- Prisma. Nonostante fin qui abbia dato l’impressione (e lo penso veramente) di voler sostenere che la conoscenza della realtà, da parte del Potente, sia non solo limitata ma ,in fin dei conti, improduttiva, le difficoltà che essi possono incontrare nell’azione sono anche superiori. E’, infatti, per questo che a volte troviamo dei Potenti che sostengono la tattica del non agire, in attesa che i problemi si sciolgano da soli. Ma pure questa tattica, anche se talvolta può risultare oculata, a lungo andare deve essere abbandonata per l’azione. Non esiste Potente che possa fondare il proprio Potere unicamente sull’immobilismo. Il ruolo del Potente é inquadrato nell’azione, nel prendere decisioni, nel governare. Soprattutto in una società in continua e talvolta assai veloce trasformazione come quella contemporanea. In fondo, anche la tecnica dell’inazione si traduce in una azione e, per lo più nel permesso di agire degli altri, Potenti o non Potenti. In sostanza l’obbligatorietà all’azione a cui sono in un certo senso condannati altro non fa che rafforzare il mito che li vede come dominatori della realtà, mentre essi sono semplicemente degli uomini che aggiustano il tiro, provano e riprovano finché non inquadrano il problema e, con un pò di fortuna o buon senso riescono a limitarne i danni.
- Uno dei primi limiti della loro azione risulta dall’impossibilità di padroneggiare tutte le organizzazioni esistenti. I Potenti subiscono un certo grado di condizionamento da parte di altri Potenti e altre organizzazioni, sia nazionali che internazionali che sono l’espressione del polimorfismo della società. E’ impossibile che l’ambiente in cui i Potenti si muovono non sia competitivo: mai si é dato nella società umana che essa non sia stata improntata alla lotta e alla rivalità. Il principio di interdipendenza fra le forze sociali, economiche e politiche ha come corollario il fatto che non esiste alcun Potente, anche quello PIU’ Potente, che non sia condizionato nelle sue scelte da altre forze, opposte, concorrenti, talvolta persino alleate. La dimensione quantitativa, l’estensione di una forza non sono garanzia immediata di potenza. Piccoli Potenti o nazioni limitate nell’estensione e nella loro componente numerica a volte hanno causato enormi conflitti e notevoli grattacapi a nazioni o Potenti di maggiori dimensioni. Il settore economico é quello dove maggiormente si manifesta l’interdipendenza. Essa, peraltro, è lo strumento che favorisce la ricchezza più di ogni altro. La chiusura di una comunità genera al contrario miseria. Proprio su questo tema, come saprete per esperienza diretta, sono continue le discussioni e i riverberi mediatici, fra sostenitori dell’”autarchia” (di un tipo aggiornato ai tempi correnti) e coloro che, al contrario, intendono aprirsi all’esterno ed allargare il proprio ambito d’azione. Non passa giorno che non si denuncino i danni che produrrebbe “l’altro da noi” inteso unicamente come minaccia a posizioni di privilegio raggiunte. Altrettanto discutibili sono le posizioni di coloro i quali tendono, per temperamento e cultura, all’accettazione di un’apertura senza regole o “auto-regolata”.Un altro aspetto importante da valutare è che le organizzazioni del Potere, per quanto possano estendersi, non potranno mai coprire l’intera complessità sociale. Una società sviluppata ha al suo interno una serie di differenziazioni, variegazioni sociali, a volte generanti delle concrete contrapposizioni fra gruppi e classi che é impossibile ridurre ad una unica dimensione e volontà. Non esiste monolitismo, nemmeno in una società dittatoriale. Ogni realtà umana organizzata per quanto apparentemente unitaria, se guardata da vicino, esibisce una serie vasta di diversificazioni in base ad inclinazioni, preferenze, interessi. E questo è valido non solo nelle società democratiche, ma pure in quelle cosiddette totalitarie. In questo senso è bene ricordare quante e quali furono le lotte, sia all’interno che verso l’esterno, negli apparati burocratici, militari, industriali in contrapposizione tra loro nel Terzo Reich come durante il Fascismo o sotto lo Stalinismo. Senza poi contare le contrapposizioni che sfociarono in lotte aperte, sul piano religioso o di classe.Discende, pertanto, che è meglio chiedere diversificazione e pluralismo, affinché il Potere sia ragionevolemente circoscritto e “calmierato”. Articolare e promuovere le differenze si accompagna meglio col principio di libertà, rispetto a ciò che mediamente si pensa. E’ altresì chiaro che, questa lotta contro una pericolosa e limitante omologazione al Potere, deve anche esercitarsi nei confronti di una politica che crei nemici interni ed esterni, poiché essa é lo strumento per limitare la libertà di tutti.
Per una democrazia responsabile. (2)
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