altrettanto certo che una volta condivisi su certe piattaforme occidentali vengono registrate pure dall’altra parte dell’oceano. Ogni video, foto o post contiene dei dati che fanno risalire al profilo dell’utente.
Per quanto riguarda gli scopi non banali, purtroppo e differentemente dalle aspettative di libertà che Internet aveva promesso, oggi abbiamo la certezza che questa infrastruttura venga usata per due fondamentali scopi: la compravendita di beni e servizi e il controllo sociale. Torniamo ora alle questioni riguardanti il meme “Ok boomer” e ai quesiti a cui volevo rispondere. Le sue ragioni sono reali o in qualche modo alterate? Io propenderei per quest’ultima ipotesi: le ragioni sicuramente ci sono, ma sono state ingigantite dagli algoritmi della “macchina”, fondati sui principi di competizione, gerarchia e status sociale di ciò che viene postato e condiviso sul web. Se un meme, un post o un video hanno riscontro vengono spinti dalla “macchina” stessa. Perché? Qui passiamo alla seconda domanda che mi ponevo e che riguardava i suoi perché. Perché la macchina spinge i più forti, quelli che hanno maggiore visibilità e ne guadagnano esponenzialmente? Perché dove ci sono più visitatori, lì si possono piazzare le inserzioni pubblicitarie che le aziende pagano profumatamente, secondo un’adeguata targhettizzazione degli obiettivi. Per fare un esempio, il profilo di Trump su Twitter, vale circa due milioni e mezzo di dollari! Ed ora passiamo al terzo quesito, quello riguardante gli scopi: quali sono se ci sono? Gli scopi sono commerciali sicuramente, come quelli sopra menzionati, ma possono anche essere, come è veramente stato, di indirizzo del dibattito politico. Infatti, la stampa anglofona ci si è buttata a pesce, attribuendo contenuti di sinistra alla critica che i giovani della Generazione Z facevano agli anziani Baby-boomers. Questa critica poi si sommava a quella che vedeva nei Fridays For Future una più completa e puntuale messa in dubbio del modello socioeconomico che i più giovani si trovano ad ereditare e senza grandi strumenti di correzione su cui far leva se non un forte, sincero e sentito appello morale. Tuttavia, anche qui, sarà per il fatto di non essere più giovanissimo, sarà per il fatto che ancora sento riecheggiare le critiche dei miei genitori riguardo i miei privilegi rispetto ai loro, rimango piuttosto tiepido verso gli scontri generazionali, verso ciò che succede sul web e verso le categorizzazioni assolutistiche del tipo “i vecchietti hanno sbagliato tutto e non sono più in grado di interagire col mondo” e “i ragazzi sono dei debosciati che fanno una vita alienata da social network e si rincitrulliscono tutto il giorno con i videogames”. Sarà che faccio mia la massima di La Rochefoucauld che sostiene che “i vecchi sanno dare solo buoni consigli perché non sono più in grado di dare cattivi esempi”, ma credo che la questione non sia quella “giovani vs vecchi”, ma piuttosto quella di garantire alla specie umana un futuro giusto e dignitoso, per tutti, vecchi o giovani, occidentali e orientali, bianchi e neri. Dirò di più: credo che al moralismo dei più anziani si sia solo contrapposto specularmente quello dei ragazzi che misurano l’altro solo in base alla sua capacità di stare al mondo, al suo ridere di un meme o nel saperlo creare, o ancora nell’essere così post-ideologico dal confondersi con la melasso indistinta a cui ci ha ridotti il neoliberismo.
Ok zoomer! L’importante è che tu non faccia affidamento solo a quella enorme “skinner box” che sono i social, ma riesca a costruire delle buone relazioni sociali. Mi fermo per non scivolare nel buon consiglio. E ricorda, caro zoomer, che se nessuno ti ha mai chiamato così, allora lo zoomer sei tu!