Più le cose cambiano, più rimangono uguali.

Linee strategiche dell'amministrazione americana
L'amministrazione americana ha storicamente sviluppato linee strategiche che riflettono le priorità politiche, economiche e di sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Queste strategie sono influenzate da una varietà di fattori, tra cui le dinamiche geopolitiche, le sfide interne e le relazioni internazionali.

[Traduco dall’inglese dal sito di Ralph Nader] [Ultimo aggiornamento 15/08/2024]

Mentre l’intellighenzia liberal stava andando in deliquio per Barack Obama durante la sua campagna presidenziale, io consigliavo di “prepararvi ad esserne delusi”. La documentazione che lo riguarda sia come Senatore degli USA che dell’Illinois, insieme alle molte azioni di stampo si progressista, ma svolte in ritardo nel corso della sua campagna, rendono questa predizione amara ma ovvia.

Ora questa stessa intellighenzia sta iniziando a singhiozzare alla squadra della transizione di Obama e alle prime scelte della sua Amministrazione. Dopo aver sconfitto Hillary Clinton alle primarie Democratiche, egli sta ora installando tutta la vecchia guardia di Bill Clinton. Trentuno delle 47 persone da lui nominate per la transizione hanno dei legami con l’amministrazione Clinton […]

La “politica estera di Obama è ora dominata dai falchi, la vecchia guardia Democratica degli anni Novanta” scrive Jeremy Scahill. La squadra della transizione di Obama riconsiderando le nomine dell’intelligence e raccomandandone altre è guidata da John Brenna e Jami Miscik, che lavorarono sotto George Tenet quando la CIA venne coinvolta nella politicizzazione dell’intelligence per indirizzare erroneamente, fra gli altri funzionari, il Segretario di Stato Colin Powell prima della chiamata delle Nazioni Unite alla guerra contro l’Iraq.

Il signor Brennan, come funzionario del governo, sostenne senza garanzia alcuna intercettazioni telefoniche e “consegne straordinarie” (extraordinary renditions) verso paesi che praticano la tortura. La Radio nazionale pubblica ha detto che il cambiamento di Obama quando votò per la FISA [Foreign Intelligence Surveillance Act] riveduta quest’anno [2008, n.d.t.] fu dovuto al consiglio di Brennan.

Per ulteriori dettagli su questi ed altri consiglieri reclutati da Obama dagli oscuri vecchi tempi, vedete Democracy Now, November 17, 2008 e Jeremy Scahill, AlterNet, Nov. 20, 2008 “This is Change? 20 Hawks, Clintonites and Neocons to Watch for in Obama’s White House.”

Un’altra “grande” scelta è stata operata dalla Casa Bianca nei confronti di Emanuel Rahm per metterlo a capo dello staff della Casa Bianca stessa – essendo egli l’ultimo e caparbio ritrovato dell'”azienda Democratica”, nonché falco e militarista in politica estera e promotore clintoniano della globalizzazione economica, sia nel caso del NAFTA che all’interno del WTO.

Ora, richiamiamo le parole di Obama durante la bucolica campagna “speranza e cambiamento”: “Gli americani capiscono che il vero rischio è quello di fare ciò che essi hanno sempre fatto e continuato a fare, talvolta attendendosi risultati diversi.” Applausi scroscianti seguirono questa affermazione.

“Questo fa molto più giorno della marmotta che non una fresca partenza” ha affermato Peter Wehner, ex-consigliere di Bush che ora lavora al Centro per l’etica e la politica pubblica.

Si stanno ammassando i segnali che Barack Obama sta ponendo agli americani un ordine del giorno conservatore.

Egli ora accetta quotidianamente quel complesso industrial-militare sul quale il Presidente Eisenhower aveva avvertito gli americani nel suo messaggio di addio.

Con Robert Rubin a fianco nella sua prima foto dopo le elezioni, egli ha segnalato a Wall Street che il suo voto per i 750 miliardi di dollari di cauzione non era un regalo per i truffatori e speculatori (Rubin è stato l’architetto della deregulation di Clinton nel 1999, come segretario al Tesoro prima che diventasse uno dei più pagati co-direttori della squadra di Citigroup.)

Gli apologeti di Obama dicono che il fatto che egli abbia preso certe persone mostra che vuole che le cose siano fatte; quindi, vuole a Washington delle persone che sappiano il fatto loro. Inoltre, essi dicono che il cambiamento viene solo dal presidente che sistema le priorità ed il corso delle azioni, non dai suoi subordinati. Questa spiegazione suggerisce che gli appuntamenti del presidente non sono solo una questione di immagine riflessa delle direzioni prese dal capo, ma solo funzionali a far emergere i cambiamenti.

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About the Author

Sergio Mauri
Blogger, autore. Perito in Sistemi Informativi Aziendali, musicista e compositore, Laurea in Discipline storiche e filosofiche. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d'Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014, con PGreco nel 2015 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.

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