Regno a venire, di J.G. Ballard.

Regno_a_venire
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Leggere il libro di J.G.Ballard “Regno a venire“, è molto interessante. Si tratta di un libro utile a capire la società nella quale viviamo. E’ convinzione abbastanza diffusa che i paesi-traino (ideologico e politico) dell’Occidente (USA e GB) prefigurino di 20 o 30 anni lo sviluppo che poi diverrà, a cascata, di tutti. Uno sviluppo in primo luogo nostro, di un paese senza contrappesi evidenti, perché privo di rivoluzioni (nel passato remoto come in quello più recente) tali da fornire elementi attraverso i quali condividere, nella generalità, dei principi che non siano quelli del materialismo consumista. Al contrario, sembra evidente come, stando le cose in questo modo, il nostro paese sia il candidato migliore per lo stile di vita e per i fenomeni descritti nel libro di Ballard. Da noi il “regno” c’è già, ed è in noi tutti. Peraltro, leggendo attentamente la genesi attraverso la quale si forma questo sistema economico e crescono rinsaldandosi i suoi collegamenti vitali con la politica e la cultura, si evince come non vi sia nulla di originale nell’esperienza dell’establishment nostrano.

Cito, a mò di dialogo, alcuni stralci del libro, commentandoli.

Nota: il testo che segue contiene spoilers:

“I quartieri residenziali sognano la violenza. Addormentati nelle loro sonnacchiose villette, protetti dai benevoli centri commerciali, aspettano pazienti l’arrivo di incubi che li facciano risvegliare in un mondo più carico di passione….”

Lo sviluppo (neo)capitalista, per riprodursi, ha eliminato tutti i possibili intoppi alla propria valorizzazione che è la ragione (e la forza) della sua esistenza. Perciò, nel suo sviluppo, si è separata razionalità da emozione, un processo così ben descritto nell’antropologia moderna e contemporanea, provvedendo a sedarle attraverso un controllo totale sulla vita, i bisogni, i consumi delle persone, perché – a conti fatti – le emozioni sono un ostacolo, poniamo, al controllo sulla forza lavoro, sulle minoranze, sulle organizzazioni politiche che lottano contro il (neo)capitalismo. Visto che tutte queste realtà di contrasto o di contrapposizione, sono immerse in un sistema di affettività, valori e speranze che devono – per il sistema – essere attaccate, e controllate in modo stringente.

Dopo che il protagonista del libro assiste ad una scena di intolleranza razziale nei pressi del “Metro Centre”:

“Avevo assistito all’insorgenza di un nuovo tipo di odio, silenzioso e disciplinato, un razzismo stemperato da tessere fedeltà e codici pin. Lo shopping era il modello di tutti i comportamenti umani, totalmente privo di rabbia o emozioni. La decisione degli abitanti di quella zona residenziale di rifiutare la presenza dell’imam rientrava tra le scelte cui i consumatori avevano il diritto. Ovunque sventolavano le bandiere con la Croce di San Giorgio – nei giardini delle villette, nelle stazioni di servizio e davanti agli uffici postali – mentre quella cittadina senza nome celebrava la sua ultima vittoria”.

Il consumismo è il modello di vita, chi non si adegua è un potenziale nemico, questo ci dice Ballard. Non ho alcuna difficoltà a seguirne il discorso e a credergli, visto come vanno le cose nel Regno Unito, dove questi fatti sono esperienza quotidiana e un certo stile di vita imposto dal sistema produttivo che ha distrutto la socialità (frantumazione sociale in generale e atomizzazione della classe operaia inglese in particolare) è stato il motore – ad esempio – della nascita del British National Party e delle sue fortune politiche. Qualcosa del genere ci riporta alla mente anche il fenomeno leghista, nato e sviluppatosi proprio nella fase cruenta della de-industrializzazione nel nord-Italia e della ristrutturazione del capitale a livello continentale, con conseguente imposizione di un differente stile di vita rispetto a quello prima dominante (produzione, risparmio, investimento, soppiantati da produzione di beni superflui in grandi quantità per il mero consumo). Tuttavia, nemmeno Ballard dà spazio a spiegazioni morali o meramente culturali per afferrare le motivazioni e gli stimoli profondi che stanno alla base dei fenomeni sociali, imputandoli – invece – al sistema produttivo. Di seguito, ci imbattiamo in alcune considerazioni sulla funzione espressa dai centri commerciali.

