Meglio di qualsiasi mio commento sulla tragedia, parla questa rassegna di post dei miei contatti Facebook:
1.Un attimo e c’è tutto. C’è la privatizzazione di Autostrade, con i rincari dei pedaggi, la diminuzione di manutenzione e investimenti. C’è la famiglia Benetton, spesso citata tra quei fulgidi esempi di capitani coraggiosi e illuminati del Made in Italy. C’è Repubblica che, senza dire una parola contro privatizzazione e vertici di Autostrade, rovista nel passato per accusare i 5 Stelle. Scova così un documento del 2009 che in verità certifica ben altro: un documento che dimostra come il crollo del ponte fosse un’ipotesi dibattuta da anni, esclusa dai 5 Stelle sulla base delle rassicurazioni provenienti da Autostrade. Ci sono i privati, in tutte le loro forme, visto che Autostrade esegue controlli internamente o pagando altre ditte private. C’è il Sole 24 Ore che corre a scrivere che è colpa di chi ha fermato le grandi opere ( la Gronda …) come se la Gronda prevedesse la chiusura del Ponte Morandi, omettendo che il dibattito sulle grandi opere è precisamente quello che ha oscurato le necessità di manutenzione. Ci sono 10 ponti crollati negli ultimi 5 anni o, se si preferisce, 4 cavalcavia negli ultimi due. Ci sono le tangenti, i materiali scadenti, i costi di cantiere che lievitano inspiegabilmente. C’e il Governo del cambiamento e il riflesso razzista pavloviano di Salvini che twitta “vittoria” perché 50 disperati saranno smistati in altri paesi. C’è il Riscatto Nazionale che diffonde la bufala e scrive “se non si fossero SPESSI 20 miliardi per l’accoglienza”. Sono italiani veri, i soldi sono “spessi”. C’è l’Italia di oggi, di ieri e dell’altro ieri, della DC, del PD, di Berlusconi, del primo e ultimo centrosinistra.
Ci sono i morti. 35 e più. C’è Genova, la Superba, stuprata ad ogni forte pioggia. C’è il silenzio del proletariato. Classe chiamata oggi al silenzio del lutto ma che doveva gridare ieri. E dovrà farlo domani. Gridare che manca manutenzione, sicurezza, controlli, che di profitto si muore. Il nostro silenzio politico diventa silenzio di morte.2.E’ partita l’opera di sciacallaggio dei sostenitori delle grandi speculazioni cementizie quasi a dire che la colpa del crollo è di chi si oppone alla “gronda”. Per chi non conosce il progetto gronda, lo informiamo che questo non sostituiva il ponte morandi. Il progetto è un braccio autostradale tra genova bolzaneto (estremo nord di genova) e vesima località della riviera di ponente, non attraversa ne sostituisce l’asse genova ovest – vesima, dove esistono tre uscite la cui strada passava dal ponte morandi (genova aeroporto, genova pegli, genova voltri) ora si da il caso che tali uscite sono quelle più sollecitate dalla attività portuale e dal traffico pesante. Questo per dire che la gronda avrebbe tolto un po di traffico su nodo genovese solo per chi viene da milano e voleva andare in riviera saltando il nodo genovese. Opera che distrugge un pezzo di territorio gravato da dissesti idrogeologici pesanti. Quella merda di Benetton (proprietario del tratto autostradale caduto) si ciuccia i quattrini delle tariffe autostradali e risparmia sulla sicurezza e le manutenzioni e questo lo fa indipendentemente dalla gronda. Chi contesta quella grande opera e che tra l’altro non c’entra nulla con i 5S ( le cui posizioni sono speculari alla lega ma pur sempre elettoralistiche) pone il problema che prima di tali opere occorre mettere in sicurezza il territorio e le infrastrutture presenti. Ma di questo non si vuole discutere fare manutenzione e mettere in sicurezza costa molta fatica e si guadagna meno che costruire al nuovo e trattandosi di miliardi di euro…
3.Ancora una volta a piangere morti, i nostri morti. Perché diciamolo chiaramente: non sono certo i morti di chi costruisce infrastrutture di merda, magari con appalti al massimo ribasso, magari con qualche mazzetta qua e là, magari chiudendo un occhio o tutti e due.Non sono neanche i morti di chi pensa che a questo paese servano le “grandi opere”, mentre il territorio se ne va a farsi friggere perché non esiste manutenzione, né controllo, e ci sarebbe la necessità di tante “piccole opere” che contribuiscano a salvaguardare l’ambiente e migliorino la qualità della vita di tutte e tutti, e non il portafoglio dei soliti noti. Queste sono le vere priorità, soprattutto per un paese come questo. Ma chiedere che sia il “mercato” a farsene carico è una pericolosa, o interessata, illusione. Sono necessari enormi investimenti, programmazione e, vogliamo dirlo, pia-ni-fi-ca-zio-ne democratica per gestire sistemi così fragili e complessi, che l’anarchia di un sistema di imprese singole in lotta le une con le altre, che vivono in base al massimo profitto nel minor tempo possibile, non potrà mai sostenere. Esistono anche gli incidenti, le fatalità e le casualità. Ma persino per questo, l’attuale sistema non è in grado di intervenire ed effettuare una gestione efficace ed efficiente. E con questo, tanti saluti al teatrino della politica istituzionale, che ogni giorno che passa rivela la sua reale, inutile, natura di intrattenimento
Peraltro non sappiamo se sarà possibile revocare il contratto tra il Governo e Autostrade per l’Italia, vista la penale prevista in casi simili. Resta da vedere che cosa sapranno fare i giovani al governo: chiacchiere o fatti?
== AGGIORNAMENTO ==
Dal Sole 24 Ore:
Certezza di avere in mano gli elementi e gli strumenti giuridici per revocare la concessione ad Autostrade per l’Italia senza oneri per lo Stato, valutazione per individuare nei prossimi mesi un nuovo gestore pubblico per la sua rete e, nell’immediato, rifiuto di incontrare la famiglia Benetton, cui fa capo il gestore attuale. È la posizione espressa stamattina a Genova dai microfoni di Radio24 dal vicepremier Luigi Di Maio. L’esponente pentastellato si dice sicuro che la penale di circa 20 miliardi di euro che lo Stato dovrebbe versare ad Aspi in caso di revoca non sia dovuta: «Lo sarebbe solo se la revoca fosse ingiustificata, ma qui lo è». In sostanza, secondo Di Maio, basterebbero il crollo del Ponte Morandi e lutti e sofferenze che ha causato per dimostrare la grave inadempienza del gestore. Il vicepremier ha precisato che dietro la posizione ci sono anche i pareri dei tecnici ministeriali. Ma da quanto risulta ad oggi la convenzione in vigore, che l’attuale governo eredita dal passato, è più «garantista» per il gestore e, tra le altre cose, richiede che il ministero delle Infrastrutture contesti formalmente le inadempienze entro precise scadenze. Non risulta che prima del crollo ciò sia stato fatto, anche perché la struttura ministeriale di vigilanza è sempre stata tenuta con basso profilo dai governi precedenti.
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