di Sergio Mauri
Abbiamo due coppie di concetti: beni necessari-beni superflui; progresso-sviluppo.
Cominciamo col definire cosa siano lo sviluppo e il progresso. Il primo suggerisce un percorso indirizzato a un sempre maggiore accrescimento, di strumenti, beni, possibilità di godimento degli stessi. Un percorso presunto lineare, almeno nelle intenzioni. Il secondo presuppone un punto di partenza in cui manca la luce, la coscienza, la consapevolezza, una condizione di mancanza e si arriva, dopo un percorso (o il solito percorso) all’acquisizione della coscienza, delle capacità di dominio sulla propria vita. Entrambi, per ragioni diverse, sono giunti in un vicolo cieco, perché parte di quella visione lineare, testé accennata, ormai al tramonto. Più complessa la questione beni necessari-beni superflui che dovrebbe essere più attuale. Cioè: impegnarsi per la produzione di beni necessari al posto o in alternativa a quelli superflui; e allora ecco che i secondi sarebbero – come configurazione di un “di più” sviluppista – attaccabili nel senso di una sostenibilità planetaria. I beni necessari presuppongono una loro ineludibilità, al contrario di quelli superflui e una soglia al di sotto della quale è impossibile non tenerne conto. L’opposizione qui è chiara, anche se oggi sono ritenuti necessari anche beni, di consumo, che non lo sono.
Ulteriore questione: assodata la nostra preferenza per impostare tutta la questione nella dicotomia beni necessari-beni superflui, dobbiamo chiederci se anche la produzione di beni necessari sia accettabile oggi in un sistema-mondo di questo tipo, pieno, anzi congestionato, di persone, di mezzi di produzione, di beni di consumo, di infrastrutture. Non dovremmo forse introdurre la questione della compatibilità anche della produzione di beni necessari (che potrebbero anche essere quella di una strada o di una ferrovia), che presuppongono delle emissioni e a fine ciclo di vita, degli scarti, rispetto alla capacità di loro assorbimento da parte della natura? Direi proprio di sì.
Nell’opposizione sviluppo-progresso, almeno per come l’abbiamo descritta, c’è un fondo di ambiguità dovuto al profilo materialistico che tracima dal concetto di sviluppo fino a inglobare quello di progresso. Inoltre, ciò che accomuna – ambiguamente – i due concetti è proprio quella linearità come sostrato culturale.
Sviluppo e progresso si esplicitano entrambi in un determinato modo di produrre e vivere. Il primo presuppone un incremento di beni e servizi, punto di vista quantitativo quindi, ma anche di aspettative sul futuro; il secondo presuppone un incremento qualitativo. Il primo, quindi, si esprime bene nella produzione di beni e servizi superflui, livello quantitativo in grado però di modificare lo scenario, perciò, di fare un salto qualitativo. Il secondo invece parte da considerazioni qualitative che tuttavia necessitano anch’esse di una dimensione quantitativa, a livello di premessa.
Rispetto a quanto detto in queste righe si conferma e ribadisce la necessità di un concetto aggiuntivo, quello della capacità della natura (dell’ambiente) di riassorbire e riutilizzare, adattandovisi in parte, le nostre produzioni che, in definitiva, sono la modalità in cui la nostra specie, in un determinato periodo della sua storia, entra in relazione col mondo circostante.