“Come tutti i grandi centri commerciali, il Metro-Centre soffocava l’inquietudine, neutralizzava la minaccia che esso stesso rappresentava e aveva un effetto calmante sulle persone sospettose”.

L’ordine conformista dei centri commerciali crea tranquillità, consolazione, accettazione nella grande famiglia del consumo. Se accetti queste regole sarai considerato per bene, accettabile. E ne verrai, di conseguenza gratificato, consolato e confermato nella tua azione di adeguamento al modello. Quello è un modello di auto-realizzazione e auto-valorizzazione. [Mi torna alla mente il concetto di auto-valorizzazione di Toni Negri, molto vicino alle esigenze della società consumista].

“In modo molto sottile, tutti i centri commerciali ci rendono bambini…”

Sono una sorta di paese dei balocchi, dove tutto ha un prezzo (soprattutto le cose scadenti) e può essere comprato. Si costruisce una relazione paternalistica e di dipendenza. [Pasolini parlava del consumismo come di un’apparente valorizzazione dell’individuo attraverso la sua degradazione ad oggetto].

“La morte era fuori luogo nel Metro-Centre: lì il tempo e le stagioni, il passato e il futuro erano stati aboliti”.

Ma chi esprime dei dubbi o in quei centri non si sente a proprio agio viene considerato come “….l’ennesimo snob borghese “che odia” il modo in cui spesso i ceti inferiori prendono troppo alla lettera lo sfarzo, la sicurezza di sé e il senso dell’opportunità”.

Tuttavia, nemmeno il mondo di plastica del Metro-centre è perfetto; succede qualcosa nella comunità che ruota attorno ai quartieri residenziali ed al centro commerciale: un omicidio. E viene individuato un colpevole. Su chi ricadono immediatamente i sospetti? Su un certo Christie. Leggiamo il colloquio che ci informa sul metodo con cui è stato individuato il sospetto.

“Due donne che stavano uscendo dal bagno riservato al personale hanno visto Christie correre verso l’uscita di sicurezza. E diverse altre persone lo hanno riconosciuto nel parcheggio”.

“Lo conoscevano già?”

“E’ famoso da queste parti per le sue azioni disturbo alla quiete pubblica. Una persona davvero sgradevole”.

“E’ proprio questo il problema”. […] “Gente che urlava in preda al panico…Mi scusi, ma chiunque poteva essere scambiato per l’assassino. Soprattutto la testa calda del paese”.

E’ una regola costante, valida sempre: in situazioni di disagio e confusione, il capro espiatorio è sempre il diverso, il negro, il rompiscatole, il comunista o l’anarchico. Individuato, cioè, fra quei personaggi che non sono parte della grande famiglia conformata ai costumi dominanti. Ma come viene trattato l’atto di violenza da parte della proprietà del centro commerciale? I nastri delle videocamere a circuito chiuso vengono contraffatte!

“Buste per la spesa abbandonate, generi alimentari sparsi per terra, un bambino di 3 anni con la faccia imbrattata di sangue: tutte queste cose erano state cancellate e consegnate all’enorme amnesia che il mondo consumistico riserva al passato. Davanti a un bancone – la maggiore occasione di confronto che la razza umana ha con l’esistenza – non c’erano ieri, non c’erano corsi e ricorsi storici, ma soltanto un intenso presente commerciale”.

Il Metro-Centre ha anche un canale TV commerciale dedicato, un mondo nel mondo, dove si parla della vita mediata da quella del centro. La star di questo canale dedicato è David Cruise. Sembra abbia pure delle velleità politiche…ma che strano…

“[…] “Il mondo della politica di oggi è fatto apposta per lui. Sorrisi da tutte le parti, musica d’atmosfera, campagne commerciali che si disinteressano della reale utilità di un prodotto. Anche quell’aria viscida. Alla gente piace essere presa in giro. Perché così ricorda che in fondo è tutto soltanto un gioco”. […]

Quale società prefigurano gli indizi di cui siamo testimoni?

