Sul caso Moro-46esimo anniversario del rapimento.

Rapimento Aldo Moro
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di Sergio Mauri

Il 16 marzo del 1978 veniva rapito Aldo Moro, statista democristiano e professore universitario. Autori: le Brigate Rosse. Ieri, dunque, cadeva il quarantaseiesimo anniversario dell’evento. Un evento chiaramente tragico che potremmo paragonare al caso JFK negli Stati Uniti, sia dal punto di vista delle ricadute politiche interne ed estere, sia dal punto di vista degli enigmi e delle dietrologie che ha provocato.

Quel giorno me lo ricordo bene: frequentavo la seconda media e venni a conoscenza del fatto all’uscita dalla scuola. Tornato a casa, vidi i telegiornali che ne parlavano. Se ne parlò in famiglia. Il clima di quel periodo era claustrofobico, di attesa di un qualcosa di non completamente definito. Un qualcosa che aveva a che fare con i destini di tutti, con le aspettative di tutti. In un contesto in cui le visioni del mondo si confrontavano effettivamente nel quotidiano.

Un paradosso di quei giorni fu la militarizzazione del Paese: carabinieri, polizia, esercito dispiegati in tutto il territorio nazionale. Inutilmente, perché Moro era tenuto prigioniero a Roma e il corpo fu lasciato tra la sede del PCI e quella della DC. Paradossi, chiamiamoli così, italiani.


Ora, esistono fondamentalmente due spiegazioni di questo tragico evento, in totale contraddizione tra loro:

1) il crimine fu organizzato e portato a termine, con la collaborazione (velata) degli Stati Uniti, per impedire l’accesso del PCI nella stanza dei bottoni. Vedi le minacce di Kissinger e simili. Le BR erano una creazione degli apparati di intelligence o, come minimo, degli utili idioti.

2) non ci fu alcun complotto, tantomeno alcuna eterodirezione: il momento storico, molto teso, produsse questa risposta da parte di un segmento consistente della società italiana che non aveva molte difficoltà a riconoscersi in azioni come quelle delle BR che rappresentavano, per una specifica parte, questa guerra civile a bassa intensità nel Paese. Era quella parte di società che voleva il cambiamento politico e non vedeva Moro, ma soprattutto la DC, con simpatia. Ricordiamo che poco prima del rapimento di Moro, nel 1976, vi fu lo scandalo Lockheed, col protagonismo, in negativo, proprio della DC e per il quale Moro aveva dichiarato in Parlamento, che “la DC non si processa“.

Per quanto riguarda la prima ipotesi abbiamo tutta la trattazione dietrologica e complottistica che ha negli ex-PCI il nucleo forte (da Sergio Flamigni in poi). La tesi essenziale riguarda l’eterodirezione delle BR, vittima il PCI.
Per la seconda, un utile strumento sono le ricerche portate avanti dagli storici riuniti attorno all’ex-BR Paolo Persichetti (Marco Clementi ed Elisa Santalena) che trovate in firma divulgativa sul sito Insorgenze, curato dallo stesso Persichetti. Le BR, secondo questa ipotesi, chiedevano il rilascio di diversi loro prigionieri, ma soprattutto chiedevano un riconoscimento politico.

Una mia opinione? Intanto, la competenza richiesta per giudicare minimamente il caso Moro è talmente alta che appartiene a pochissimi. Cossiga, Andreotti, Craxi, ne sapevano molto più di noi. Del comportamento di Cossiga parlerò fra qualche riga; di Andreotti sappiamo che si tutelò con ampi dossieraggi; di Craxi, che si auto-sacrificò nell’esilio tunisino, possiamo immaginare il passaggio di qualche dossier in casa forzitaliota, a tutela delle successive azioni politiche. Tuttavia, proviamo a dare un senso al delitto: nel primo caso si omette di dire che i giochi politici in Italia erano stati decisi già a Yalta alla fine del secondo conflitto mondiale. La questione BR, sotto il profilo del potere politico effettivo, non avrebbe rappresentato alcuna novità: era in assoluto subordine rispetto agli equilibri pregressi.
Nel secondo caso si sottovaluta certamente il ruolo dei servizi italiani, statunitensi e della NATO. E anche quello del Patto di Varsavia che, comunque, dopo indagini è stato derubricato, Dossier Mitrokhin incluso.

In sintesi, mi trovo d’accordo, piuttosto, con quanto affermato da Roberto Buffagni qualche anno fa sul sito Conflitti e Strategie[1] in un articolo intitolato Un’ipotesi sul ruolo del PCI nel caso Moro. La tesi di Buffagni è che il caso Moro fosse il banco di prova di un ridislocamento politico del Partito Comunista Italiano a Occidente, dopo aver notato dei cedimenti strutturali nei paesi retti a Socialismo Reale, tra gli anni Sessanta e primi Settanta del Novecento. Una prova di fedeltà alle istituzioni, al potere euro-atlantico, alla guida statunitense di tutto l’Occidente.
Se uniamo la necessità del ridislocamento al pericolo, per il PCI, rappresentato dal riconoscere una formazione, addirittura armata, alla sua sinistra, sul modello dell’ETA o dell’IRA, che rischiava di agglutinare l’intero movimentismo politico coevo, allora l’ipotesi regge, eccome. E spiega la continuazione, a tanti anni di distanza, di una linea dietrologica sul caso Moro. Spiega, inoltre, molto bene, il ruolo di “picconatore” assunto da Francesco Cossiga, negli anni Novanta, dopo la caduta del Muro di Berlino, già esecutore, Cossiga, di quella linea della fermezza per conto della DC, mentre il partito era spaccato, che lo portò a battersi per un inserimento degli ex-comunisti a pieno titolo all’interno delle istituzioni e dei governi italiani[2], nonché per una chiusura contestuale degli anni di piombo, sulla base di considerazioni interamente politiche e non moralistiche del fenomeno.


[1] Un sito che non amo particolarmente, portavoce di un’area di revisionismo e dissenso ex-marxista, che sposta l’asse critico dalla lotta di classe alla geopolitica, ma che nello specifico è degno di interesse.

[2] Primo governo di “centro-sinistra” nel 1996, il governo D’Alema, con la “prova” del bombardamento dell’ex-Jugoslavia.

Sergio Mauri
Autore: Sergio Mauri, Blogger. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.
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About the Author

Sergio Mauri
Blogger, autore. Perito in Sistemi Informativi Aziendali, musicista e compositore, Laurea in Discipline storiche e filosofiche. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d'Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014, con PGreco nel 2015 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.