Sul Corriere della Sera del 20 maggio 2007, il ministro D’Alema, intervistato da Maria Teresa Meli, traccia un primo bilancio, assai positivo, dell’azione di governo, la quale avrebbe fatto si che ci si fosse finalmente incamminati sulla via della ripresa economica. I dati non gli hanno dato ragione, ma dobbiamo aggiungere che la ripresa è stata ottenuta ai danni del lavoro e a tutto vantaggio dei profitti, come molti già lamentano.
L’ottenimento di questi primi successi che non è dimostrabile siano duraturi per tutta la legislatura, diventano l’escamotage attraverso il quale il ministro, a nome di una fetta consistente del suo schieramento, chiede governabilità e maggiori poteri all’esecutivo, superando la litigiosità e la “capacità di veto” di alcune forze di sinistra. Una sorta di richiamo all’ordine nello schieramento e volontà di allontanamento di chi si ostina a difendere l’ambiente, o i ceti subalterni in una maniera differente da lui, cioè senza tenere conto delle compatibilità del sistema. Il cinico D’Alema ripone grande fiducia nel PD, strumento oggettivo di questo progetto, coniugando i problemi di scarsa governabilità ma di successi nel governo del paese con la creazione del nuovo soggetto politico, che nelle sue e di altri intenzioni, servirà per by-passare le proposte politiche delle forze non del tutto omologate alla gestione del potere come semplice amministrazione.
Quale Italia siano stati in grado di costruire è sotto gli occhi di tutti.
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