[…] “Dobbiamo preparare i nostri ragazzi a un nuovo tipo di società. Non ha senso parlare loro della democrazia parlamentare, della chiesa e della monarchia. I vecchi ideali di educazione civica che erano alla base della nostra istruzione sono concetti alquanto egoistici. Tutta quell’enfasi sui diritti dell’individuo, sull’habeas corpus, sulla libertà del singolo contrapposto alla massa…”

[…] “Che senso ha avere libertà di parola se non si ha nulla da dire? Ammettiamolo: la maggior parte delle persone non ha proprio nulla da dire, e lo sanno anche loro. E la privacy che senso ha se è soltanto una prigione personalizzata? Il consumismo è un’impresa collettiva. Le persone hanno voglia di condividere, di celebrare, vogliono sentirsi unite. Quando andiamo a fare shopping partecipiamo a una cerimonia collettiva di affermazione”

[…] “….La missione a favore della modernità è sempre stata profondamente controversa. I fautori della modernità ci hanno insegnato a non fidarci di noi stessi e a non amarci. Tutte quelle storie sulla coscienza individuale, sul dolore solitario. La modernità si basava sulla nevrosi e sull’alienazione. Basta guardare l’arte, l’architettura che hanno espresso. Hanno qualcosa di molto freddo.”

“E il consumismo invece?”.

“Celebra la possibilità di consumare insieme. I sogni e i valori sono condivisi, come le speranze e i piaceri. Il consumismo è un atteggiamento ottimista e lungimirante. Naturalmente ci chiede di imparare a rispettare la regola del più forte. Il consumismo è una nuova forma di politica di massa. E’ qualcosa di molto teatrale ma in fondo ci piace. E’ spinto dalle emozioni ma le sue promesse sono raggiungibili, e non si tratta solo di ampollosa retorica. Una macchina nuova, un nuovo lettore CD.”

La ragione di tutto ciò?

“E’ parente stretta della matematica. E la maggior parte delle persone se la cava male in aritmetica e, comunque, in generale il mio consiglio è quello di stare alla larga dalla razionalità. Il consumismo celebra il lato positivo dell’equazione. Quando compriamo qualcosa inconsciamente crediamo che ci sia stato fatto un regalo.”

“E la politica richiede che ci sia un costante flusso di regali? Un altro ospedale, un’altra scuola, un’autostrada?…”

La politica può (deve) essere mossa dall’emotività.

“Proprio così e sappiamo cosa succede ai bambini che non ricevono mai giocattoli. Oggi siamo tutti come bambini. Che ci piaccia o no, soltanto il consumismo può tenere unita la società moderna perché muove le giuste corde emotive.”

“Ma allora…il liberalismo, la libertà, la ragione?”

“Hanno fallito! La gente non vuole più che le si parli in nome della razionalità.”

“Il liberalismo e l’umanitarismo sono dei grossi freni per la società. Fanno leva sul senso di colpa e sulla paura.Le società sono più felici quando la gente può spendere e non risparmiare. Adesso abbiamo bisogno di un consumismo delirante, quel genere di comportamento che si vede in occasione dei motorshow. Spettacoli visivamente entusiasmanti, una specie di eterna campagna elettorale. Il consumismo riempie quel vuoto che è alla base delle società secolari. La gente ha un enorme bisogno di autorità che soltanto il consumismo può soddisfare”.

“Compra un nuovo profumo, un nuovo paio di scarpe e sarai una persona migliore, più felice? E come riesce a comunicare tutto questo ai suoi adolescenti?”

“Non ce n’è bisogno. E’ nell’aria che respirano. Non lo dimentichi mai […] il consumismo è un’ideologia di redenzione. Quando funziona cerca di estetizzare la violenza, anche se spesso non ci riesce…”

Questo oggetto è gratis? Si può prendere senza pagarlo?

“….E’ il capitalismo. Niente è gratis. L’idea li fa star male, fa venir loro voglia di chiamare la polizia, lasciare dei messaggi ai loro commercialisti. Si sentono indegni, sono convinti di aver commesso un peccato. Devono correre a comprare qualcosa semplicemente per riprendere fiato…”

Esiste una distanza tra realtà ed illusione?

“….Lo spot televisivo riusciva a colmare il vuoto tra realtà ed illusione, creando un mondo dove il falso diventava vero e viceversa….”

I personaggi mediatici sono i politici di oggi.

“…C’è chi dice che stia per fondare un partito politico. Quel genere di partiti che fanno il passo dell’oca? L’Oswald Mosley dei quartieri residenziali? Non sarebbe credibile”.

