di Sergio Mauri
Guerra Russia-Ucraina; “caso” Prigozhin. Prima lettura secondo (la) TG.
La TG risponde alla domanda: qual è la mossa di base attuale del gioco?
La Teoria del conflitto, invece, risponde a tre domande:
- qual è la mossa strategica ottimale tra quelle applicabili?
- qual è il miglior metodo di applicazione per tale mossa?
- quali sono le contromosse ottimali per anticipare e inibire le mosse strategiche della controparte?
Noi risponderemo, indirettamente, solo alla prima di queste domande poste dalla Teoria del conflitto, mentre daremo risposta di certo a quella posta dalla TG.
Caso Prigozhin.
Premesse generali:
1) i nostri media confondono fatti e valori: abbiamo difficoltà a conoscere ciò che succede veramente sul campo; il sensazionalismo è orientato a catturare l’attenzione degli utenti che si traduce in introiti pubblicitari. Perciò la TG appare più fondata a leggere i fatti in corso;
2) a Putin basta stare fermo per mantenere la propria posizione, mentre Prigozhin deve (doveva) muoversi, impegnare battaglia, costruirsi una strategia adeguata. Sempre se si dà per scontata la buona fede dei partecipanti al “gioco”. Prigozhin, per questo motivo, parte (partiva) svantaggiato nel conflitto;
3) se qualcuno vuole far fuori Putin, questo qualcuno viene dall’interno, come ho già sostenuto più volte, con probabili appoggi esterni (di cui non conosciamo con certezza i volti). Di seguito uno schema, approssimativo (con numeri da uno a dieci), dei valori che entrambi gli sfidanti attribuiscono alle proprie ragioni: i numeri in senso orizzontale (righe) si riferiscono ai valori che essi (in corrispondenza alle colonne) danno alle proprie scelte. Esempio: nella prima cella in alto a sinistra, per Putin ha massimo valore (10) Tenere il conflitto in un’area controllabile per evitare escalation, mentre non ha nessun valore Aumentare il proprio potere contrattuale; per Prigozhin, diversamente, ha massimo valore (10) quest’ultimo enunciato, ma scarso valore il primo (2), visto che può fare quello che fa virtualmente ovunque. E così via:
A entrambi, Prigozhin e Putin, conviene la soluzione Tenere il conflitto in un’area controllabile che sta insieme al Rimanere in Ucraina, che ha permesso l’attuazione del “progetto” Aumentare il proprio potere contrattuale, mentre tutte le altre sono meno convenienti e poco auspicabili o meno significative. Gli ultimi due in fondo a destra sono meno importanti perché conseguenze di un fatto compiuto (l’invasione dell’Ucraina); non rappresentano quindi un importante fattore di rafforzamento e perseguimento dei propri obiettivi (soprattutto per Prigozhin).
Situazione di fatto Zelenski-Putin:
1) a quasi un anno e mezzo dall’inizio del conflitto Putin detiene ancora Donbas e Crimea, territori che difende per linee interne, quindi, da posizioni di forza (cfr. teoria militare);
2) per converso, sostanziale insuccesso ucraino (Putin è ancora lì);
3) necessità, per l’Occidente, come creatore dell’esercito ucraino, di continuare il conflitto; necessità che condivide con Putin.
Mosse strategiche logicamente (e praticamente) possibili (in TG).
A entrambi, Zelenski e Putin, conviene la soluzione di continuare il conflitto (perché logicamente chi lascia perde), rappresentata nella prima cella in alto a sinistra, non conviene lasciare e nemmeno sperare in un’imprevedibile resa dell’altro (che potrebbe complicare politicamente la questione: è preferibile uno sfascio della Russia o dell’Ucraina?; come gestire una successiva conferenza di pace, che avrebbe sul tavolo questioni pesantemente diverse nel caso della sconfitta di uno o dell’altro contendente, mentre entrambi sarebbero socio-economicamente allo stremo?).
La razionalità non è sufficiente a prevedere e spiegare ciò che gli “attori” faranno o hanno fatto. In questo contesto possiamo però indagare intorno all’uso dell’irrazionalità per scopi razionali, per mezzo di tattiche con cui simulare follia, stupidità e altre forme di irrazionalità. La nostra mossa migliore, è bene ricordarlo, non coincide sempre con la strategia ottimale. Dobbiamo usare strategicamente l’irrazionalità (ragione per cui USA e GB vanno caute nel valutare quanto successo in Russia). Se l’avversario simula irrazionalità (una tattica vecchissima) per indurci ad attuare una strategia sub-ottimale, allora l’avversario potrebbe approfittare (o approfitta e basta) del nostro errore attuando: 1) la sua strategia ottimale; oppure 2) una strategia basata sulla sua corretta previsione della nostra mossa sub-ottimale.
Dobbiamo qui osservare che Putin ha sempre risposto con mosse (ovvero minacce) strategiche di tipo deterministico, mentre quelle probabilistiche potevano funzionare meglio (quella probabilistica è una minaccia che lascia qualcosa al caso, come quella attuata da Prigozhin, da leggere tuttavia secondo l’esito che abbiamo visto, non coerente col modo in cui è partita). La minaccia, peraltro, prevede dei costi per chi la attua, per cui non vi è motivo razionale per infliggerla. Il motivo per Prigozhin era veramente molto scarso, anche perché con quello che sembra attendere Prigozhin in Africa, (intervista del dissidente Ilya Ponomarev), in termini di potere economico, sarebbe stato un vero pazzo a imbarcarsi in questa storia.
Dunque, riassumendo, se Prigozhin minaccia Putin e quest’ultimo ritiene che Prigozhin sia perfettamente razionale allora Prigozhin non sarà credibile. Se Putin ha qualche dubbio sulla razionalità di Prigozhin allora la sua minaccia potrebbe influenzare le scelte di Putin. Quindi, Prigozhin ha interesse a convincere Putin di non essere perfettamente razionale. I fatti svoltisi, però, non confermano tale importante assunto: potrebbero rimettere in pista l’assunto nel caso spalmassimo nel tempo la situazione di minaccia operata da Prigozhin, presumendo nella costruzione di altre minacce da parte del Nostro. Questa è un’operazione che lascio alla vostra buona volontà speculativa.