Per un dibattito sul dopo-Covid19. Oggi un intervento di Vincenzo Cerceo.
Tocca di nuovo a Carlo Marx. di Vincenzo Cerceo.
“Analisi concreta di una situazione concreta”; è, questa frase, vera estrema sintesi del metodo marxista, una delle pochissime che raccoglie il consenso unanime di tutte le variabilissime componenti di quello che possiamo definire “universo marxista”, insieme e costellazione di un mondo di molti ideali ed attualmente di poche concretezze, che il 1989 e quel che ne è seguito non è riuscito a distruggere. Se neanche i marxisti, con la loro tendenza si direbbe genetica alla frantumazione, sono riusciti a distruggere
il marxismo, forse è il caso di esaminare se non sia prossima l’ora di rimettere mano a quella “analisi concreta”, per vedere cosa verrà fuori da una “situazione concreta” che, sia pur del tutto inaspettatamente,
ci troviamo a vedere, vivere ed affrontare, oltre che purtroppo subire; ed, ovviamente, a porci un altro storico indistruttibile quesito marxista: “che fare”. Insomma: riteniamo che ciò che deriverà dalla situazione sanitaria mondiale letteralmente esplosa all’inizio del 2020, non possa non essere presa in esame al fine di trarne conclusioni politiche di carattere strategico che chi intende operare a favore delle classi deboli (i marxisti, appunto) ha il dovere di affrontare. Una frase che, in relazione alla suddetta situazione, gli opinionisti borghesi ripetono in maniera ormai quasi automatica, è questa: nulla sarà più come prima. Una volta tanto possiamo dire di essere d’accordo con loro. Non parliamo della fase di tragica emergenza che, purtroppo, ha mostrato quanto fosse in sostanza carente l’impianto economico liberista che ha dominato in maniera pressoché esclusiva negli ultimi decenni: le industrie borghesi e le borghesie ormai informatizzate, non sono riuscite, nell’arco di settimane e mesi, neppure ad assicurare gli
strumenti essenziali di protezione non solo per le popolazioni, ma almeno per il personale sanitario che operava negli ospedali. Ma la cosa non ci meraviglia, soltanto ci dispiace che questa tremenda conferma delle nostre complessive previsioni sul sistema economico borghese ci abbia dato così puntualmente ragione. Ma ora c’è da rimediare alla catastrofe che il sistema attuale non ha saputo adeguatamente fronteggiare e ci sentiamo in dovere di proporre una nuova linea strategica per il futuro. In primo luogo ci
poniamo una domanda: qual è il compito dei marxisti del Duemila? Per noi la risposta è questa: ricostruire una forza unitaria che, sulla base dei principi fondamentali di classe, riproponga un’azione politica unitaria anche se non verticistica che sia valido strumento di azione nelle varie realtà del mondo globalizzato.
Qualcuno dirà che trattasi di un “libro dei sogni”, ma invece riteniamo che, se si analizza concretamente la realtà che abbiamo di fronte, è questa e solo questa la possibilità di esistere a livello politico e non soltanto culturale, nel mondo globalizzato. Concordiamo sul fatto che si tratti di cosa gigantesca, impari, ma è una strada obbligata e, soprattutto, è il compito che la storia ha posto ai marxisti del Duemila.
Nessuno è obbligato a cimentarvisi, naturalmente, ma almeno si rifletta su quali alternative di ogni altro genere non si pongono. Per chi è d’accordo, deve essere presente la consapevolezza che il lavoro è lungo, molto lungo, ed estremamente difficile. Si lavora per le generazioni del futuro, ma i marxisti non hanno mai aderito alla idea borghese del condizionamento della propria opera in base ai limiti cronologici della singola esistenza individuale. Il concetto dell’autentico marxismo internazionalista è quello del “filo del tempo”. E, ciò premesso, entriamo più nella diretta concretezza delle situazioni che sono di fronte a noi. Pur intendendo, anzi, dovendo operare in una prospettiva internazionalistica (né potrebbe essere altrimenti in epoca di globalizzazione e mondializzazione) è d’uopo per noi focalizzare l’attenzione in primo luogo sulla realtà dello stato in cui ci troviamo a vivere. Conviene affrontare prima l’argomento strettamente
politico, e cioè la indispensabile necessità di avviare un concreto processo di costituzione, in Italia, di una forza politica unitaria e con caratteristiche di alternativa di classe, per riprendere l’iniziativa politica a fianco e nell’interesse delle classi deboli del Paese. Su questo argomento, riteniamo che le dirigenze delle circa 18 (se non andiamo errati) mini-formazioni che si definiscono “comuniste” non siano in grado di sbloccare la situazione, legate come appaiono a schemi ancorati a logiche della fase precedente.
