[ Traduzione dell’articolo dell’economista marxista Michael Roberts : Xi takes full control of China’s future . ]
- Xi al 19° Congresso del Partito ha promesso di guidare la Cina verso una nuova era del suo potere internazionale e della sua sfera d’influenza.
- Il pensiero di Xi viene costituzionalizzato.
- Viene annunciato il nuovo Comitato permanente del Politburo di 7 membri.
- Secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo la Cina è al 59° posto su 62 paesi in termini di apertura agli investimenti stranieri diretti. Nel 2016 questi ultimi hanno contato per poco più dell’1% del PIL, rispetto al 2,3% del 2006 e del 4,8% del 1996.
- Il progetto Made in China 2025 mira a rendere competitivo il paese in 10 industrie incluse le biotecnologie, l’aeronautica, la robotica, i semiconduttori ed i veicoli ad energia rinnovabile. Quindi, sotto Xi, la Cina si candida a guidare l’innovazione tecnologica e non solo ad essere un centro manifatturiero. Il paese si rifornisce per oltre il 59% da chips prodotti all’estero mentre la spesa interna ammonta a soli 16,2% delle vendite globali (PWC). Perciò il governo cinese stanzia 150 miliardi di dollari in 10 anni e dà mandato alle aziende nazionali di comprare solo da fornitori interni e richiede che le aziende americane trasferiscano tecnologia in Cina in cambio dell’accesso al proprio mercato.
- Gli USA allora cercano di isolare la Cina e bloccare il suo sviluppo economico e circondarla militarmente. Questa politica stà fallendo: la Cina non accetta il dominio delle multinazionali straniere; sviluppa continuamente gli scambi e gli investimenti col resto dell’Asia ad eccezione del Giappone; riesce a tenere gli Stati capitalisti asiatici nel limbo nei suoi confronti.
- Ora, dopo questa necessaria premessa per punti, sorge spontanea la domanda sulla natura economica e politica della società cinese. Quella cinese è una società capitalistica, socialista o che? La produzione finalizzata al profitto, basata su relazioni mercantili spontanee governano il capitalismo. Il tasso di profitto determina i suoi cicli d’investimento e genera periodiche crisi. In Cina i mezzi di produzione e la pianificazione statale restano dominanti e la base del potere del PCC è radicata nella proprietà pubblica. La crescita cinese è stata raggiunta senza il modo di produzione capitalista come dominante.
- L’economia cinese continuerà ad essere controllata dallo Stato il cui ruolo non verrà mai messo in discussione. Altri punti dirimenti sono quello della proprietà pubblica dell’economia e del controllo da parte della leadership politica. Inoltre, abbiamo l’indipendenza totale dall’imperialismo occidentale.
- Il “socialismo con caratteristiche cinesi” non è socialismo secondo nessuna delle definizioni marxiste o sotto il profilo del controllo democratico dei lavoratori. Nonostante le imprese private siano cresciute, la vasta maggioranza delle imprese sono pubbliche o controllate dallo Stato sotto il controllo del Partito.
- In Cina vige quindi la proprietà pubblica dei mezzi di produzione. In questo contesto le aziende USA (e occidentali) si sentono sempre meno le benvenute poiché vedono la Cina chiudere il proprio mercato.
- Tutte le aziende cinesi dai 100 dipendenti in sù hanno una cellula del Partito interna all’azienda. Non si tratta di una reliquia del Maoismo, ma è una struttura creata apposta per controllare l’economia.
- Il progetto OBOR (One Belt One Road) non è finalizzato al profitto, ma ad espandere l’influenza cinese nel mondo e ad avere risorse naturali e tecnologiche per l’economia domestica.
- Non c’è relazione tra l’esportazione di capitali che secondo Lenin era la caratteristica chiave dell’imperialismo. La Cina, infatti, non investe all’estero a causa di capitali in eccedenza o a causa della caduta dei profitti. [Ma perché il mercato dei capitali è parzialmente bloccato]
- La crisi del 2008 è stata affrontata e pianificata dallo Stato con un vasto programma di investimenti portati avanti dalle aziende di Stato e finanziata dalle banche statali. Si tratta di “investimento socializzato” già discusso da Keynes, ma mai applicato perché avrebbe significato l’uscita dal capitalismo. Non sono perciò state misure keynesiane di spesa e prestito.
- La legge del valore in Cina esiste, principalmente attraverso il commercio estero e i flussi di capitale verso l’interno nonché nel mercato domestico di beni, servizi e capitali. Tuttavia, l’impatto è distorto e dominato dall’interferenza burocratica dello Stato e della struttura del Partito al punto che non può dominare e dirigere la traiettoria dell’economia cinese.
- L’ineguaglianza in Cina è molto. Il coefficiente GINI è salito dallo 0,30 del 1978 quando il PCC decise di aprirsi alle forze del mercato, allo 0,49 poco prima della recessione globale. Questo coefficiente è cresciuto più che nelle altre economie asiatiche. Ciò in parte è dovuto all’urbanizzazione che ha fatto alzare i salari lasciando indietro i redditi delle campagne. In parte è dovuto al controllo delle leve del potere da parte di un’élite che ha scelto di ingrassare.
- L’economia cinese è parzialmente protetta dalla legge del valore e dall’economia capitalistica mondiale.
- Il gap tra settore pubblico e privato si stà riducendo. Sotto Xi, fino al 2029, il modello continuerà ad essere quello del dominio delle aziende statali sotto il controllo del management comunista. Questo perché anche l’élite è consapevole che se la “strada capitalista” è adottata e la legge del valore diventa dominante, il popolo cinese viene esposto all’instabilità economica cronica, alla disoccupazione, alla mancanza di risorse economiche e ben peggiori ineguaglianze.
- Il Partito ed i suoi componenti si oppongono duramente alla via socialdemocratica ed i marxisti non possono che essere d’accordo. Il Partito vuol preservare il suo ruolo autocratico e i privilegi politici che ne derivano.
- Il popolo ha vinto importanti battaglie sull’ambiente, i loro villaggi e salari, ma non per una maggiore democrazia o potere economico, cose derubricate come “influenza straniera”. Il popolo si concentra piuttosto sul problema della corruzione e dell’ineguaglianza, una battaglia difficile da vincere. Il popolo sostiene tuttavia con decisione il Partito e lo Stato.
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