“Non ne avrebbe bisogno. Il suo fascino funziona a un altro livello. Appartiene più al suo mondo che al mio. Politica per l’era della TV via cavo. Impressioni fugaci, l’illusione che ci sia un significato sopra un mare di vaghissime emozioni. Stiamo parlando di un tipo di politica virtuale che non ha nessun legame con la realtà, anzi questa politica ridefinisce il concetto stesso di realtà. Il pubblico partecipa volentieri a questo genere di presa per i fondelli….”

Sorge una domanda, oltre i cliché attraverso i quali guardiamo quel paese. La vera Inghilterra contemporanea dov’è, a Westminster, nell’East End, o dove?

“…Ma è proprio qui, attorno alla M25, che c’è la vita vera. Questa è l’Inghilterra di oggi. Il consumismo detta legge, e la gente muore di noia. Ha i nervi a fior di pelle, non vede l’ora che succeda qualcosa di enorme e d’insolito”.

Le architetture post-industriali del consumismo sono il riflesso della nostra epoca, ne sono un degna ed intima rappresentazione.

“Esatto ed è per questo che ci piace. Ci piacciono le strade a doppia carreggiata, ci piace l’architettura delle torri di controllo e le amicizie che durano un pomeriggio. Non ci sono autorità civiche a dirci cosa dobbiamo fare. Qui non stiamo a Islington o South Kensington. Non ci sono municipi nè sale convegni. Ci piace una forma di benessere filtrata dalla vendita di automobili ed elettrodomestici. Ci piacciono le strade che portano agli aeroporti, ci piacciono gli uffici delle compagnie aeree e i piazzali per il noleggio dei furgoni. Ci piace decidere le destinazioni delle nostre vacanze in maniera estemporanea. Siamo cittadini di centri commerciali e del porticciolo, di Internet e della TV via cavo, ci piace stare qui…..”

Qual’è l’effetto della società dei consumi sulle nostre antiche basi culturali?

“Le chiese sono vuote e la monarchia è naufragata schiantandosi contro la sua stessa vanità. La politica è un caos e la democrazia è soltanto un servizio pubblico come il gas o la luce. Non c’è quasi nessuno che abbia un briciolo di senso civico. E’ il consumismo a darci la misura dei nostri valori. Il consumismo è sincero e ci insegna che ogni merce ha un codice a barre. Il grande scopo dell’illuminismo, cioè che la ragione e l’egoismo razionale un giorno avrebbero trionfato, ha portato direttamente al consumismo dei nostri giorni”.

Quindi c’è un rapporto di filiazione diretta tra il primo pensiero borghese e il suo svolgimento successivo, fino ai nostri giorni.

“Aumentano gli scontri razziali e gli incendi dolosi , come per esempio quelli negli ostelli per rifugiati. […] Chi organizza questi attacchi di follia?”

“Nessuno. E’ questo il bello. La pazzia elettiva cova dentro ognuno di noi pronta a venire fuori quando ne abbiamo bisogno. Stiamo parlando di una forma estrema del comportamento dei primati. La caccia alle streghe, gli auto da fè, gli eretici bruciati sui roghi, i ferri arroventati infilati nel didietro dei nemici, l’orizzonte punteggiato da file di patiboli. La follia volontaria può dilagare in un quartiere o in un’intera nazione”

“Come nella Germania degli anni ’30?”

“E’ un buon esempio. La gente ancora crede che i leader nazisti abbiano trascinato i tedeschi negli orrori della guerra razziale. Ma non è vero. I tedeschi non vedevano l’ora di uscire dalla loro prigione. La sconfitta, l’inflazione, assurde richieste di riparazioni di guerra, la minaccia dei barbari che venivano dall’Est. La pazzia li avrebbe resi liberi, e quindi decisero di mettere Hitler a capo di questa battuta di caccia. E’ per questo che sono rimasti insieme fino alla fine. Avevano bisogno di venerare un dio psicopatico e quindi hanno preso un signor nessuno e lo hanno posto sull’altare maggiore. E’ così che le grandi religioni diventano cose millenarie”.

E in cosa consiste questa politica nuova?

“Cose imprevedibili. Essere gentili la maggior parte del tempo ma ogni tanto usare la frusta, quando meno se l’aspettano. Come un marito annoiato, affettuoso, ma con un’occasionale tendenza alla crudeltà. La gente rimarrà a bocca aperta ma lei vedrà che gli ascolti si impenneranno. Ogni tanto ci infili dentro un accenno di pazzia, una forma grave di psicopatologia. I ricordi, la sensazione della psicopatologia sono l’unico modo che al giorno d’oggi la gente ha per entrare in contatto. Ben presto gli spettatori sapranno cos’è la vera follia, sotto forma di prodotto o di movimento politico. Incoraggiamo le persone a impazzire un pò – è una cosa che rende lo shopping e le relazioni sentimentali più interessanti. Ogni tanto la gente ha bisogno di essere messa in riga. Ha bisogno di ricevere ordini”.

