Diversamente: le nostre parole sono esenti da pregiudizi? Posta così, la domanda è impegnativa, la risposta non potrà essere esaustiva, ma sicuramente ci farà riflettere. La giornalista Monica Zornetta, nel video di presentazione del suo libro su Ludwig, giudica già dalle prime battute i due protagonisti del criminale sodalizio, definendoli “ricchi e colti eppure criminali”. Premetto che questa non è una recensione del suo lavoro. La Zornetta è una giornalista brava e famosa nel Veneto per essersi occupata di Felice Maniero e della Mafia del Brenta; sotto l’ala protettrice di Carlo Lucarelli, continua la sua attività d’inchiesta ed aggiornamento della storia locale e nazionale che leggo volentieri e consiglio anche a voi di leggere.
Ciò che mi interessa qui, però, è quell’eppure contenuto nella sua frase. Dalla sua impostazione si intuisce in lei (o forse lei lo attribuisce al pubblico e decide di assecondarlo) una imbarazzata constatazione nel confermare l’ossimoro composto da ricchezza e cultura che, per l’appunto, non starebbero insieme al crimine. Perché una persona ricca non ha bisogno di infrangere la legge per ottenere ciò che vuole? Oppure; perché la ricchezza che compra la cultura non renderebbe necessario il delinquere? Quell‘ eppure sottolinea la bizzarra connessione, la mostruosa creatura di raffinata ferocia assassina. Va bene, lo hanno detto tutti, ma siamo sicuri sia così? In realtà, la sua affermazione impreziosita da quell’ eppure, va a ripristinare (conformisticamente) l’ordine delle cose che consiste nel dare per scontato che agiatezza e cultura non possano convivere con l’efferatezza criminale e qualora lo facessero, sarebbe uno scherzo di natura, un deragliamento dai binari naturali su cui viaggia il mondo. Un indiretto omaggio al potere, per quanto esso necessiti veramente di omaggi e conferme che non siano continue genuflessioni ad una divinità imprevedibile.
Io credo, invece, e rispondo alla domanda che mi sono posto due periodi fa, che la cosa stia all’esatto opposto, ovvero: “…[particolarmente] ricchi e colti e proprio per questo, criminali”. Ora, direte voi, passiamo da un’opposto all’altro. Non ci sono le prove della dedizione particolare delle classi abbienti a questioni criminogene. In effetti non sarebbe giusto attribuire ad una sola categoria o classe di persone certe facoltà in maniera esclusiva, come nemmeno a certe altre la facoltà di rubare, stuprare o fare la guerra o gasare il prossimo. Ma sulla vicenda Ludwig c’è un marchio particolare, non si tratta di una rapina in villa finita male, né di un sodalizio atto a sfruttare la prostituzione o a clonare i postepay. Si tratta, invece, di azioni premeditate, organizzate nei dettagli, corroborate da una visione ideologica della vita, in breve da moventi chiari ed esecuzione spietata, dove la dimensione sadica prevale sull’insieme. Il nazismo sta alla borghesia europea come l’acqua al ghiaccio: basta la giusta temperie e lo stato fisico si modifica. E’ per questo che esso parla di superiorità e non di giustizia e, mentre odia i sottomessi ne prepara l’eliminazione. Tanto chi rimpiangerà mai un essere umano bollato di indegnità sociale, come una prostituta, dai suoi stessi clienti abbienti o un barbone ai margini della vita sociale?
Si tratta della solita riedizione del rapporto di potere, fondamentalmente e fatalmente sadico. Esattamente come in De Sade, dove i 4 protagonisti delle 120 giornate di Sodoma sono proprio dei potenti ed abbienti, in grado di affrontare un testo filosofico o di alta letteratura: un duca, un presidente di tribunale, un vescovo e un banchiere. Praticamente il braccio secolare del potere, persone che possono tutto scatenate contro persone che non possono nulla. Ed è proprio su questo che andrebbe posto l’accento, sul potere legato alla ricchezza, invece che su quell’eppure quando si indaga il rapporto fra ricchezza e violenza.
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