C’era un tempo in cui leggevo Giornalettismo con un certo interesse. Mi resi poi conto che il livello giornalistico non era poi così alto e, considerato che alcune di quelle che vengono considerate le migliori penne della testata sono in realtà degli pseudonimi e che dal fake al false-flag la strada è dritta ed in discesa, oltreché brevissima, mi sono disamorato di cotante letture. Ieri ci sono ripassato e mi sono imbattuto in uno di quei soliti articoli/intervista dei soliti professionisti dell’economia. Non ho linkato l’articolo per correttezza e non nominerò chi è l’economista intervistato, peraltro sconosciuto ai più, visto che l’intervista serviva, innanzitutto, per pubblicizzare un libro in uscita, si trattava perciò di un’intervista veicolata per. Tuttavia, se volete leggervelo, sappiate che esiste ed è datato 27 gennaio 2014 e porta la firma di Alessandro D’Amato.
L’articolo vorrebbe avvertirci del pericolo Argentina per l’Italia e gli italiani e sarebbe un invito a far riflettere tutti sul problema. Il tema è l’austerità che sarebbe una cura letale per l’economia. Ok, infatti, è probabile che certe cure draconiane a nulla servano se non a peggiorare le cose. Ricordate, ho detto che è probabile, non che è certo. Perché forse l’una non esclude l’altra. Tuttavia alla prima domanda del giornalista l’economista risponde :
l governo argentino ha perpetuato il mito della espansione permanente dell’economia, e della liberazione da ogni e qualsiasi vincolo, interno ed esterno. Una politica fiscale fortemente espansiva, modellata sul mito del dare tutto a tutti, ha finito col creare ovvie pressioni inflazionistiche.
E così continuando. Mi chiedo che cosa c’azzecchi, come direbbe il vecchio Dipietro, l’espansione con l’austerità. Forse ci si riferiva all’Italia di 30 anni fa ? In effetti il prosieguo dell’intervista ci fa chiaramente capire come l’economista in questione abbia una certa simpatia per una visione seria, diciamo anglosassone dell’economia, il meno creativa possibile e fondata sul risparmio piuttosto che sullo sperpero. Ma allora che c’azzecca con quegli accenni terroristici nell’introduzione dell’intervista? Misteri del professionismo….
Peraltro molte delle risposte, se lette tra le righe sono condivisibili, specie quella sul FMI e le sue ricette sbagliate o quella comparativa dei modelli anglosassone e latino. Quello che non quadra è la comparazione tra un’Argentina, un paese con storia e posizione geopolitica assolutamente non accostabile all’Italia, con una sovranità monetaria che l’Italia non ha più e con una unione valutaria che l’Europa, di cui l’Italia fa parte, che ha un peso internazionale ben diverso da quello del peso (divisa valutaria) argentino. Il quantitative easing europeo c’è già stato, come ho già scritto, ma non si è riversato sui consumi perché è stato intercettato dalle banche e non dalle imprese e dai consumatori. In Europa c’è un problema che si chiama deflazione, non inflazione. La banca centrale europea ha così agito , e non voglio qui dare giudizi di merito sulla cosa, per calmare le acque e tentare di fermare il debito in generale e di certi paesi in particolare (lo spread è un’altra storia, non certamente innescato dalla BCE, semmai dalla BCE subito!). Tenere in fondi in cassa per affrontare la competizione internazionale, la modificazione della divisione internazionale del lavoro, i cambiamenti nella demografia del continente, eccetera.
Il problema Argentina, quindi, per l’Europa e per l’Italia, non è all’ordine del giorno né all’orizzonte, anche se il nostro futuro, come paese, è quello di diventare più poveri nei prossimi 30-40 anni. L’Italia è parte di un raggruppamento pluri-nazionale con moneta unica e parziale integrazione economica (comunque superiore a quella dell’Argentina coi i suoi vicini, Mercosur o Alba) in un’area mercantile di oltre 500 milioni di persone. Ogni comparazione ed ogni discussione in tal senso ha, comunque, poca utilità…..escludendo i tipi di Giornalettismo. Ma si sa, un po’ di terrorismo psicologico paga sempre e serve a far vendere.
Un’altra delle chicche su cui si sta riflettendo in questi ultimi tempi, sia a destra che a sinistra, è l’opportunità di rimettere in discussione i trattati europei (fin qui possiamo concordare) e, addirittura, in certi casi di staccarci dall’europa (noi PIIGS) e fondare un’alleanza euro-mediterranea. Questa è una chicca, proprio per il modo superficiale e dilettantesco in cui viene affrontata. Dissento da ogni ipotesi di divisione, perché assolutamente non prioritaria e non risolutiva. L’alternativa sarebbe invece la costruzione di un’opposizione dei lavoratori e degli strati più poveri della popolazione di tutto il continente, in grado di portarsi dietro le classi medie, che, al contrario, nel caso di una separazione non sarebbero nemmeno più in grado di parlarsi tra di loro. E poi: se non siamo nemmeno in grado di costruire un sindacato europeo, ci diamo alle alleanze euro-mediterranee?
Dobbiamo unirci, non dividerci. Speriamo le chicche finiscano almeno per un pò di giorni.
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