di Sergio Mauri
Caratteristica di tutti gli organismi viventi, società umane incluse, è quella di mantenere un ordine al loro interno a scapito di un disordine che creano al proprio esterno, nel mondo che li circonda. Capitalismo e socialismo sono due sistemi socioeconomici che hanno agito nella medesima direzione. Il socialismo, nella sua accezione di “reale” è venuto meno, ma anche il capitalismo è in crisi, una crisi che si dice secolare e aumenta l’entropia al suo esterno. Lo si nota dal progredire della questione climatica: per sopravvivere, il capitalismo deve distruggere ciò che lo circonda.
Cosa lo distingue dal socialismo sul piano dell’entropia, dunque? Perché sta durando di più di quanto è durata l’esperienza del socialismo cosiddetto “reale”? a differenza del socialismo che, in linea di principio e di prassi, nega d’un colpo il passato e, parzialmente, le forze economiche che lo potrebbero sostenere nell’immediato, il capitalismo era ed è ben più strutturato, nella sua base economica. Si è strutturato, come ben sappiamo nei secoli, già dal tardo Medioevo, fin da tempi non arcaici, ma certamente a noi remoti. La differenza fondamentale riguarda quindi la sua forza consolidata nel tempo, espressione di una classe sociale nata nel tempo consolidata da e consolidante un certo modo di produrre e scambiare i beni. La differenza fondamentale risiede qui. Il capitalismo, tuttavia, al pari di altri sistemi sociali o politici è destinato a estinguersi, ma possiede maggiori capacità di prolungare la propria agonia, rendendo tuttavia le conseguenze di questa agonia veramente pesanti e deleterie per tutta l’umanità. Non si tratta di convinzioni comuniste o altro, la questione potrebbe anche essere spiegata attraverso la statistica o con il semplice fatto che siamo nella dimensione del finito, non in quella dell’infinito. Nulla è infinito, alla nostra dimensione. Stiamo appena iniziando a vedere gli effetti di questa decadenza rimandata che prevede l’entropia generalizzata di tutto il globo.