di Sergio Mauri
Premessa.
Parafrasando il filosofo Massimo Cacciari, l’aver imparato a leggere e a scrivere è stata la più grande rivoluzione della vita di ognuno di noi.
C’è difficoltà a leggere Tasso oggi, un po’ come tutti i poeti e letterati del passato remoto, ma grazie al saper leggere e scrivere, caratteristiche peculiari dell’uomo e parte fondamentale della sua struttura profonda, possiamo comprendere ciò che del passato è giunto fino a noi.
La necessità di esprimere e non semplicemente di comunicare (si comunica l’orario ferroviario, ma si esprime un sentimento o un concetto) con l’ausilio di strutture complementari al linguaggio come le figure retoriche, ha reso possibile a Tasso di scrivere ciò che ha scritto e di tramandarlo fino ai nostri giorni.
La Gerusalemme Liberata, opera dell’ingegno umano come altre opere sue e di altri letterati o artisti, sono arrivate fino a noi perché possiedono una caratteristica peculiare: sono inconsumabili. Ed è forse questa la difficoltà che noi riscontriamo quando leggiamo delle opere letterarie in cui non riscontriamo un’utilità immediata, consumistica appunto.
Analisi.
Quella del Tasso è una personalità complessa e tormentata. Il trauma infantile della morte della madre in circostanze misteriose contribuì a minare la sua stabilità mentale. Visse fra Rinascimento e Controriforma, due tempi che mai si conciliarono nel suo spirito.
In quanto rampollo di una famiglia nobile e facoltosa studiò dai Gesuiti che, all’epoca, erano coloro che formavano le classi dirigenti.
Importantissimo fu il suo rapporto con gli Estensi a Ferrara, dove lavorò alla Gerusalemme Liberata, dedicandola ad Alfonso D’Este. Dopo aver dato alcuni segni di squilibrio mentale (lancia un coltello al proprio servitore che sospettava lo spiasse) si ritira nel convento di San Francesco da cui poi fugge.
Dà nuovamente in escandescenze offendendo il duca Alfonso II° e la Corte. Viene rinchiuso in manicomio. In seguito, i Gonzaga intercedono per farlo uscire dal manicomio.
Si sposta in modo irrequieto tra Mantova, Firenze, Napoli e Roma dove viene nominato poeta di Corte da papa Clemente VIII°.
Nel 1593 pubblica la Gerusalemme conquistata. Muore a Roma nel 1595 all’età di 51 anni.
Protagonista della Gerusalemme liberata è Goffredo di Buglione durante la 1^ Crociata (1099).
Tasso vuole aderire al canone di Aristotele secondo cui un’opera deve rispettare 3 unità dette, appunto, aristoteliche: luogo, tempo, azione.
Luogo. Il dramma deve svolgersi in un luogo unico nel quale i personaggi agiscono e raccontano le vicende narrate/vissute. Nella tragedia greca spesso le azioni non vengono viste, ma soltanto raccontate sulla scena.
Tempo. L’azione deve svolgersi in un’unica giornata dall’alba al tramonto o in un periodo storico realmente esistito.
Azione. Il dramma deve comprendere un’unica azione con l’esclusione quindi di trame secondarie o successivi sviluppi della stessa vicenda.
L’intento del Tasso è quello di istruire. Il suo è un poema didascalico ed eroico. Ariosto, invece, nel suo Orlando furioso ha l’intento di divertire ed il poema è di tipo epico-cavalleresco.
Il Goffredo di Buglione del Tasso è un personaggio privo di tensioni, piatto. Il conflitto, invece, è tutto interno al Tasso, nel suo piano interiore.
Tasso nella sua opera si ispira a Virgilio, e vuol far notare il suo attaccamento al mondo classico. Vi sono delle somiglianze col Petrarca, altro poeta della transizione: entrambi – Tasso e Petrarca – intellettuali cortigiani; Petrarca nel passaggio tra Italia comunale e Signorie, Tasso al tempo della Controriforma cattolica e delle guerre di religione.
La Gerusalemme liberata va contestualizzata nella Controriforma (il parlare delle Crociate ne è la prova principale) e nella battaglia di Lepanto – in cui i Turchi e le loro aspirazioni egemoniche sul Mediterraneo vengono sconfitti – che colpì molto l’immaginario dell’epoca.
Per alcuni critici (E. Donadoni, B. Croce) l’argomento della Liberata risponde all’animo del poeta più che allo spirito dei tempi. Ancora secondo questi critici, l’unità del Furioso è calcolo e ponderazione, armonia delle parti; quella della Liberata è nella costanza del sentimento e della passione.
