di Sergio Mauri
L’ottimo paretiano o efficienza paretiana è un concetto apportato da Vilfredo Pareto – ingegnere, economista e sociologo italiano – ed applicato alla teoria dei giochi, all’ingegneria, all’economia e alle scienze sociali. Si ha l’ottimo paretiano quando l’allocazione delle risorse è tale che non è possibile migliorare la condizione di un soggetto (economico) senza peggiorare la condizione di un altro. Pareto vuole dimostrare che, in una situazione in cui le risorse iniziali sono date, un sistema di mercati perfettamente concorrenziali assicura allocazioni ottimali. L’allocazione ottimale si caratterizza per il fatto che, al di là delle ipotesi sulle preferenze o sulla tecnologia, è impossibile ottenere un miglior benessere per qualcun altro o la produzione di un altro bene. Il concetto paretiano, però, ha dei limiti. Il primo problema di un mercato così impostato è che non ci dice come il reddito sia ripartito tra gli individui. Questa situazione pone dei problemi di accettazione da parte della società, giustificando così l’intervento redistributivo dello Stato. Il secondo problema risiede nel fatto che un mercato in concorrenza perfetta può non esistere, per cause diverse[1].
Il Teorema di Holmstrom mostra le difficoltà di realizzazione di una teoria sociale paretiana, spiegandoci che in un sistema paretiano con un bilancio in pareggio non esiste alcun punto in cui un agente possa migliorare la propria situazione modificando il proprio livello di sforzo anche quando lo sforzo degli altri soggetti rimane lo stesso.
Tuttavia, è con Amartya Sen[2], premio Nobel per l’economia, che l’ottimo paretiano viene smentito. Sen dimostra che in uno Stato che voglia far rispettare allo stesso tempo l’efficienza paretiana e la libertà, si creano delle situazioni in cui al più un individuo ha garanzia dei suoi diritti. Sen usa il paradosso di Arrow[3] per dimostrare l’inesistenza dell’ottimo paretiano nel liberismo.
Rispetto alla R.O., potremmo applicarla all’efficienza della produzione e dello scambio, insite nel concetto paretiano. L’efficienza della produzione consiste nel fatto che le imprese produrranno il massimo volume di beni possibile (funzione obiettivo). Immaginiamo di poter produrre due beni: banane e limoni. Su di un terreno agricolo (variabili d’azione). Facciamo l’ipotesi che il terreno possa produrre al massimo 100 banane e 0 limoni, oppure 70 banane e 30 limoni, oppure 0 banane e 60 limoni (vincoli). Tutti questi rapporti sono efficienti perché permettono di utilizzare il terreno al 100%. Ma se decidessimo di produrre, ad esempio, 30 banane e 30 limoni, la soluzione sarebbe inefficiente perché sarebbe possibile aumentare la produzione delle banane senza diminuire quella dei limoni.
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[1] Per esempio, a causa della presenza di monopoli, per l’asimmetria informativa che colpisce i soggetti economici, per i Beni Pubblici Puri, o per le esternalità, nel caso cioè in cui l’attività di produzione o consumo di un soggetto influenzi il benessere di un altro soggetto.
[2] Economista, filosofo e accademico indiano.
[3] È un teorema di Kenneth Arrow, economista, affermato nel libro Scelte sociali e valori individuali, secondo cui – poste a priori “universalità”, “non imposizione”, “non dittatorialità”, “monotonicità” e “indipendenza dalle alternative irrilevanti” – non si può determinare un sistema di votazione che preservi le scelte sociali. Un esempio di procedura incapace di soddisfare tutti i requisiti suelencati è il sistema di voto maggioritario come mostrato dal paradosso di Condorcet, cioè ciclicità delle preferenze collettive a fronte della transitività di quelle individuali, che afferma che in un voto democratico si giunge sempre a scelte ambigue: se l’elettore vota A perché preferibile a B e B perché preferibile a C e quindi A è preferibile a C, non è detto che, a livello comunitario A sia necessariamente preferito a C.