L’azzeramento di tutte le precedenti mini-realtà e l’avvio di una fase diversa in base alla realtà sociale che sicuramente andiamo a vivere potrà essere realizzato solo da un’azione di massa che parta dalla base marxista diffusa ora nella società civile. Lo strumento informatico sarà risolutivo ed essenziale in proposito. Una mobilitazione di tutte le coscienze individuali sensibili alla cosa potrebbe, e potrà, fornire la materia prima per la necessaria impresa. Le realtà già organizzate e presenti oggi sul territorio si
facciano avanti, se ritengono la proposta adeguata, ma non per ingrandire la loro realtà bensì per scioglierla e moltiplicarla in una nuova realtà più autenticamente marxista perché più generale e di massa.
Senza tale iniziativa riteniamo che questa base storica potrà conservare il marxismo (la cui conservazione, ovviamente, non è in discussione e non corre rischio alcuno) solo come realtà culturale, lasciando il compito politico alle generazioni successive. Sarebbe, però, si badi bene, il primo autentico fallimento di una generazione di marxisti nella storia, proprio ora che la storia, con la crisi generale che gli eventi collegati all’epidemia sanitaria vanno aprendo, richiama chiaramente in gioco le attuazioni concrete delle grandi intuizioni di Marx, Engels, Lenin.
E ciò chiarito, vogliamo provare a descrivere ciò che accadrà, partendo dalla base concreta individuata nell’evidenza di fatti e situazioni e nelle valutazioni e previsioni che i centri studi borghesi producono e propagano. Converrà iniziare da un episodio accaduto alcuni anni fa. Negli USA, uno scienziato nel campo della medicina, di livello mondiale, si lasciò andare a questa conclusione: nel mondo, oramai le epidemie di tipo infettivo erano sostanzialmente da ritenersi sconfitte e, quindi, conveniva indirizzare i
notevolissimi capitali gestiti in campo sanitario per contrastare le malattie di tipo degenerativo. I fatti odierni dimostrano nella loro concretezza ( i fatti, come è noto, “hanno la testa dura”!) quanto poco aderente alla realtà fosse quella “diagnosi”, ma l’episodio non va considerato come un semplice “svarione” nel quale un “luminare” ebbe ad incappare. La sanità, infatti, gestisce enormi capitali. Nel nostro paese, è la voce di spesa tra le più elevate q, quindi, gli appetiti della borghesia sono sempre stati rivolti in quella specifica direzione. Soprattutto, però, v’è da tenere conto di un fatto: in effetti, il rischio di epidemie infettive per la parte ricca ed avanzata del pianeta era da considerarsi, concordemente, abbastanza remoto, mentre le malattie degenerative, effetto collaterale della economia capitalistica avanzata, erano in continuo aumento. Il produrre ad ogni costo, con mira pressoché esclusiva al profitto (è questa la filosofia della borghesia attuale) porta a profitti elevati, ma distrugge l’ambiente e la vita. Ben diversa, però, era, ed è, la situazione per i paesi meno evoluti nello sviluppo economico, dove le epidemie già sconfitte nel mondo avanzato continuano a mietere vittime sotto gli occhi di tutti e nello scandaloso silenzio indifferente di
chiunque abbia responsabilità in proposito. Si muore a centinaia di migliaia di malaria, di vaiolo ed altro, oltre che di denutrizione; migliaia di bambini crescono ciechi perché non vengono forniti, da parte del mondo progredito, le semplici medicine con cui gli stessi potrebbero essere curati e così via. Ora che la pandemia “che non era ipotizzabile” ha costretto i governi dei paesi avanzati a spendere migliaia di miliardi di euro e di dollari per tentare disperatamente di frenare la “pandemia” da virus polmonare,
converrebbe soffermarsi su una considerazione: con un solo milione di euro, o di dollari, si sarebbe potuto evitare che i bambini di tutta l’Africa continuassero a diventare ciechi per mancanza di un semplice collirio disinfettante. Ma la cosa, purtroppo, rientra pienamente nella logica capitalistica. Bisogna essere consapevoli che, superata, quando sarà, questa emergenza, la situazione, senza radicale cambiamento di fondo nella logica di cui qui sopra, tornerà ad essere quella di prima. Le forze politiche esistenti non sono affidabilki per realizzare il cambiamento, necessita una forza reale nuova, e solo il marxismo potrà mobilitarla.