La religiosità del Tasso nella Liberata è quella delle classi colte e degli spiriti eleganti della sua epoca. È adesione della mente, non elevazione del cuore. È estetismo letterario.
Religione e psicoanalisi.
Visto che la permanente frustrazione del Tasso nei confronti della sua opera e la sua instabilità mentale assumono, in parte, caratterizzazioni di inadeguatezza verso il dettato religioso, dobbiamo spendere qualche parola al riguardo.
Freud scrive nel 1927 L’avvenire di un’illusione, in cui ci dice che la religione è – appunto – un’illusione ed assimilandola ai deliri dei paranoici. Secondo Freud un’illusione è una credenza nelle cui motivazioni prevalga l’appagamento di desiderio. Ancora, egli sostiene che un’illusione non è la stessa cosa di un errore; è un evento possibile che in qualche caso si è verificato. Allora una credenza è un’illusione qualora nella sua motivazione prevalga l’appagamento di desiderio prescindendo perciò dal suo rapporto con la realtà proprio come l’illusione stessa rinuncia alla propria convalida.
Quella del Tasso è una personalità complessa e tormentata. Il trauma infantile della morte della madre in circostanze misteriose, contribuì a minare la sua stabilità mentale.
In quanto rampollo di una famiglia nobile e facoltosa studiò dai Gesuiti che, all’epoca, erano coloro che formavano le classi dirigenti.
Importantissimo fu il suo rapporto con gli Estensi a Ferrara, dove lavorò alla Gerusalemme liberata, dedicandola ad Alfonso D’Este. Dopo aver dato alcuni segni di squilibrio mentale (lancia un coltello al proprio servitore che sospettava lo spiasse) si ritira nel convento di San Francesco da cui poi fugge.
Dà nuovamente in escandescenze offendendo il duca Alfonso II° e la corte. Viene rinchiuso in manicomio. In seguito i Gonzaga intercedono per farlo uscire dal manicomio.
Si sposta in modo irrequieto tra Mantova, Firenze, Napoli e Roma dove viene nominato poeta di corte da papa Clemente VIII°.
Nel 1593 pubblica la Gerusalemme conquistata. Muore a Roma nel 1595 all’età di 51 anni.
Protagonista della Gerusalemme liberata è Goffredo di Buglione durante la 1^ Crociata (1099).
Tasso vuole aderire al canone di Aristotele secondo cui un’opera deve rispettare 3 unità dette, appunto, aristoteliche: luogo, tempo, azione.
Luogo. Il dramma deve svolgersi in luogo unico nei quali i personaggi agiscano e raccontino le vicende narrate/vissute. Nella tragedia greca spesso le azioni non vengono viste, ma soltanto raccontate sulla scena.
Tempo. L’azione deve svolgersi in un’unica giornata dall’alba al tramonto o in un periodo storico realmente esistito.
Azione. Il dramma deve comprendere un’unica azione con l’esclusione quindi di trame secondarie o successivi sviluppi della stessa vicenda.
L’intento del Tasso è quello di istruire. Il suo è un poema didascalico ed eroico. Ariosto, invece, nel suo Orlando furioso ha l’intento di divertire ed il poema è di tipo epico-cavalleresco.
Il Goffredo di Buglione del Tasso è un personaggio privo di tensioni, piatto. Il conflitto invece è tutto interno al Tasso, nel suo piano interiore.
Tasso nella sua opera si ispira a Virgilio, e vuol far notare il suo attaccamento al mondo classico.
La Gerusalemme liberata va contestualizzata nella Controriforma (il parlare delle Crociate ne è la prova principe) e nella battaglia di Lepanto – in cui i turchi e le loro aspirazioni egemoniche sul Mediterraneo vengono sconfitti – che colpì molto l’immaginario dell’epoca.
Religione e psicoanalisi.
Visto che la permanente frustrazione del Tasso nei confronti della sua opera e la sua instabilità mentale assumono, in parte, caratterizzazioni di inadeguatezza verso il dettato religioso, dobbiamo spendere qualche parola al riguardo.
Freud scrive nel 1927 L’avvenire di un’illusione, in cui ci dice che la religione è appunto un’illusione ed assimilandola ai deliri dei paranoici. Secondo Freud un’illusione è una credenza nelle cui motivazioni prevalga l’appagamento di desiderio. Ancora, egli sostiene che un’illusione non è la stessa cosa di un errore; è un evento possibile che in qualche caso si è verificato. Allora una credenza è un’illusione qualora nella sua motivazione prevalga l’appagamento di desiderio prescindendo perciò dal suo rapporto con la realtà proprio come l’illusione stessa rinuncia alla propria convalida.
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