Cosa vende la pubblicità? Un cartellone pubblicitario non vende altro che la sua stranezza. Ma cos’è in fondo il consumismo che si stà globalizzando? Un nuovo ordine politico basato sull’energia e sull’emozione.

“Avevano drammatizzato le loro esistenze, marciando orgogliosamente con l’entusiasmo marziale di un popolo che va in guerra, rimanendo fedeli al sogno pacifico dei loro giardini e dei loro barbecue”.

Cos’è dunque la nostra società orientata al consumo?

“Una forma di fascismo soft, come tutto il mondo consumistico del resto. Niente passo dell’oca, nè stivaloni, ma lo stesso tipo di emozioni e di aggressività. Come lei diceva, c’è un forte senso di comunità, ma non è basato sulla consapevolezza dei diritti civili. La ragione è andata a farsi benedire. E’ l’emozione che guida tutto.”

“…A cosa servono la libertà, i diritti dell’uomo, la responsabilità civile? Quello di cui abbiamo bisogno è un’estetica della violenza. Crediamo nel trionfo dei sentimenti sulla ragione. Il puro materialismo non basta, tutti quei negozianti asiatici con i cervelli a forma di registratori di cassa. Abbiamo bisogno di qualcosa di più drammatico, vogliamo che le nostre emozioni vengano manipolate vogliamo essere presi in giro e blanditi. E il consumismo è proprio quello che ci vuole. Ha creato un modello per gli stati fascisti del futuro. Il consumismo genera un bisogno che può essere soddisfatto soltanto dal fascismo, un tipo di follia che è l’unica strada possibile da perseguire. Tutti i dittatori della storia l’hanno capito presto: Hitler e i leader nazisti hanno fatto in modo che tutti credessero che in fondo loro avessero qualche elemento di pazzia.”

Omologarsi, conformarsi (per esistere) ad un ordinamento sociale talvolta può salvare la vita. L’omologazione è libertà?

“…ma la gente vuole il sangue. credono nel Metro-Centre e la gente di origine asiatica qui non ci viene. Hanno un’economia parallela, si sono esclusi da soli e adesso ne pagano le conseguenze”.

E vi è un meccanismo, una sorta di formula magica che rende possibile tutto ciò.

“…la formula magica di sport, disciplina e consumismo”.

Chi non consuma è visto come un nemico.

“…con molta non-chalance a volte parlava di “nemici”, un termine volutamente vago che comprendeva gli asiatici, i cittadini dell’Europa dell’Est, i neri, i turchi, i non consumatori e chiunque non si interessasse di sport”.

“Il regno del bullismo era cominciato”.

Il consumismo servirà pure a qualcosa.

“I sindaci, i deputati e perfino i capi religiosi pensavano che Cruise e il Metro-Centre avessero un effetto calmante. Ammiravano quella nuova forma di disciplina specialmente perchè aveva fatto impennare il valore delle case e aumentare l’indotto di tutte le attività commerciali in un raggio di 20 chilometri da Heathrow. Intanto il tasso di delinquenza continuava a calare lungo la Valle del Tamigi e la polizia considerava sempre le aggressioni alle comunità asiatiche e di altri immigrati in genere come l’esuberanza di uno sparuto gruppo di tifosi facinorosi.”

E se qualcuno osasse criticare i centri commerciali? Come risponderebbero chi li approva?

“Non fatevi ingannare, c’è gente lì fuori che vuole distruggerci. Odiano il Metro-Centre, odiano le squadre sportive e odiano il mondo che siamo riusciti a creare qui…Questa volta dobbiamo lottare per quello in cui crediamo…Voi avete creato tutto questo, non lasciate che ve lo portino via. Ci sono nemici la fuori e voi sapete bene chi sono. “

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About the Author

Sergio Mauri
Blogger, autore. Perito in Sistemi Informativi Aziendali, musicista e compositore, Laurea in Discipline storiche e filosofiche. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d'Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014, con PGreco nel 2015 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.

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