Voglio fare una premessa. Credo siamo già oltre la fine di qualsiasi opzione politica di sinistra o critica verso il sistema che ci sta portando in un vicolo cieco, per lo meno per quanto riguarda l’Occidente. In altri posti, in altri continenti, fuori dall’ambito occidentale, la politica e l’economia sembrano avere più speranza di affermazione positiva. Non solo ci sono movimenti per un cambio politico, ma lo stesso capitalismo sembra funzionare molto meglio, vuoi per l’intervento dello stato, vuoi per la demografia interessante, vuoi per la capacità delle persone che vi vivono. Il testo che segue l’ho immaginato per un’ipotetica assemblea di persone che si riferiscono alla Lista Tsipras.
Il tema che andrò ad affrontare oggi e per il quale ci siamo riuniti, il Manifesto di Ventotene, mi tocca molto da vicino e proprio negli affetti familiari. Il mio nonno materno, tale Enrico D’Aureli, uomo che peraltro non ebbi la fortuna di conoscere, ferroviere e socialista, fu mandato al confino nell’arcipelago di Ponza, di cui Ventotene fa parte. Ora; a prescindere dai dati biografici in mio possesso, in grado di identificare, più o meno chiaramente, l’attività antifascista di questo mio antenato e la sua partecipazione e condivisione dell’ambiente politico problematico, come quello dell’arcièelago di Ponza, ma non soggetto ad una radicale brutalità come nei campi di sterminio nazisti, mi sembra doveroso inquadrare la questione, intrinsecamente politica, contenuta nel Manifesto stesso.
Per farlo, dobbiamo riconoscere e premettere che il testo è ri-uscito dal cilindro di Barbara Spinelli, certamente non per caso, vista la stretta parentela con uno degli estensori del Manifesto in esame e con un processo che potremmo definire come “calato dall’alto” e non frutto di una scelta, di un dibattito, generatosi dal basso verso l’alto, come invece dovrebbe essere. Tanto è vero che, il nostro dibattito sembra iniziare proprio adesso, dopo che già ci siamo presentati assieme alla Lista Per un’altra Europa, lo scorso maggio.
Innanzitutto i contenuti del Manifesto sono di chiara ispirazione capitalistico-borghese (e lo dico per onestà intellettuale, non per dare giudizi di merito), a quest’ultima cultura politica interessano e possono essere cari. Dall’altro polo sociale, i concenuti del Manifesto possono essere visti diversamente, al limite subiti. C’è, tuttavia, un’esigenza, anche sul versante dei lavoratori, di rapportarvisi. Dunque, il Manifesto verte sostanzialmente su tre gambe programmatiche: una politica estera comune, una difesa – cioè un esercito – comune, e una moneta comune. È, quindi, totalmente mancante di una gamba sociale o che si preoccupi dell’Europa dal punto di vista sociale, quindi del lavoro e dei lavoratori. Inoltre, fatto ancor più grave, vi è contenuta una pregiudiziale anticomunista, la quale sarebbe da far digerire ai comunisti che devono (dovrebbero) porsi l’imperativo morale, prima ancora che politico, di aiutare Tsipras a crescere. Come la mettiamo, inoltre, con l’intoccabilità della proprietà privata dei mezzi di produzione, punto programmatico contenuto nel Manifesto?
Ma c’è anche un altro livello, diciamo così, nell’attacco politico portato avanti da Tsipras (eh, si, di questo si tratta) e sul quale i comunisti di Rifondazione sono totalmente impreparati. Tra le contraddizioni più evidenti rileviamo la mancanza di una denuncia dell’imperialismo europeo; la mancanza di una politica dell’immigrazione; assenza dei temi del lavoro e della disoccupazione. Ancora più gravi, altre contradditorie manchevolezze: come si fa a lavorare per un entità politica, come è Tsipras, a prescindere da ogni suo tentativo di fuorviarci da questo semplice e dovuto riconoscimento, mentre si è iscritti ad una partito politico quale è Rifondazione? Tale è una chiara violazione dello statuto di Rifondazione, fatta passare sotto silenzio. L’ambiguità di una buona parte del ceto politico rifondarolo, che da iscritto e militante dell’organizzazione si fa partecipe e militante, contemporaneamente, dell’altra, gridano vendetta al cielo.
Insomma, nel degrado totale della politica contemporanea, nel disprezzo per le regole e per la memoria di chi ci ha preceduti, si è sacrificato ogni residuo ideale in cambio di un posto elettoralmente assicurato.
Due cose ancora: una riguarda il candidato di Tsipras in lizza domani in Emilia Romagna. Questa è la logica politica di cui vantarsi? L’altra riguarda l‘ennesima prova dell’incapacità di Ferrero a tenere insieme Rifondazione ed eventualmente traghettarla in lidi più sicuri. Chi avrà la forza e la capacità di prenderne atto?
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