Se ciò non sarà, si continuerà inesorabilmente nella logica che ha determinato la tragedia attuale. Ma sarà bene soffermarsi anche sull’origine del virus che ha portato la morte diffusa nelle società avanzate del
pianeta. Im proposito, l’opinione degli scienziati è ormai concorde: trattasi, questo, di un virus che può considerarsi variante di un ceppo già presente altrove, cioè nel continente africano, variante però molto più difficile da combattere delle precedenti versioni. È, dunque, l’aver trascurato di combattere le epidemie africane, come “casa loro”, per cui non valeva la pena spendersi più di tanto in materia di finanziamenti (in fondo si trattava solo di gente del Terzo Mondo) che ha portato, questa sottovalutazione,
alla tragedia attuale. Ma anche questo è completamente in linea con l’ottica capitalistica. Bisognerà fare in modo che tale logica non si ripeta in futuro, ma non potrà essere la dirigenza egemone attuale a fare ciò!
Necessita una posizione alternativa e nuova, anzi antica: nel marxismo è già presente las oluzione a questi problemi, manca, però, l’ “elemento soggettivo”, il quale potrà sorgere se la mobilitazione di base lo esigerà e lo renderà possibile. Tornando al virus che affligge l’umanità ed alle modalità con cui si è prodotto e diffuso, non possiamo che focalizzare un punto critico che la società capitalista avanzata pare non sia assolutamente in grado di risolvere: quello del sottosviluppo e della miseria grave che si insinua nelle pieghe delle società più ricche. Abbiamo visto, sempre negli USA, la realtà ora venuta pienamente alla luce sugli schermi televisivi di centinaia di senza casa che sono stati messi a dormire alla buona su
materassi dentro uno spazio di solito destinato a parcheggio per automobili, ma è proprio la povertà ed il degrado inserito nella enorme ricchezza che ha permesso la diffusione del cosiddetto Coronavirus, partendo da quella che ormai è la seconda potenza economica mondiale: la Cina. Questo enorme paese è scintillante di mega grattacieli di vetro-metallo lucido, ma in gran parte delle sterminate campagne sopravvivono milioni di persone in condizioni molto arretrate. In uno di questi mercatini popolari agricoli,
che esistono in condizioni igieniche di mille anni fa, si è sviluppato il killer mondiale che stiamo subendo. Anche questo, però, non coglie di sorpresa chi è uso alla analisi marxista delle realtà sociali: il sottosviluppo anche locale è funzionale alla creazione del mercato di riserva del lavoro, essenziale per la massimizzazione del plusvalore da estorcere ai proletari. E la realtà attuale preannunzia con estrema evidenza quella che sarà la realtà del futuro molto prossimo: il lavoro precarizzato, fiore all’occhiello del
capitalismo liberista, con l’imprevisto intoppo creato dal virus, darà luogo alla disoccupazione di massa, ad una gigantesca miseria ed alla tremenda insicurezza relativa, a livello non solo locale, ma mondiale. La “vecchia talpa” di cui tanto si parlava nel passato non scava più non ne ha più bisogno; la voragine è già aperta. La situazione oggettiva, oramai al massimo della sua maturità, è realizzata; e l’elemento soggettivo? Compagni, hic rodus, hic salta! Serve un nuovo partito unitario come prima cosa. Volete rimanere nella impotenza? Non sarebbe da marxisti.