Che cosa possiamo imparare dalle ultime mosse della Banca Centrale cinese che ha svalutato, qualche settimana fa, per ben tre volte lo yuan, mandando segnali di guerra economica lungo tutto il globo? Diverse cose.
1-La Cina vuole inserirsi appieno nel mercato internazionale dei capitali. Vuole essere come tutti gli altri paesi. No, meglio. Non è possibile rimanere, per la Cina, al secondo posto!
2-La crisi cinese c’è ed è collegata alla nostra. È una crisi di tipo capitalistico. Mentre nel periodo della crisi dei subprime il gigante asiatico resistette molto bene, oggi le cose, a sette anni di distanza, sembrano essere cambiate. La talpa ha scavato in profondità. Le crisi, tuttavia, sono anche delle opportunità. Opportunità di contrastare e contenere l’avversario. Nel 2008 iniziò la fase del contenimento cinese. Ora sembra iniziare la fase della lotta per la supremazia.
3-Sarà difficile rilanciare, per la Cina, le esportazioni, ed il governo del gigante asiatico ne è consapevole. L’obiettivo è quello della creazione di un esercito di consumatori che riescano a sviluppare un mercato interno per le merci cinesi. Complesso, molto complesso, riuscire a fare questo. Ci vogliono ingenti capitali da spostare da alcuni centri di potere ad altri centri di potere. Bisogna colpire interessi e privilegi costituiti, cristallizzati nelle grandi aziende di Stato. Ed infatti la Cina, con la sua pretesa di entrare nel diritto di prelievo del FMI, dimostra di volersi muovere su un piano già conosciuto, cioè quello di Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone, ovvero scaricare sul mondo le proprie contraddizioni – capitalistiche – e rastrellare capitali necessari e mantenere in vita un apparato produttivo e commerciale.
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