Per una democrazia responsabile. (4) Economia e potere.

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Prefigurazione del libero commercio.

La connessione tra economia e governo è profonda, come vi risulterà facile intuire. Tutti i governati chiedono un miglioramento del benessere ed esso è possibile solo limitatamente e dipendentemente da fattori quali la produzione, gli scambi, gli investimenti, i consumi. L’interdipendenza fra gli Stati e quindi fra i Poteri è mondiale e ciò significa che una cosa che succede in un luogo non può mancare di avere delle ripercussioni in tutto il pianeta, in forme ovviamente differenziate. In un contesto di coinvolgimento globale, l’autarchia è un sogno molto costoso. Le leggi del mercato internazionale sono in grado di sfuggire ai controlli degli stati nazionali tanto quanto delle entità sovranazionali. Unito a questo, bisogna notare che fattori economici quali il prezzo delle materie prime o delle fonti di energia, sono in grado di avere delle ripercussioni profonde sugli Stati che, pur subendole, hanno, mediamente, delle capacità ridotte di contrastarle. Stesso discorso va fatto per i rapporti di cambio che possono essere regolati solo in parte e controllati ancora meno. Un deficit prolungato della bilancia dei pagamenti, similmente, per essere corretto deve necessariamente addebitare dei costi ad un governo: riduzione dei consumi interni, prestiti esteri, svalutazione. Una diminuzione della produttività, cosa facilmente riscontrabile in qualsiasi apparato produttivo (infatti essa deve continuamente essere obiettivo del sistema economico) colpisce inevitabilmente le esportazioni. Una crescita esagerata dei salari rispetto alla produttività produrrà inflazione e disoccupazione. Al contrario, una eccessiva compressione dei salari crea una diminuzione dei consumi e, conseguentemente, della produzione atta a soddisfarli.

Quindi, i Potenti, si trovano a dover affrontare questo tipo di dicotomia: da una parte essi non possono controllare e regolare automaticamente e totalmente il settore economico; dall’altra e proprio per questo, essi devono agire in qualche modo per evitare che i fenomeni economici creino degli squilibri deleteri per l’intera società, mettendo a repentaglio il loro stesso ruolo.

Da molte parti oggi si sostiene che è il Potere economico e dettare legge agli altri Poteri. Questa affermazione è indirizzata al Potere politico, oggetto di strali sistematici e modaioli. Ma, nonostante il Potere economico sia in grado di comprare e corrompere e pur essendo vasto in dimensioni sebbene limitato in assoluto, è erroneo identificarlo con tutto il Potere. Anche il Potere economico, pur nella sua grandezza, è limitato. Soffre di ignoranza e ritardi culturali, come altri settori della vita umana. E’ un ambiente eterogeneo, il suo corpo burocratico è imperfetto. Pur ammettendo, per assurdo, che il Potere economico riuscisse a dominare tutti gli altri Poteri, divenendo una sorta di super-Potere, il dominio sarebbe esercitato su realtà limitate e condizionate.

A titolo di esempio, voglio citare il caso della guerra in Iraq. Certamente essa è stata mossa anche (ma non solo) da motivazioni economiche. Ma è bene precisare come non tutto il Potere economico, non tutti i settori dell’economia statunitense avessero interesse nell’operazione irachena. Possiamo dire che una parte dell’industria militare, di quella estrattiva, di quella della guerra interinale (le agenzie private come la Blackwater), ma anche di quella della finanza abbiano avuto non solo un interesse nel promuoverla ma anche un ruolo nell’organizzare e gestire l’intervento. Di solito, le imprese, grandi o piccole che siano, preferiscono una normale condizione di scambio commerciale, poiché sanno benissimo che ciò che conta nel mondo dell’economia è la stretta e regolata (che nulla centra con l’equità degli scambi reciproci) interdipendenza fra le realtà (Stati, organizzazioni sovranazionali…) esistenti. Ciò che poi è stato scelto da una parte dell’establishment economico in accordo con quello politico è uscito dal controllo che si sperava di poter attuare, con i risultati che tutti oggi possiamo vedere. E, nonostante una parte dell’establishment politico abbia scelto questa strada ce stata un’altra parte che non era favorevole a questo tipo di soluzione. Il Bush che dichiarava alla nazione, a poche settimane dall’invasione dell’Iraq, che la guerra era conclusa, era solo ed unicamente un atto riconducibile all’abilità del giocatore che bara sapendo di non avere nulla in mano? Ma se così fosse, dove risiederebbe il suo potere? Ancora; in “9/11” di Michael Moore, abbiamo visto un Bush completamente preso alla sprovvista dai fatti che stavano accadendo nel paese, dal crollo delle Torri Gemelle, all’attentato (per qualcuno supposto tale) al Pentagono. È stato puro teatro o, veramente, le cose erano fuori dal suo (e di altri) controllo?

 

 

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About the Author

Sergio Mauri
Blogger, autore. Perito in Sistemi Informativi Aziendali, musicista e compositore, Laurea in Discipline storiche e filosofiche. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d'Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014, con PGreco nel 2015 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.

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