di Sergio Mauri
Caso unico nell’America Centrale, la popolazione guatemalteca è in maggioranza formata da nativi (indios maya, che ne costituiscono il 55-60%). Dopo il colpo di stato appoggiato dagli Stati Uniti nel 1954, in Guatemala si è instaurata una dittatura che ha combattuto con metodi spietati la guerriglia armata, condotta soprattutto dagli indios. Un conflitto interno cominciato nei primi anni Sessanta, quando le popolazioni indigene e le classi contadine si sono ribellate alle sanguinose oligarchie militari, e conclusosi nel 1996 con 200mila morti e 50mila persone svanite letteralmente nel nulla.
Una lunga catena dell’orrore che in un terzo di secolo ha visto compiersi 679 massacri, tra cui raid aerei nei villaggi, esecuzioni sommarie, sparizioni. Gli schedari – riguardanti gli ultimi cent’anni di storia guatemalteca quindi anche questo periodo oscuro della dittatura militare, scoperti dalla Procura Generale dei Diritti Umani in Guatemala – contengono 75milioni di documenti che, se messi in fila, formerebbero un corridoio di più di 4 chilometri. Finora, l’unico ad essere accusato di crimini di guerra è stato l’ex generale golpista Efrain Rios Montt, promotore tra gli anni 1982 e ‘83 della feroce offensiva “tierra arrasada” nelle campagne. Ma la stragrande maggioranza dei responsabili, tra cui i vari Castillo Armas, Arana Osorio o Lucas Garcia non hanno mai pagato per i crimini commessi, decretando così la vittoria dell’impunità a dispetto di una popolazione che non ha mai avuto giustizia. Dalla metà dell’Ottocento, quando su questo suolo si consolidarono le oligarchie del caffè e delle banane, grazie a un’economia latifondista che sfruttava e impoveriva gli indigeni, nulla sembra cambiato. Secondo alcune statistiche, l’85% della ricchezza del Guatemala è in mano a 14 famiglie, probabilmente legate a quel potere oscuro che intimidisce sindacalisti, giornalisti, giudici. Nel 2005 il numero di omicidi ha superato i 5300, più di 14 al giorno, la stessa media di morti ammazzati ai tempi della guerra civile. Tra i documenti ritrovati, ci sono anche quelli che forniranno ulteriori prove sul già imbarazzante ruolo che gli Stati Uniti, la CIA, l’FBI e la multinazionale United Fruit (l’odierna Chiquita) ebbero nel finanziamento e nell’appoggio dei regimi militari golpisti e dei loro squadroni della morte. Lo conferma Kate Doyle, coordinatrice della National Security Archive, un’organizzazione statunitense specializzata nell’analisi e nella catalogazione di documenti: “già solo da una prima ricerca superficiale dell’archivio guatemalteco, sono venuti a galla dei volantini secondo i quali l’FBI ha addestrato al terribile Policia Nacional Civil”.
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